Se ti comporti da scrittore, lo sei. Uno scrittore fa questo, scrive. A prescindere dal fatto che venga pubblicato, oserei dire. Sì, perché poi la vocazione trova comunque un suo sbocco, una sua strada. L’importante è che tu non decida di bloccarla (cosa che ti potrebbe costare un bel pezzo di salute psichica, ovviamente).
Così capita che si vada, come domenica mattina, al centro culturale a vedere il presepio allestito dalla pittrice, tua parente acquisita. Capita anche che lei sia una tua entusiasta lettrice. Davvero, entusiasta. Che il librettino di poesie che le hai regalato abbia subito una circolazione ben più vasta di quanto si pensava. Che te ne chieda insistentemente altre copie, per poterlo regalare a Natale ad alcuni suoi amici.
Capita che entri nel centro e vieni presentato come lastrofisico scrittore (non me voglia la mia amica Licia Troisi), che ti si chieda se sei disposto ad un incontro. E tu dici sì, certo. Ti viene spontaneo. Ed è vero. E ti senti tranquillo e a posto, nel rispondere a queste cose. Non senti sforzo, finalmente, non devi adeguarti ad essere qualcuno o qualcosa. Non hai modelli da tener presente. Ti viene naturale essere attento e gentile. Forse perché sei te stesso, finalmente. Sei riconosciuto per quello che senti di dover fare. E la cosa ti porta una bella pace interiore, una maggiore capacità di gestire le circostanze, un senso dolce di stare facendo quello per cui sei al mondo.

the writer
Scrivere, è fare amicizia con il reale
nel modo in cui ci è stato richiesto.
Sono ormai diverse le situazioni in cui il semplice fatto di scrivere ha fatto la differenza. Occasioni di incontri, di rapporti, di conoscenze, in cui aver dato voce a questa tensione interna – peraltro difficilmente ignorabile – mi ha di fatto portato su percorsi differenti e migliori.
Poi è come se uno si scavasse un posto nell’universo. La gente prende atto che scrivi, magari apprezza quello che fai, e si aspetta naturalmente che tu faccia questo (se lo fai per mestiere o no, è assolutamente inessenziale). Gente che non si sognerebbe mai di scrivere, probabilmente, sa che tu lo fai e si aspetta di leggere qualcosa da te. E’ come se avessi occupato quel posticino. E da quel momento fosse naturale che tu lo tenga occupato. Nella sola maniera possibile, scrivendo.
Ecco, lo vedo, quel posticino. C’è una targhetta, lì sopra. C’è scritto, scrittore.

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