Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2011

Il nuovo pianeta extrasolare Kepler-21b

Il campo di vista di Kepler. Disponibile sul sito del NOAO: http://www.noao.edu/news/2011/pr1108.php

Un gruppo di ricercatori guidato da Steve Howell dell’Ames Research Center della NASA, ha annunciato la scoperta di un pianeta extrasolare in orbita attorno ad una delle stelle più brillanti nel campo di vista di Kepler.

La missione Kepler della NASA ha il compito di scansionare una porzione di spazio della nostra Galassia per scoprire pianeti di tipo terrestre entro, oppure, vicini alla zona di abitabilità, quella regione di un sistema solare dove l’acqua si può trovare allo stato liquido e per determinare il numero di stelle (milioni, probabilmente) che possono avere pianeti di tipo terrestre.

La curva di luce di Kepler-21b disponibile su: http://www.noao.edu/news/2011/img/KeplerLightCurveHD179070.pdf

Denominato Kepler-21b, il pianeta è circa 1,6 volte il raggio della Terra e quasi 10 volte la massa della Terra. Orbitando intorno alla sua calda stella ogni 2,8 giorni, Kepler-21b si trova ad una distanza di sei milioni di chilometri, quasi 10 volte più vicino di quanto lo sia il pianeta Mercurio dal nostro Sole. La temperatura superficiale di Kepler-21b  si stima essere intorno a 1900 K, ossia circa 1630 °C. Anche se questa temperatura non è neanche lontanamente confrontabile con quella della zona di abitabilità nella quale è possibile trovare acqua allo stato liquido, le dimensioni del pianeta si avvicinano molto a quelle terrestri.

La stella madre, HD 179070,  un po’ più piccola e calda del Sole, si trova a 352 anni luce di distanza dalla Terra. Simile al nostro Sole, ha una massa di 1,3 masse solari, un diametro di 1,9 volte il raggio solare e la sua età, basata su modelli stellari, è di 2,84 miliardi di anni – più giovane del Sole che ne ha circa 4,6. Sebbene Kepler-21b sia piuttosto piccolo e molto lontano, impossibile da osservare ad occhio nudo, la stella madre può essere facilmente osservabile con un binocolo o con un piccolo telescopio.

 

Un’immagine della simulazione del fenomeno che potete trovare sul sito di Kepler della NASA: http://kepler.nasa.gov/Mission/discoveries/kepler21b/ .

Questa osservazione e la conferma del nuovo membro della famiglia di pianeti osservati da Kepler ha richiesto la collaborazione di oltre 65 ricercatori astronomi tra cui David Silva, Ken Mighell e Mark Everett del NOAO. Le osservazioni sono state compiute sia con telescopi spaziali che terrestri, tra questi ultimi il Telescopio Mayall di 4 metri di diametro e il Telescopio WIYN al Kitt Peak National Observatory.

In parte la difficoltà per la missione Kepler nel rivelare pianeti di tipo terrestre deriva dal fatto che molte stelle mostrano delle oscillazioni di breve periodo nella loro luminosità. L’effetto di queste oscillazioni deve essere rimosso dalla luce stellare per scoprire il regolare, ma molto piccolo, oscuramento causato dal passaggio del pianeta davanti alla stella.

La missione Kepler ha osservato questa regione di cielo per oltre 15 mesi, e il team ha combinato le osservazioni prima di scoprire il debole segnale periodo. Il team ha pure analizzato dati spettroscopici e le immagini ottenute da un certo numero di telescopi terrestri.

La seconda figura dall’alto mostrala curva di luce della stella e la presenza di una oscillazione: essa rappresenta il plot della luminosità di HD 179070 in funzione del tempo mentre il pianeta transitava davanti ad essa. Questa curva è stata realizzata nel corso di parecchi mesi di osservazioni.

I risultati di questo lavoro sono stati accettati per la pubblicazione su Astrophysical Journal.
NOAO è gestito dall’Association of Universities for Research in Astronomy Inc. (AURA) nell’ambito di un accordo di collaborazione con la National Science Foundation.

Press Release del National Optical Astronomy Observatory: http://www.noao.edu/news/2011/pr1108.php
Mission Kepler – NASA Press Release: http://www.nasa.gov/mission_pages/kepler/news/kepler-21b.html
Sito di Kepler NASA: http://kepler.nasa.gov/Mission/discoveries/kepler21b/ e http://kepler.nasa.gov/ .

Sabrina

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Poca visibilità per l’eclisse totale di Luna del 10 dicembre 2011

Si verificherà domani, 10 dicembre 2011, un’eclisse totale di Luna che non sarà molto visibile in Italia, dato che alle nostre latitudini il nostro satellite sorgerà già in fase di eclisse e verso la fine del fenomeno.

Il fenomeno in Italia durerà circa un’ora. La durata dell’eclisse nelle vari fasi di penombra, ombra e totalità:

Penombra: 05h 56m 28s
Ombra: 03h 32m 17s
Totale 00h 51m 08s

Se con P indichiamo la Penombra, con U l’ombra allora avremo che i tempi, misurati in Tempo Universale (UT) per l’inzio e la fine del fenomeno indicati in cartina:

P1= 11:33:23 UT
U1= 12:45:42 UT
U2= 14:06:16 UT
U3= 14:57:24 UT
U4= 17:30:00 UT

In Italia l’eclisse sarà in parte visibile, solo verso la fine del fenomeno e dopo che la Luna sarà sorta. Raggiungerà un’altezza massima di 6 gradi sull’orizzonte.

Per maggiori informazioni: NASA Eclipse Web Site – http://eclipse.gsfc.nasa.gov/eclipse.html
Documento in formato pdf disponibile sul sito della NASA: http://eclipse.gsfc.nasa.gov/OH/OHfigures/OH2011-Fig06.pdf

Sabrina

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Il cuore rotante delle stelle antiche…

Un gruppo internazionale di ricercatori è riuscito nell’intento di “guardare attraverso” le stelle più vecchie, scoprendo che il loro nucleo è capace di ruotare anche dieci volte più velocemente rispetto alla superficie.

E’ noto da tempo come la superficie di un tipo particolare di queste stelle, le giganti rosse, ruoti piuttosto lentamente, impiegando un intero anno per effettuare una rotazione completa. Quello che è stato appena scoperto è che la velocità del nucleo è davvero molto più elevata, perché riesce ad effettuare una intera rotazione in appena un mese.

Come è possibile rendersi conto di quanto avviene all’interno di una stella, una regione chiaramente preclusa alle normali osservazioni? Il gruppo, guidato dallo studente Paul Beck (Leuven University, Belgio) è ricorso ad una tecnica già nota, ma che ha portato risultati inattesi. L’attenzione è stata puntata sulle onde che si propagano nella struttura stellare, e che si manifestano sulla superficie come variazioni ritmiche della luminosità della stella.

La ricostruzione della struttura di una stella gigante rossa. Il nucleo è la struttura bianca centrale (Crediti: Paul Beck, Leuven University in Belgium)

Lo studio di queste onde afferisce alla disciplina chiamata astrosismologia. E’ un settore molto interessante della scienza astronomica, perché capace di rivelare dettagli sulle condizioni interne delle strutture, che altrimenti rimarrebbero assolutamente preclusi alle consuete indagini basate sulla radiazione luminosa. E’ noto ormai come onde di tipo diverso portino informazioni su diverse parti della stella, cosicché l’analisi comparata dello spettro delle variazioni di luminosità permette di ricostruire molti dettagli sugli strati stellari più interni. In questo caso l’analisi ha permesso di ricavare come la velocità di rotazione aumenta in maniera molto rilevante procedendo verso l’interno della struttura.

Questo è interessante anche per capire le modalità specifiche di invecchiamento del nostro stesso Sole. Esso infatti si avvierà a diventare una gigante rossa tra circa circa cinque miliardi di anni, quando per la prima volta si troverà costretto a fronteggiare una scarsità di idrogeno per alimentare i consueti canali di reazioni nucleari. Allora  Gli strati esterni si espanderanno di circa cinque volte le dimensioni attuali, mentre gli strati più interni saranno soggetti ad un destino opposto, collassando verso il centro, in una struttura compatta e molto calda. Globalmente, la luce proveniente dal Sole acquisterà una coloritura sul rosso, corrispondente alla diminuita temperatura degli strati esterni.

La scoperta è stata resa possibile dall’analisi dei dati di grande precisione ottenuti dalla sonda Kepler (il cui obiettivo principale consiste nel trovare pianeti di tipo terrestre intorno a stelle lontane, compresi nella fascia di abitabilità e perciò di grande interesse per la ricerca di vita nell’universo).

Tra le altre cose, Kepler è in grado di rilevare di luminosità delle stelle dell’ordine di appena alcune parti per milione, dunque si presta assai bene a ricerche del tipo di quella qui descritta. Nonostante queste caratteristiche, le variazioni da monitorare sono così piccole che ci sono voluti ben due anni di osservazioni praticamente continue, perchè tale scoperta diventasse possibile.

Anche in questo caso, la pazienza e la costanza sono state premiate. Ora ne sappiamo un pò di più, su come invecchiano stelle come il Sole. E sulle sorprese che ancora possono riservarci.

Per maggiori informazioni, puoi consultare la Press Release (in inglese) o anche vedere il breve video che mostra la rotazione differenziale di una stella in fase di gigante rossa.

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Modellare il bianco

Ecco la cosa è cominciare a scrivere. Screziare il bianco di parole, di inchiostro. Tutto il resto mi sembra irrilevante. Almeno in un primo tempo. Cominciare e continuare a scrivere e fare parole su parole, incamminandosi…
Questo è quello che ci vuole. Lavorare sulle parole infatti porta pace. E’ il lavoro che dobbiamo fare, dunque è inutile stare lì a perdere tempo. Andiamo invece.
Ora sto provando iWriter sul Mac e mi sembra veramente valido. Un ottimo strumento per modellare il bianco.
Fa venire voglia di scrivere, con tutto quanto il resto che risulta piacevolmente in secondo piano. E veramente, non devi perdere molto tempo con le configurazioni. Non devi perdere tempo per nulla con le configurazioni. Ti metti lì e scrivi, produci parole. Una dopo l’altra, in sequenza. Metti il focus mode e improvvisamente solo la frase che stai scrivendo conta. Il resto viene passato in un grigio chiaro, c’è ma non ti distrae. Mi piace. Una frase alla volta. Il resto viene. Come dire, un passo alla volta. La vita si compie a piccoli passi, per la gran parte. Scrivere si compie a passi di una frase per volta. Scrivi una frase, la metti da parte, vai con la successiva. Una cosa alla volta, sempre. E’ questo il segreto.
Ecco la cosa è cominciare a scrivere. E continuare a scrivere. iWriter è abbastanza minimalista, però funziona, fa venire voglia di scrivere. Sarà proprio perché non vedi altro che questo spazio bianco, molto invitante, troppo invitante, che ti va proprio di iniziare a riempirlo di parole. A modellare lo spazio bianco. A creare. 
Se vedo uno spazio bianco penso inevitabilmente a cosa ci potrei scrivere sopra.
Bene. Se ti piace scrivere ti godi questa meraviglia. Che creare scrivendo è la cosa più semplice. Che scrivere è uno dei modi più immediati per creare. Questo mi ha sempre colpito. Non ci vuole nulla, basta un pezzo di carta. In realtà basta anche pensare, la carta la puoi trovare dopo. Memorizzare, ricordare. Meno di così non si può!
Hai mai pensato che una poesia immortale, che dura nei secoli, può essere stata magari appuntata su un fogliettino della spesa?
Per dipingere ci vuole un pennello, i colori. Per suonare ci vuole uno strumento, una manutenzione, una manualità dedicata. Una sorta di mestiere. Per scrivere non ci vuole nulla. Cioè. Devi acquisire un mestiere, certo, ma lo fai lavorando direttamente. Il tuo strumento sono le parole, le frasi. Inizi a modellarle da subito. La tensione che le percorre, la scelta dei vocaboli. Allora ecco. Apri il tuo spazio bianco e lo riempi di parole. Questo vuol dire, tra le miriade di percorsi che possono attraversare lo spazio bianco, ne metti in luce uno. Lo dettagli, porti il lettore sulla tua strada. Lo fai girare dove tu vuoi, lo fai camminare alla velocità che vuoi. Lo fai soffermare dove preferisci, a guardare i colori che preferisci. I colori sono tutti là, lo spazio bianco li contiene tutti. Tu semplicemente scrivendo, collassando la funzione di probabilità su una tua scelta particolare, togli via quello che non ti serve. Allora togliendo dal bianco, il colore si forma.
Scrivere è un toglier via il superfluo, per lasciare il necessario. Come levare il pieno dal marmo, per far uscire fuori la statua, il capolavoro. Era già nascosto lì, era già contenuto lì, in quel blocco di marmo. Ma l’artista lo vede, non lo vedono tutti. E lui deve essere bravo a togliere il superfluo. Rilevare quello che fa brilla. Togliere l’opaco, quello che ferma la luce del bello, la frena. 
Ci vuole anche fatica, costanza. In fondo, come per tutto, ci vuole la fiducia che il reale è positivo. Gradevole o sgradevole che sia la particolare contingenza.
Il compito di portare alla luce il bello, può far tremare i polsi. Tuttavia è necessario arrendersi, fare quello che si riesce, quanto si può. E’ la strada della massima onestà, tutto sommato l’unica che si può percorrere con soddisfazione. Liberi dall’esito. Che non è più in mano nostra.
Tanto più sei bravo a scrivere, tanto lasci solo i colori e i sapori necessari. E ottieni un gusto pieno, una cosa che si mastica bene, che dà soddisfazione. Non è facile, ma è proprio bello.

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Galassie super rosse, scoperto un “anello mancante” ?

Così rosse da diventare invisibili. Perlomeno, agli occhi di Hubble. C’è stato bisogno della nota sensibilità infrarossa del telescopio spaziale Spitzer per poterle individuare. Stiamo parlando di alcune galassie rossissime sperse nei più remoti angoli dell’universo. Gli astronomi stanno già studiando e catalogando queste galassie di “nuova specie”. Senza ancora poter dire con sicurezza come mai siano così rosse.

Spitzer è riuscito là dove anche il Telescopio Spaziale Hubble avrebbe certamente fallito. Ce l’ha fatta grazie alla sua estrema sensibilità alle bande infrarosse dello spettro. Una caratteristica vincente, visto che il gruppetto di galassie appena scoperte presentano una luminosità in infrarosso che è circa sessanta volte maggiore di quella che si ha nel colore più rosso che Hubble possa ancora rilevare.

Una rielaborazione un pò di fantasia delle quattro galassie "super rosse" scoperte da Spitzer (Crediti: D.A. Aguillar, CfA)

Come mai tanto rossore? Le galassie, come sappiamo, possono esser rosse per una serie di ragioni. Intanto, possono essere piene di gas e polvere. La presenza di polvere cosmica “arrossa” la radiazione delle stelle, spostando lo spettro di emissione dal visibile alle bande meno energetiche (rosso, infrarosso, per l’appunto). Altra spiegazione: potrebbero essere presenti molte stelle vecchie. Il cui colore predominante è appunto il rosso. Infine, potrebbero essere galassie estremamente lontane, la cui luce viene “stirata” dall’espansione stessa dell’universo, verso lunghezze d’onda più ampie e dunque – ancora – verso le regioni spettrali del rosso e dell’infrarosso.

Gli scienziati ritengono che tutti e tre i motivi potrebbero essere validi, per spiegare la luce proveniente da queste galassie. Le galassie individuate da Spitzer sono quattro, raggruppate insieme: tutto fa pensare che siano fisicamente associate. A motivo della loro grande distanza, le possiamo vedere come fossero ad un solo miliardo di anni dal Big Bang — proprio l’era in cui le prime galassie si venivano formando. La luce che ci arriva oggi da loro infatti è partita proprio a quell’epoca.

Gli studi su tale gruppo di galassie sono appena iniziati. Ci vuole senz’altro una ulteriore determinazione di redshift, per verificare e confermarne la distanza. Inoltre gli astronomi sono alla ricerca di altre galassie simili, in diversi punti dello spazio.

Per ora comunque c’è margine per considerarle una “nuova specie” di galassie. Secondo le parole di Giovanni Fazio, nel team che ha effettuato l’indagine, potrebbero anche costituire un “anello mancante” nell’evoluzione galattica. Altre informazioni potete trovarle nella press release dell’ Harvard Smithsonian Center for Astrophysics.

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Dell’incontro con Alessandro D’Avenia, a Roma


Quello che segue è la mia personale elaborazione di quanto ho trattenuto, largamente a memoria, dell’incontro con lo scrittore Alessandro D’Avenia in occasione della sua presentazione del libro “Cose che nessuno sa”, il pomeriggio del 2 dicembre, a Roma. Naturalmente le cose che riporto dette da Alessandro possono essere imprecise o anche inesatte, perché filtrate dalla mia (scarsa) memoria e dalla mia sensibilità. Inoltre molto di quanto è stato detto è rimasto fuori. Tutto questo per dire di non prendere ciò che segue troppo alla lettera (e di non prendervela con lui se qualcosa non vi piace), ma di trattenerne magari, se vorrete leggere, lo spirito, il colore, o appena l’idea…


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Allora… alla fine mi decido. Nel senso che mi decido proprio alla fine. Cerco quasi di fare tardi per non andare. Non so, a volte ci ho addosso questa inerzia micidiale, o forse, piuttosto, questa paura di star bene… 

Incredibilmente non riesco a far tardi, arrivo alla metropolitana e non ho scuse, il tempo c’è, c’è. Ora andiamo. 

Arrivo a Via Nazionale – che bello andare a Roma davvero, ogni tanto. Le luci, i negozi. C’è aria di Natale. Trovo la libreria ed entro. C’è il libro di D’Avenia vicino all’entrata, faccio un giretto esplorativo (è ancora presto, ci ho messo proprio poco ad arrivare), poi prendo il libro e anche quello di Simon’s Cat. Vado alla cassa, pago e chiedo dove sarà l’incontro. Proprio qui nella sala grande, mi dice l’addetto.

C’è già un buon numero di persone sedute, la sala comincia a riempirsi. Mi accorgo che ho perso i posti a sedere davanti, devo stare in piedi. Pazienza. Mi metto lì con i miei libri. Mi guardo in giro, mi levo il cappotto (fa un caldo…), sfoglio i miei libri, guardo i messaggi. Aspetto. 

Ad un certo punto arriva, proprio dietro di me. Sorride, parla con degli amici. Adesso sta presentando, mi pare, la sorella a qualcuno. Sta proprio accanto a me. Una persona assolutamente normale, normalissima. Dopo aver parlato con un gruppetto di gente che evidentemente conosce, si avvia verso il tavolino già preparato. Ci guarda e dice “ma vuoi siete tutti qui per D’Avenia eh?”, sempre sorridendo. 


Al tavolino che sovrasta leggermente la sala, sono lui ed un intervistatore, giornalista che ha praticamente la mia età. Si sono conosciuti, se ben capisco, a Mosca in occasione delle traduzione del primo libro, in russo.

Aspetto con una certa impazienza che possa parlare Alessandro. Lui ascolta paziente l’introduzione dell’amico giornalista, ringrazia. E’ sempre molto cortese, con tutti. Ma non è una cortesia forzata (di quelle che vedi dappertutto, ormai), è una cortesia sincera, te ne accorgi facile.

Risponde alla domanda sul titolo del libro. E’ un libro che nasce dalla consapevolezza di non poter dare delle risposte, di non poter esaurire le domande che gli arrivano, soprattutto dai ragazzi, dopo l’uscita del primo libro. Quella ragazza che gli scrive, la madre malata di tumore a letto. Lei comunica con la mamma solo con lettere, perché ha paura ad entrare nella sua stanza, anche tenerle la mano. La mamma ormai sta proprio molto male. Non regge a tanto. E gli chiede come fare, ha bisogno della mamma e gli chiede come devo fare, come fare a raccontare un amore, una interrogazione andata bene, un problema, qualsiasi cosa. Soprattutto gli chiede, Perché questo succede?


Come si può avere risposta a domande così, come si può avere una risposta facile. Quello che riesce a dire è che la mamma ha bisogno di lei più di quanto lei ha bisogno della mamma. Che deve vincere la sua paura ed andare da lei, passare del tempo con lei. 
La mamma se ne andrà presto, ci racconta. Ma lei scrive di nuovo, a distanza di qualche tempo dalla morte di sua madre, e dice che il mese che ha passato con la sua mamma, l’ultimo mese, è quello in cui il loro rapporto è stato più bello. E lo ringrazia.
Alessandro dice tutto questo con una umiltà e una sincerità palpabile. Non si fa bello di niente, anzi confessa la propria impotenza a trovare risposte, la propria fragilità, il timore di parlare anche in questa sala, tutto sommato, non troppo grande (“Devo dire che me la sto facendo sotto…“). Soprattutto guarda le persone come persone, come individualità, uno per uno. Saluta chi riconosce. Non è frettoloso con nessuno, supponente con nessuno. In effetti ha una semplicità che ti conquista, ti avvince. Non ha difese artificiose, si espone.
Dice che il punto è se esista una ricetta per amare anche le ombre. Che la questione è svegliarsi la mattina ed amare le persone che hai intorno. Il collega che ti sta antipatico, quelli che ti stanno vicini… tanti piccoli fallimenti da cui, di solito, scappiamo per paura.
Ragiona sulle domande che ci si fanno da adolescenti, poi si mettono da parte crescendo. Epperò non si possono eliminare, perché ad un certo punto la vita “urge” queste domande. Parla tanto dei sogni, del fatto di essere voluti bene. Lui ha seguito il suo sogno solo perché è stato voluto bene, tanto. 
Ammonisce a guardarsi dalle persone che hanno rinuciato ai loro sogni, e scoraggiano gli altri, per paura che loro sì, possano riuscire. Per invidia. Invece bisogna fidarsi dell’altra categoria di persone, di quello che sono più amici di te stesso in certi momenti, e ti aiutano quando dubiti, a fidarti di te stesso. Fa il caso, al proposito, di quando era incerto tra fare ortodonsia (poiché il padre aveva uno studio dentistico, la scelta poteva sembrare naturale…) e seguire la sua propensione verso la letteratura. Fu un amico che lo tolse dal dubbio, quando lo portò a pensare a cosa avrebbe volto fare anni dopo: se lavorare su una bocca aperta o spiegare Omero. Questo fugò ogni dubbio (però non trascura di mostrare rispetto per l’altra scelta, non viene per nulla ‘ridicolizzata’ da quache malinteso senso di superiorità — proprio assente, in Alessandro)
Mi papà alla fine è andato in pensione. Ha chiuso lo studio E sorride. Dice Alessandro.
Racconta di sè, che il motivo per cui è scrittore è nel primo libro che.. NON ha letto. I ragazzi di Via Pal. Qualche anno fa era un must, dovevi leggerlo per forza. Già il titolo non sembra allettante. Quei nomi strani poi… Allora avrebbe deciso di scrivere una storia diversa, più interessante. Tutti sorridono, il clima è disteso. 
Parla della necessità di riscoprire la bellezza di ogni singola persona. Siamo bellissimi, tutti. Poi non ce ne accorgiamo più, in pratica. Magari entri in macchina, uno ti taglia la strada… e tu, sì, in quel momento lo ammazzeresti. Allora c’è qualcosa che non va, è un campanello d’allarme. Non trascura di dire, è per questo che vado in bicicletta e non guido…
Si vede che della letteratura è innamoratissimo. Non è che ho scelto l’Odissea, spiega, E’ lei che ha scelto me.
Cita un proverbio ebraico “Dio ha creato l’uomo per sentirgli raccontare storie”. E la storia di ogni singola persona, che va raccontata. Che ognuno può raccontare a Dio.
E’ bello quello che dice della scrittura. E’ qualcosa che suona familiare anche a me. Scrivo, dice, perché sono fragile, per trovare un filo nella realtà, scrivo perché scrivendo riesco a comprenderla meglio, viene fuori un senso.
E certo l’insegnamento trova il suo spazio. Come non potrebbe? Spiega, da quando ho capito che se uno è felice, aperto, tutto era diverso, il mio metodo di insegnamento è cambiato da così a così. Pensavo di dover essere come il professore dell’Attimo fuggente, poi ho capito di no. E’ pericolosissimo. Il protagonista infatti, non porta le persone a scoprire delle cose, le porta verso di sè: lui ha bisogno di un pubblico.
Racconta di episodi di vita, minuti, piccoli, ma sempre illuminati di una attenzione gentile. Di una curiosità per la vita.  Come per la anziana zia che acconsente a mostrargli la lettera del marito che conservava gelosamente, in cui lui le chiedeva di sposarla. Dice, acconsentì a farmela leggere solo ad un patto, che rimanesse tra noi due. E infatti… Fa una pausa e sorride.  Poi precisa, ma io ne perlo in termini generici…. 
Finisce sulla cosa più importante. Fondamentale. Se la vita non ha un senso profondo o se invece ci sta un Tu che ti ama. Vi auguro – dice – di affrontare questa domanda e di non accontentarvi mai di risposte facili.
Naturalmente ha detto tanto altro. Come l’importanza del semplice sorriso, dell’attenzione alle piccole cose. Al fatto che cerchiamo la felicità chissà dove e poi siamo a fine giornata come arrabbiati, scontenti. Perché forse abbiamo cercato troppo di far felici noi stessi e poco di relazionarci agli altri. Nel semplice sorriso c’è nascosto un atteggiamento diverso. La felicità forse non è in chissà cosa vogliono farci credere, ma è da cercare forse anche attraverso l’attenziona a  cose semplici. Nelle radici. Per slanciarti avanti devi mettere radici solide.
Io sono contento, contentissimo. Ho il cuore sollevato come da un peso, un peso tremendo che mi schiaccia tutti i giorni. Come si fosse alzato per un poco, a contatto con una cosa buona, autentica. Una persona che trasmette gioia, che non ti cerca di attirare a sè, ma ti incoraggia invece a credere in te, nei tuoi desideri, nei tuoi sogni. Nel tuo cuore. Questo non lo dico per un ragionamento, ma per una evidenza immediata.  Sentendolo parlare, stai bene.
Aspetto per farmi autografare il libro, voglio regalarlo a Paola per i nostri vent’anni di matrimonio. L’attesa si rivelerà lunghissima. Siamo in fila e non ci muoviamo di un passo. Penso più volte di rinunciare, ma ormai ci sono… 
Finalmente quando arrivo “in vista” di Alessandro, la cosa si fa chiara. Ci mette tanto, perché lui dialoga con tutti, con ogni persona che incontra. Ed è un dialogo vero, non formale. Se è uno studente, chiede cosa fa, come si trova. Ha davanti quattro pennarelli di colore diverso, chiede perfino di che colore si preferisce la sua dedica.

Quando finalmente arriva il mio turno (perfino una simpatica suora, con due libri da far firmare, mi fa passare avanti perché ha sentito che devo tornare da mia moglie…) gli chiedo di dedicarlo a Paola, “che sono venti anni che mi sopporta”. Lui ci pensa, mi guarda un pò, chiede come mi chiamo io. Mi guarda, realmente. Eppure ormai è tardissimo, sta lì sotto i riflettori da due ore, potrebbe essere legittimamente stanco, tirar via. Metter un sorriso di mestiere e sbrigarsi. Io sono anche uno degli ultimi. La librerie sta chiudendo, in pratica aspetta lui. Eppure mi guarda con occhi attenti, vispi. Ha una intuizione, mi dice “Ahh ma ho capito! Tu sei quello che mi ha fatto la domanda su facebook per la faccenda dell’ebook!” 

Rimango colpito. Per una singola domanda, che io magari pensavo fosse stata evasa da qualcuno di un suo ipotetico staff, mi aveva ricordato. E ha collegato senza che io ne facessi riferimento! Sono grato non perché la cosa riguardi me, ovviamente, ma per quanto mi dice sulla persona che ho davanti. 
Mi scrive “Per Paola, che ha il suo sogno in Marco”. Il sogno. Che cavolo. Altro che il “sopportare” che avevo avanzato io. Quello sapeva di rinuncia. Questo mi sembra decisamente più positivo. Aperto davanti alla realtà, con lo sguardo sgranato, non con i gomiti davanti. Io trovo una assonanza incredibile con tante cose che va dicendo Juliàn Carron, negli ultimi tempi. Vivere sempre intensamente il reale. Ecco. Tutte cose vissute, anche cose che nessuno sa. Vissute comunque, con la faccia spalancata davanti al reale. La realtà è positiva. Ecco una dimostrazione, in un pomeriggio come tanti. 
Una persona come tante. Niente di straordinario, in apparenza. Ma che ascolta il proprio cuore, lo prende sul serio. 
E tutto cambia. E tutti lo vedono. E tutti sono più se stessi. 
Perché nessuno cerca altro, in fondo.

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