Per ottenere questa immagine, il rover Curiosity ha usato il suo corredo di macchine fotografiche in bianco e nero in due diverse circostanze nella stessa giornata (mattina e pomeriggio), ad inizio del mese di aprile.
I colori poi sono stati aggiunti come tocco artistico per ammirare meglio la scena, con il blu che rappresenta il panorama mattutino e in giallo quello pomeridiano.
Personalmente, davanti ad immagini come questa, ancora mi perdo. Mi perdo nei dettagli delle rocce, nella nitidezza del profilo di monti e valli. Più mi attardo a guardare, più inizia a sembrarmi possibile essere lì, in qualche modo.
Aumenta la meraviglia ricordarmi che sto osservando un ambiente che dista da me, in media (a seconda delle posizioni relative dei pianeti Terra e Marte) più di duecentocinquanta milioni di chilometri.
E in che razza di epoca siamo entrati! E come in pochissimi anni è cambiato davvero tutto. Per convincersene davvero, basta osservare l’immagine qui sotto. Rappresenta l’immagine migliore ottenuta di Marte della sonda Mariner 4 della NASA, la prima – tra i vari tentativi sovietici e statunitensi – a raggiungere con successo il pianeta, nel 1965.
Davvero siamo davanti ad un nuovo universo. Renderci uomini nuovi potrà essere difficile, certo. Cadremo diecimila volte. Ma l’unico vero delitto, di fronte a questo invito, sarebbe non accoglierlo, sarebbe non provarci.
La ricerca è uscita dal periodo dei divertimenti dell’infanzia. È diventata l’occupazione grave, centrale, vitale dell’umanità adulta. Ecco ciò che dovrebbe colpire i nostri occhi ben maggiormente di tutti i disordini politici e di tutti i disagi sociali, se sapessimo solamente guardare il mondo attorno a noi.
Queste parole, poste – quasi un secolo fa – da Teilhard de Chardin nella parte introduttiva del denso e conciso saggio “La mistica della scienza”, appaiono ancora più vere oggi. Non le dimentichiamo, perfavore.
Scopri di più da Stardust
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.