Meno male che ci sono le supernove, possiamo dire. Una cosa bella di fare interventi divulgativi (una delle cose che dovrei fare più spesso), è che sono costretto a cercare una sintesi, un significato specifico, un filo rosso, che unisca diverse nozioni e le presenti in forma più omogenea. Lo scienziato si specializza in un ambito specifico, al giorno d’oggi: non sempre – nel lavoro quotidiano – ha la possibilità di cercare una sintesi, un pensiero unificante. Che magari, invece, viene fuori parlando delle cose della scienza.

Così l’esposizione che ho chiamato “La fine delle stelle”, tenuta venerdì scorso presso l’Osservatorio Franco Fuligni, mi ha portato a ripensare alla straordinaria catena di “coincidenze” che rendono possibile la vita.

La bellissima Nebulosa Velo, è in realtà un “resto di supernova”. Crediti: NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

Come il meccanismo con cui le stelle più grandi (diciamo, da una decina di volte il Sole in sù, tanto per capirci) emettono nello spazio la materia che hanno via via “costruito”, prodotta a partire dai mattoncini fondamentali consegnati loro dal Big Bang, ovvero idrogeno ed elio (e tracce di altri elementi, ma poca roba davvero).

Ci si rende conto facilmente, studiando l’evoluzione delle stelle, di come possano facilmente essere viste come delle efficienti “fabbriche” di elementi pesanti. Elementi assemblati pazientemente nel corso di milioni o miliardi di anni (almeno fino al ferro…).

Interessante scoprire come il tentativo di proseguire nelle combustioni nucleari, una volta arrivati ad aver prodotto il ferro, per la stessa natura di questo elemento, porti la stella ad imboccare una strada radicalmente diversa da quella tenuta fino a quel momento, precipiandola  in una furiosa catena di combustione degli elementi più pesanti, fino ad una deflagrazione (che possiamo ben dire “cosmica”) che diffonde in una ampia regione di spazio gran parte degli elementi prodotti.  In pratica, dopo averli costruiti, la stella ce li mette anche a disposizione. Per fare altre stelle, condensare in pianeti, e via di questo passo. Tutta colpa di questo ferro, che inaspettatamente (diciamo), una volta che brucia, invece di rilasciare energia, la assorbe. Immaginate, voi mettete benzina in macchina, fate magari il pieno. Poi ripartite fiduciosi, e quella invece di darvi energia, vi prende pure quella che avevate.

Ogni nostro atomo è passato dentro una stella. Così, dobbiamo la nostra esistenza anche ad altre stelle, a noi sconosciute, che sono vissute ed esplose in questa zona di universo, regalandoci tutti gli elementi che vediamo intorno a noi, e in noi stessi. Ne possiamo esser certi, qui c’erano altre stelle prima del Sole (sì, perché il Sole è ancora occupato – grazie al cielo – a convertire idrogeno in elio)…

Meno male che ci sono le supernove. E che il ferro ha questa sua fame di energia.

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