Il mondo si muove sempre più in orizzontale, se volete sapere come la penso. La dimensione orizzontale ci è nota, d’altra parte. E’ decisamente moderna. E’ quella della continua novità, della navigazione da un riferimento ad un altro (Internet permette e in certa misura favorisce questo) da un incontro ad un altro. Senza approfondire. Tutto rimane espresso e fruito come su uno schermo, dove la parte di mistero e di imponderabile che fa da collante tra le situazioni e le cose, che ammorbidisce tutto, non viene tenuta in considerazione, in conto. 
D’altra parte, come si fa a tener conto del mistero imponderabile che è dentro ciascun uomo nel notiziario del mattino, ad esempio? Non è possibile, non c’è il tempo, non farebbe audience. Non vende nulla, perché non serve nessun prodotto. La dimensione verticale è quella del viaggio dentro se stessi. E’ il viaggio che dà senso e lenisce il disagio, la sofferenza. Del resto, ogni croce è ben piantata a terra, il senso di ogni dolore non è compreso a fondo e non fiorisce, non è fecondo, finché rimaniamo in orizzontale, in superficie.

Mi sono convinto, per letture e soprattutto per esperienza, che il prezzo che si paga vivendo scollegati dalla propria profondità, dalla comprensione della propria intimità, è assai caro.

La stada per
C’è un viaggio che fa respirare davvero…
La comprensione profonda della propria intimità porta alla vera essenza dell’intera umanità, dove risultano inutili, indifferenti, segni esteriori come il denaro, il sesso, il successo, il potere, se non vissuti come cifre, attraverso la cui lettura si ritorna alla conoscenza di se stessi. La paura, la disperazione, la violenza, la depressione, le manie, le ossessioni, attraverso la psicospiritualità vengono capite, comprese, reinscritte in un nuovo codice dove hanno perso forza, carica, e sono state diluite nella vita, nell’anima. Con la conoscenza di sè, con il desiderio di capire la condizione umana, di dare senso all’esistenza, si dà senso alla solitudine. (Valerio Albisetti)

Così non sorprende come la creatività si nutra profondamente del movimento verticale, dell’andare dentro di noi portandoci inevitabilmente dietro la parte del mondo con cui siamo a contatto, le nostre circostanze. Tuffando l’orizzontale dentro il verticale. Il contingente nell’eterno, la molteplicità nel significato. Dentro c’è la linfa vitale, l’ingradiente necessario a far reagire tutto quello che abbiamo trattenuto della realtà, perché generi un visione nuova, una visione creativa. L’anima viene da Dio, ovvero è agganciata all’eternità, al senso.

Mi pare di aver capito questo. Non è possibile essere creativi se si accetta supinamente di rimanere prigionieri nei nostri pensieri. Non avviene la reazione necessaria, manca qualcosa. Di estremamente importante, di nascosto ma eterno. Se si lascia spazio al vuoto tra le parole, alla pausa tra i pensieri, invece, può accadere qualcosa.

Accettare l’invito al viaggio verso se stessi è immettersi ipso facto in un percorso di creatività. Anche se non si è artisti, in senso stretto. Una persona che accetta il lavoro di andare a sè è comunque un artista, secondo me. E’ la persona adatta per scoprire la verità enunciata da Chesterton, La vita è la più bella delle avventure ma solo l’avventuriero lo scopre.

Loading


Scopri di più da Stardust

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli via e-mail.