Rileggendo le bozze per un piccolo libretto di poesia che vorrei finire di compilare nei prossimi giorni, mi sono imbattuto in un verso

“Se accade qualcosa mi placo: / la guardo soltanto accadere”

che mi sembra descriva adeguatamente questo momento, questo momento personale e questo momento anche a livello più ampio, sociale.

Così scorgo in fondo al mio cuore, palpitante, il desiderio che accada qualcosa capace di strapparmi al tappeto consolidato di pensieri e di auto-osservazione. Che accada qualcosa che mi strappi da me stesso, dalle mie furbizie consumate e dai bilanciamenti usati per tirare avanti. 

Ricordo. Da bambino c’era il senso forte dell’attesa di qualcosa. Un regalo, il ritorno di un genitore, un ritorno a casa. C’era un senso di una possibile svolta in ogni istante.

“I bambini stanno bene / per loro ogni giorno è differente” canta Fossati ne Il rimedio ed è una intuizione geniale.

Ora se spesso non troviamo niente per cui stupirci, da una parte sembriamo adulti (per quanto in una accezione un po’ triste) ma dall’altra ci muoviamo intorno come bambini insoddisfatti. Ma l’ultima cattiveria che possiamo farci, in questa condizione (tutti, credenti o non credenti), è impedirci di pensare che qualcosa di radicale possa ancora avvenire. Che possa esseri un punto di svolta, un punto di valore. Di dolcezza, soprattutto. Una dolcezza infinita è quello che il cuore attende per riposare, niente di meno.

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Un punto di dolcezza, di tenerezza che possa agire facendo sciogliere le resistenze dentro di noi, liberare il nostro potenziale creativo. Se non si è creativi si soffre, si soffre da morire. Creatività è forse semplicemente disponibilità ad un disegno sulla nostra vita, che siccome è unico perciò stesso ci rende unici, ci rende speciali e insostituibili.

Perché impedirsi di pensarlo? E’ ragionevole? Rispondo per me, dico di no.

Ma se lo dicessi in forza di una mia forza, mentirei. Crollerei. Se lo dico in forza di volti, di “persone e momenti di persone” attraverso cui vedo un Destino più grande, forse posso essere sincero.

Forse “Cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi” (Didaché) vuol dire questo. Per me, adesso, vuol dire guardare fuori di sé e vedere persone amiche, volti, fare memoria di brani di conversazione, di persone che ci hanno guidato e sono in cielo (come Don Giacomo di cui oggi ricorre l’anniversario della morte), altre che ci guidano ora, con cui è possibile continuare un cammino.

Per tutto questo, mi dico, è ragionevole sperare. Anche avessi visto una sola volta questi volti, è ragionevole sperare. Per tutto questo, non si tratta di forzare un ottimismo, ma cedere ad una Presenza. Da cercare ogni giorno. Per riempire il cuore, e così poter sorridere alla moglie, ai bimbi, agli estranei. O se oggi magari non si sorride, per capire che si potrà sorridere comunque, domani.

Buona Pasqua.

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