Blog di Marco Castellani

Mese: Luglio 2013

Cosa c’è in un nome (planetologi in attesa) ?

Le nuove lune di Plutone ora hanno il loro nome. Prima erano note soltanto con i nomi in codice P4 e P5, ma l’Unione Astronomica Internazionale ha finalmente stabilito che la quarta e la quinta luna di Plutone vengano chiamate Cerbero e Stige (in inglese, Kerberos Styx). Va considerato in ogni modo che le lune non sono rimaste per troppo tempo senza nome, perché la loro scoperta è davvero recente. I piccoli oggetti in orbita intorno a Plutone sono stati rilevato nel 2011 e nel 2012 dal Telescopio Spaziale Hubble, durante osservazioni compiute in preparazione al passaggio della sonda New Horizons che avverrà nel 2015.

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Per quanto piccolo, per quando “pianeta nano”, anche Plutone ha i suoi satelliti! (Crediti: NASA, ESA, Mark Showalter (SETI Institute))

Al momento sappiamo ben poco di questi elusivi satelliti: la loro riflettività non è nota, per cui nemmeno riusciamo ad avere stime precise sulla loro grandezza. Grosso modo, si ritiene che siano “sassi” di una ventina di chilometri di diametro. Dovremo aspettare ancora un paio di anni prima che la sonda New Horizon passi vicino Plutone, fornendoci le prime chiare immagini del pianeta nano e dei suoi satelliti.

Il viaggio verso Plutone non è uno scherzo: la sonda è stata lanciata nel 2006 ed ha dunque già compiuto un viaggio lungo alcuni anni. Si prevede che raggiungerà Plutone esattamente tra due anni, il 14 luglio del 2015. Vista la difficoltà nell’arrivare in quelle regioni remote del Sistema Solare, sarà una occasione unica per studiare Plutone e i suoi satelliti, e verosimilmente dovranno passare molti e molti anni prima che un’altra sonda abbia a transitare in quelle regioni. Dunque i dati che ci fornirà New Horizons saranno destinati a durare.

Le missioni spaziali infatti hanno questo di peculiare: la riproducibilità di certe misure è assai scarsa, per non dire assente. Questo vale soprattutto per i pianeti esterni del Sistema Solare. Non possiamo che aspettare anni e anni, prima per preparare una missione (trovando i finanziamenti) poi perché la sonda arrivi finalmente in posizione. Dunque speriamo vada tutto bene e portiamo pazienza per i prossimi due anni di viaggio di New Horizons!

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Perché lo spazio si curva?

I documentari divulgativi ci ripetono sempre che i pianeti e le stelle “incurvano” lo spazio con la loro gravità, come palle che affondano in un lenzuolo… ma perché mai una massa dovrebbe distorcere lo spazio? E soprattutto, come diavolo fa? Si può forse prendere lo spazio e tirarlo, come se fosse una rete da pesca? In questa puntata FISICAST ve lo spiega.

Ammettiamolo, sono domande che ci facciamo, ogni tanto. Oppure non ce le facciamo più, perché è come se avessimo rinunciato a capire: sono cose che sorpassano troppo il nostro modo di pensare. Però, fermiamoci un momento, proviamo a considerare l’ipotesi: e se fosse possibile capire un po’ di più, di questo mostro che è nel nostro immaginario (e nelle formule…) la relatività generale, comunque una delle costruzioni più rilevanti del pensiero moderno in ambito scientifico?

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Tranquilli, non vi stiamo proponendo di impazzire sulle formule, ma solo di ragionarci un po’ su con chi lo ha fatto!! 🙂 [Crediti: Jon Emill su Flickr]

E’ la sfida di FISICAST, il podcast divulgativo di fisica (di cui ci siamo ampiamente occupati nel passato), che esce adesso con la seconda puntata dedicata alla relatività generale. Vi invitiamo a scaricare il podcast, magari con il precedente, ed ascoltarli. Potreste scoprire che anche la difficoltà della teoria della relatività… è (perdonate) tutto sommato relativa: se è vero che per impadronirsene completamente bisogna sudare sulle formule, è anche vero che se ne può capire molto anche ragionandoci insieme, ascoltando gli scienziati rispondere alle domande. Senza bisogno di astruse formule!

In particolare, per questa puntata, lo staff è formato da Gianluca Li Causi (autore), Chiara Piselli (altre voci), Carlo Mancini (regia). Segnaliamo con piacere che due docenti di FISICAST, lo stesso Gianluca insieme a Riccardo Faccini, spiegheranno le due puntate dal vivo nell’ambito della Serata sotto le stelle dell’Osservatorio Astronomico di Roma. Un’occasione in più per prendere parte alla nostra iniziativa!

Inoltre, da Venerdi 5 luglio alle 15:00 FISICAST è veramente on air, visto che va in onda per 4 settimane (4 puntate alla volta) sulla web radio dell’università La Sapienza “RadioSapienza”: http://www.radiosapienza.net/2013/

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Serata sotto le stelle!

Per gli amanti del cielo che si trovassero nella zona di Roma (o che vedessero di buon occhio una gita nella Città Eterna…!) assai volentieri pubblicizzo una bella iniziativa del nostro osservatorio: si tratta della Serata sotto le stelle che avrà luogo il prossimo venerdì 12 luglio,  secondo il programma dettagliato nella locandina che riproduco qui sotto (e che si può scaricare qui). Il dettaglio dell’iniziativa si può anche esaminare consultando la pagina dedicata dal sito dell’Osservatorio di Roma.

Notate che sono previste anche iniziative per i bambini, secondo la consuetudine dell’osservatorio di proporre eventi di interesse per un pubblico in una larga fascia di età, e che nel recente passato si sono dimostrate riscuotere un ottimo successo (grazie anche alla competenza e alla passione delle persone che le animano).

Segnalo anche che il direttore dell’osservatorio Fabrizio Fiore racconterà gli intriganti retroscena della corsa allo spazio negli anni ’60. Scopriremo perché… quella volta NON siamo andati su Marte!

Insomma, una occasione rara per passare un pomeriggio e una serata in compagnia delle nostre amate stelle, nella suggestiva cornice del parco dell’osservatorio, a metà esatta tra Roma e gli astri … 🙂

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Celebrità… galattiche!

NGC 3185 si trova a circa 80 milioni di anni luce da noi, nella costellazione del Leone. Al centro della galassia c’è un nucleo compatto ma molto brillante, che ospita un buco nero di grande massa. Buchi neri di questa categoria possono avere masse anche pari a migliaia di volte quella del Sole.

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La galassia NGC 3185 (Crediti: ESO/Hubble & NASA)

NGC 3185 fa parte di un piccolo gruppo di appena quattro galassie, chiamato Hickson 44. Un’altra galassia che fa parte del gruppetto è NGC 3190. Come vedremo, è una galassia ben più famosa della sua compagna, per motivi che travalicano certamente l’ambito astronomico…

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La galassia NGC3190, vista da un telescopio (Crediti: ESO)

A prima vista forse il nome può non dirvi niente, ma se siete utenti Apple e se di recente vi è capitato di inizializzare un computer con la meletta, sicuramente vi siete trovati davanti ad uno sfondo azzurrino con una maestosa galassia che campeggia in primo piano: è lei, probabilmente la galassia più diffusa sui nostri schermi 🙂

La galassia NGC3190, vista da un computer Apple...

La galassia NGC3190, vista da un computer Apple…

La cosa interessante – che probabilmente molti ignorano – è che nel tempo abbiamo assistito ad un vero e proprio (silenzioso) “cambio di galassia”. Con OS X “Lion”, la galassia in effetti era quella di Andromeda (come hanno risposto alcuni lettori nel piccolo quiz che abbiamo lanciato stamattina sulla nostra pagina Facebook), dopodiché, all’uscita della successiva versione “Mountain Lion” la galassia è cambiata in NGC 3190. Peraltro, in questo caso, non è subito stato chiaro agli utenti di che galassia si trattasse: ci è voluto un po’ per scoprirlo 🙂

Per essere un po’ pignoli, in realtà la foto usata da Apple è alterata (come si può facilmente scoprire cercando un po’ su Internet): sono state aggiunte diverse stelle “finte” nelle zone più lontane dalla galassia, e – operazione ben più distruttiva! – sono state “eliminate” diverse piccole galassie nei dintorni di NGC 3190. Dunque una foto reale, sì. Ma anche un pochino di fantasia.

Che avreste fatto voi? Vi sareste accontentati di aggiungere una dominante blu, o sareste intervenuti su stelle e galassie come i grafici Apple?

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Vento

Apri le tue vele
ad accogliere il vento
che molto ancora
per te deve accadere
(Angelo Branduardi, Il Viaggiatore)
Esci dalla baia, ti allontani dalla terraferma. Ron ron, il motore sotto i tuoi piedi è tranquillo e rassicurante. Ma anche poco interessante, in verità. E’ normale andare avanti, se sei spinto dal motore. Ad un certo punto però qualcuno nell’equipaggio scruta il quadrante, quello davanti al timone: dice sì c’è vento, possiamo aprire. Finora le cime sono tirate, le vele chiuse, contratte. Al segnale lasci scorrere, allarghi il fiocco, la randa. Li spiani davanti al cielo.

La vela si stende, si allarga. Respira, finalmente. E prende vento.

Tutto a posto, puoi spegnere il motore. Ora c’è il silenzio. E la barca vola sull’acqua, senza rumore. Se non quello del vento, che gonfia le vele e ti fa andare avanti. Sembra un miracolo. Andare un barca a vela è un po’ come accendere un fuoco. Una sorta di antichissimo rito, che si rinnova nel presente, davanti a te. Ecco, pensi fare una cosa nuova, in realtà affondi nel solco solido della storia, dei millenni.

Finalmente vai a vela. Un’esperienza unica, nuova e familiare allo stesso tempo.
Sembra impalpabile, etereo, il vento. Sembra qualcosa che c’è e non c’è, come sospeso in una condizione instabile di semiesistenza. Il fatto è che anche tu sei moderno, nel bene e nel male: sei abituato a pensare che esiste solo ciò che tocchi, che manipoli. Fino a che non ti affidi a lui, all’impalpabile vento: lasci le tranquille certezze, spegni il motore, e vieni portato. Non ti accorgi di quanto è reale il vento, di quanto ti spinge, ti porta, fino a che non ti affidi.
E dunque non decidi tu, non stai più lì chino a regolare il motore. E’ una cosa più divertente. Certo, magari studi come sfruttare il vento, come far muovere la barca dove vuoi, sfruttando il vento che c’è. Muovi le vele apposta, se cambia il vento ti adegui, ti muovi di conseguenza. Vai di lasco, di bolina. Cambi mure. In ogni caso, qualsiasi sia la tua strategia, la tua rotta, è lui che ti spinge. Non sei tu che devi inventarti come andare, devi solo ingegnarti a lasciar fare, nel modo migliore.
Navigando nelle acque dell’Argentario…
La vela si gonfia e più è grande, più accoglie vento. Più sei disponile, più apri, più vieni portato. Lo ammetto: a volte mi sento così accartocciato su me stesso, che mi metto in modo tale da non raccogliere vento, da non farmi smuovere, da non farmi portare. Dico che non ho le vele perché le tengo tutte chiuse, ho paura quasi di vedere che ci sono, che si possono aprire, allargare. Allora sì che sto fermo, e ci sto male.
Che poi il vento non è che ti chiede niente, se non la disponibilità ad aprire le vele, aprirti. Non è che sta a vedere se sei stato buono o cattivo, se hai litigato con tua moglie o se tutti i tuoi desideri sono in regola, se stai vivendo come pensi sia giusto vivere o ti sei lasciato prendere da dinamiche differenti. A volte uno è incastrato a pensare a cosa ha fatto o non ha fatto, a inventarsi delle inutili autovalutazioni, a ruminare stupidamente su quanto sia lontano dall’ideale. E si dimentica della cosa più semplice ed importante. Aprire le vele.
E’ quando apri le vele che le cose accadono. Sempre. Non sei determinato dal tuo passato, il passato scompare veloce a poppa, proprio perché la barca sta andando. Il passato è passato ma qui te la giochi nel presente. Sei disponibile o no a fare il viaggio? Apri le vele o no? Il vento soffia e ci invita, sempre. In ogni momento. Ma la decisione rimane nostra, perché il vento invita e non obbliga. E ha un rispetto sacro della nostra libertà.
Di ciò che, veramente, ci fa essere uomini.

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