Blog di Marco Castellani

Categoria: Fisica Page 3 of 5

Un bel traguardo per FISICAST!

Di FISICAST, il podcast italiano della fisica abbiamo già parlato diverse volte, presentando alcune puntate e un’intervista ai ricercatori che lo hanno ideato (si veda al proposito FISICAST, il podcast per capire la fisica, oppure Tre domande a… FISICAST). Oggi possiamo ben dire che hanno vinto la loro scommessa di divulgare la scienza in un modo nuovo: è infatti appena uscita la trentesima puntata, con la quale il podcast ha tagliato l’importante traguardo dei 100 mila ascolti!
 
Vale la pena sottolineare come l’uso del podcasting come veicolo di informazione per la fisica, se da un lato pone delle sfide non indifferenti al creatore di contenuti, si presenta come particolarmente attraente per l’utente finale, che in questo caso ha la possibilità di acquisire delle nozioni specifiche riguardo tale disciplina, mentre magari è impegnato in altre attività, come la camminata svelta o la corsa, per esempio. L’offerta di podcast è ormai davvero completa e variegata e con molti prodotti di elevata qualità e fattura decisamente professionale. FISICAST si propone in questo settore con l’ambizioso e stimolante obiettivo di farci assaggiare un po’ del fascino della comprensione di come va il mondo (nel senso, di come funziona) in maniera leggera e immediata.
 
Dal maggio del 2012, mese in cui uscì la prima puntata, “Il tempo”, gli audio di FISICAST hanno spaziato sui più diversi settori della affascinante discipina, dalla fisica classica alla fisica moderna, sia spiegando con parole semplici concetti spesso ritenuti ostici, come la Relatività Speciale e Generale, la Meccanica Quantistica, il Bosone di Higgs, o come si vedono le Particelle Elementari, sia svelando i vero funzionamento dei più evidenti fenomeni della natura, come MareeArcobaleniTuoni e fulmini, o Radioattività, spesso del tutto diverso da quel che comunemente si pensi (ascoltare per credere!).
 
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Davanti a cotanto spettacolo della natura, che fare? Correre ad ascoltare la puntata di FISICAST  sull’arcobaleno, certamente!! 

Di questoimpegnativo lavoro si è avuto più volte occasione di misurarne l’impatto, oltre che dalla statistica dei click sulle pagine di iTunes e YouTube, dalla partecipazione alle conferenze pubbliche, dai commenti ricevuti sul sito e all’indirizzo e-mail di FISICAST, dalle centinaia di CD-audio distribuiti e dal lavoro di formazione agli insegnanti che ne è scaturito presso l’Università.

E’ con grande entusiasmo che esprimiamo i nostri migliori auguri a FISICAST e vi lasciamo alla seconda parte di “Radioattività”,appena pubblicata.

Una parola ancora, prima che organizziate la camminata nel parco con FISICAST sullo smartphone (un toccasana per il corpo e per la mente): un’accorta opera di intelligence ci permette altresì di svelarvi in anticipo il titolo della prossima puntata (ma non ditelo a nessuno…). E’ decisamente stimolante, perché i nostri amici affondano gli artigli in una delle tematiche forse più stimolanti della fisica contemporanea, gravido peraltro di implicazioni anche filosofiche: “Il vuoto quantistico”, che vi aspetta per lo scaricamento dal 15 febbraio.

Cosa vuol dire vuoto quantistico? E’ veramente vuoto se è luogo di creazione di particelle e antiparticelle? In che senso, poi, è distinto dal concetto più usato di vuoto, inteso come assenza di materia? Ce ne è abbastanza per stimolare l’appetito conoscitivo che è in tutti noi e che – grazie al cielo – non è mai sazio…

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Per metter il naso nel “motore” delle cose, niente di meglio di un sano podcast di fisica… FISICAST è quello che ci vuole! 

Insomma, il fatto è questo: la fisica può essere raccontata: provate e vedrete che non è così spaventosa come a volte si pensa. Anzi, spesso può dare un certo gusto riuscire a dare una sbirciatina al motore delle cose. Un motore che abbiamo veramente iniziato a capire dai tempi di Galileo, e ogni giorno ci rivela delle nuove stimolanti sorprese. Che devono essere studiate, certo, ma anche raccontate. Perché l’avventura scientifica sia sempre più patrimonio di tutti.  Ai creatori di FISICAST, che gli ascolti superino presto il milione!

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Disordine

Esiste una forma di disordine che è benefica, che è pulsione vitale. C’è quel senso di apertura, di salutare provvisorietà di forme e di situazioni, che fa respirare. Quel margine quasi sacro di imprevedibilità che ti porta a pensare non è tutto qui, c’è altro. 
 
Come se ci si trovasse di fronte non ad un fenomeno composto ed in sé compiuto, ma ad un segnaposto per la realtà, segno di qualcosa che la attraversa in verticale, che la salva dalla terribile comprensibilità di essere senza sfumature (interamente comprensibile, e dunque, limitata). 
 
 
 
Altrettanto chiaramente esiste un ordine che è malato, deficitario, segno di mancanza. Quell’ordine che riduce il reale alla presentazione razionale ed anzi razionalistica degli enti (appunto) ordinati, che manca di quel guizzo di creatività e mistero per far intuire qualcosa ma non pienamente.
 
Certe figurazioni psichiche malate possiedono un ordine apparente superiore del disordine fisiologico dello stato più sano. Certi stati fisici di massimo ordine (come i cristalli) sono segno di qualcosa di fermo, di bloccato, di statico: di morto, in ultima analisi. Mentre il disordine, il caos, può essere tipico di sistemi in movimento, in evoluzione. Non lineari, ovvero di difficile prevedibilità. Non li inquadri con un pensiero pigro, non li incaselli facilmente in qualche tua categoria bella e pronta: ti sfuggono da tutte le parti. Ci vuole una grande quantità di informazione (potrei dire, di fatica, di attenzione) per descrivere un sistema di questo tipo, ce ne vuole pochissima per descrivere uno stato di massimo ordine.
 
A volte quando tutto è troppo al suo posto mi sento a disagio, mi viene una misteriosa stretta al cuore. E’ tutto a posto, va bene, però manca un punto di fuga, un margine di evasione, uno spazio per dire, per pensare, che questo possa essere appena il bordo, la rappresentazione di altro.
 
A volte un ordine è come per dire non c’è niente oltre questo mentre a volte è proprio per dire il contrario, per dire siccome c’è qualcosa di bello posso farlo riverberare anche con l’ordine. Che buffo.
 
Dunque un ordine è bello se funziona come apertura a qualcosa, se attraverso la bellezza richiama ad un ordine più profondo (abbastanza profondo che sfugga alla piena comprensione e catalogazione). E un disordine è bello se non è chiuso in se stesso, ma perfino nella sua provvisorietà, nella sua scomodità, rimanda ad una domanda, ad un grido.

Ha avuto una vita disordinata, si dice a volte. Forse il disordine è per questo, è un tentativo graffiante  -scomposto, se volete – di cercare un ordine nelle cose, rilevare un segno luminoso, stanare una pista. Cercare una strada di percorribilità al reale
 
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L’impronta dell’onda gravitazionale. E la pazienza della ricerca

Potrebbe essere una scoperta epocale; la “firma” lasciata dalle elusive onde gravitazionali – predette dalla teoria, a lungo cercate ma fino a ieri senza successo –  in un universo veramente ai primi istanti della sua esistenza. Non mi dilungo qui perché la notizia è stata riportata in numerosi siti (potrete vedere una panoramica degli articoli più interessanti nelle notizie che appaiono oggi sulla nostra pagina Facebook). Per chi volesse una buona introduzione alla faccenda, segnalerei gli articoli apparsi su MEDIA INAF, su Sussidiario.net (dove si trova una intervista all’astrofisico Marco Bersanelli) e l’articolo di Leopoldo Benacchio sul Sole 24 ore.

A proposito dell’articolo di Leopoldo Benacchio (eccellente divulgatore, amico e soprattutto professore ordinario presso l’Osservatorio Astronomico di Padova) segnaliamo che l’autore si è reso gentilmente disponibile a rispondere a dubbi e domande relative alla clamorosa scoperta, presso il nostro “spazio BAR” dentro Facebook: a tale scopo è sufficiente lasciare un commento al post a firma di Leopoldo comparso alcune ore fa nel medesimo spazio. Consiglio di approfittarne!

Anche il sito APOD apre "ovviamente" con una immagine legata alla clamorosa scoperta, che corroborerebbe lo scenario dell'inflazione cosmologica. Crediti:  BICEP2 Collaboration, NSF, Steffen Richter (Harvard)

Anche il sito APOD apre “ovviamente” con una immagine legata alla clamorosa scoperta, che corroborerebbe lo scenario dell’inflazione cosmologica. Crediti: BICEP2 Collaboration, NSF, Steffen Richter (Harvard)

Anche i giornali “cartacei”, come d’obbligo, oggi dedicano ampio spazio alla notizia veramente “sensazionale”, annunciata ieri pomeriggio in una attesissima conferenza stampa presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics dai responsabili di una collaborazione di varie università ed enti di ricerca di Usa e Canada. Insomma una giornata “preziosa” in cui la scienza viene riportata con grande enfasi agli altari della cronaca.

Va appena ricordato che il risultato diffuso ieri è frutto di una ricerca e di una applicazione paziente e silenziosa durata diversi anni. Sarei tentato di sottolinearlo, la ricetta per ottenere un risultato che rimane nel tempo, nella scienza come altrove, è sempre quella che sappiamo: applicazione paziente, fiducia. E soprattutto, passione per il reale, disponibilità a stupirsi.

Ora, e ancora.

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Vi propongo qui di seguito una intervista alla BBC del famoso fisico Richard Feyman, utile per ragionare un pochino senza pregiudizi sulla specificità della scienza e sul mistero della bellezza.

Troppe volte ci si trova infatti davanti al luogo comune che vuole la scienza una disciplina fredda, senza meraviglia, senza possibilità di stupore. Anzi a volte ci si spinge ad oppore un tipo di conoscenza ‘estetica’ ad una ‘scientifica’, interpretando quest’ultima come quella che separa, seziona, disarticola, e dunque è incapace di cogliere l’unità intrinseca di un certo fenomeno, di un certo ente.

Purtroppo sono pregiudizi che inquinano, a mio avviso, un corretto rapporto tra il sapere scientifico e quello umanistico; prima di tutto, facendo ritenere che esistano due tipi di saperi. Quando a me sembra si possa dire che è uno soltanto. Quello che deriva dal tenere gli occhi aperti davanti al mondo e all’uomo, rimanere in un atteggiamento di fiducia (una fiducia non “infantile “ma direi “adulta”; d’altra parte il cinismo non esplora nulla) e farsi condurre dalla curiosità.

Bellissimo come Richard metta in luce l’accordo che si trova tra i diversi approcci, come modalità di conoscenza che si integrano, non si oppongono. Il fimato è del 1981, per la sua brevità è quasi folgorante, e smonta tanti pregiudizi che ancor oggi sono ben presenti nella mente di molti. Educativo davvero 😉

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Marie Curie e il suo contributo alla Fisica e alla Chimica

Marie CurieMarie Curie.

Ricorrono quest’anno i 110 anni dal conferimento del Premio Nobel per Fisica 1903 a Marie Curie(Varsavia 1867 – Savoy, Francia 1934). Prima donna e unica scienziata a vincere due Premi Nobel (in Fisica nel 1903 e in Chimica nel 1911). Fu eguagliata in seguito dal chimico Linus Pauling con un Premio Nobel in Chimica e uno per la Pace, successivamente da John Bardeen con due Premi Nobel in Fisica e da Frederick Sanger con due Premi Nobel in Chimica.

Si racconta che quaranta rubli al mese (pari a tre franchi al giorno) erano i soldi che la giovane Marie Curie doveva farsi bastare a Parigi, in parte messi da parte quando lavorava come istruttrice in Polonia e in parte come risultato dei sacrifici del padre che puntualmente glieli mandava. Doveva pagarsi le tasse universitarie, la camera in cui alloggiava, i pasti e il vestiario. Organizzò un’esistenza spartana dove non dava importanza alla fame e al freddo. A 26 anni Marie aveva conseguito due lauree, una in fisica e una in matematica e era totalmente dedita allo studio e alla ricerca, quando incontrò Pierre Curie per la prima volta. Fu il 1894, in un laboratorio di fisica. Pierre Curie considerò Madamoiselle Sklodowska una donna straordinaria, attratto com’era dalla sua grazia e dalla sua semplicità, ma soprattutto dal suo coraggio e dalla sua completa dedizione al lavoro di ricerca. Passarono pochi mesi e Pierre chiese a Marie di sposarlo. Non fu accolta subito la sua proposta di matrimonio: ben dieci mesi Pierre dovette aspettare prima di diventare suo marito.

Ma la loro storia non fu solo una bella storia d’amore ma anche di collaborazione e di ricerche che cambiarono completamente la storia della Fisica e della Chimica.

Marie non fu solo determinata a ottenere il suo Dottorato di ricerca ma che anche il suo Pierre ne avesse uno. Nonostante il marito avesse compiuto importanti ricerche scientifiche in più di un campo negli quindici anni precedenti, non era ancora riuscito a conseguire completamente questo ambito risultato. In Francia, a differenza degli Stati Uniti e del Regno Unito, il conseguimento di un dottorato richiedeva molto più tempo. Marie insistette affinchè Pierre completasse il suo lavoro nello studio del magnetismo. Nel marzo 1895 ricevette l’ambito titolo di PhD in Fisica e divenne Professore presso la Municipal School di Parigi.

Nel luglio dello stesso anno i due si sposarono con una semplice cerimonia civile. Nessuno dei due voleva una cerimonia religiosa. Marie aveva perso la mamma, che era molto devota alla Chiesa di Roma, quando lei aveva solo undici anni; Pierre era figlio di protestanti non praticanti. Non ci fu nessun scambio di anelli. Invece di un vestito da sposa, Marie indossò un completo color blu scuro che per gli anni successivi le fu utile quando lavorava nel suo laboratorio.

Il primo loro laboratorio era un piccolo locale di vetro che faceva parte della scuola di Fisica dove Pierre lavorava. Era una sorta di magazzino in cui mancava l’elettricità, dove non vi era un adeguato riciclo dell’aria e che lo faceva diventre saturo di fumo e umidità, fumo e umidità che andavano a danneggiare gli strumenti di lavoro con cui i coniugi Curie lavoravano.

Marie Curie laboratorioMarie Curie nel suo laboratorio.

Nessuno di noi due immaginava, all’inizio di questo lavoro, che stavamo per intraprendere un cammino completamente nuovo nella scienza che avremo seguito nel nostro futuro“.  Marie Curie 

In questo video si racconta in modo straordinario le scoperte di Marie e Pierre Curie tratto da Libera Scienza.

http://www.youtube.com/watch?v=KTgHh8nwKIg

Il Premio Nobel per la Fisica 1903 venne dato metà ad Antoine Henri Becquerel e metà a Pierre Curiee e Marie Sklodowska Curie: ad Antoine Henri Becquerel “in riconoscimento dei suoi straordinari servizi resi con la scoperta della radioattività naturale” e metà alla coppia Curie “come riconoscimento dei loro strardinari servizi resi con le loro ricerche congiunte sui fenomeni della radiazione scoperti dal Professor Henri Becquerel”.

Il secondo Premio Nobel, questa volta per la Chimica, arrivò nel 1911, quando Pierre Curie era già tragicamente morto sotto le ruote di una carrozza mentre percorreva Rue Dolphine per raggiungere l’Accademia, il 15 aprile 1906. Con questo Premio Nobel le venivano riconosciuti la scoperta del ‘Polonio (in ricordo della sua patria, la Polonia) e il radio, che derivava dal latino Radius (raggio) « in riconoscimento dei suoi servizi all’avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, dall’isolamento del radio e dallo studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento ».

Problemi di natura medica iniziarono ad affliggere la scienziata intorno al 1920, quando la sua vista iniziò ad annebbiarsi. Cataratta, le fu diagnosticato. Oggi sappiamo bene che l’esposizione alle radiazioni possono produrre questa malattia. La sua vista iniziò ad indebolirsi così tanto che dovette scrivere le sue note a grandi caratteri e grazie all’aiuto delle due figlie. Solo dopo quattro operazioni le fu possibile tornare in laboratorio e guidare l’automobile.

Curie, come tutti gli altri scienziati dell’epoca, non conoscevano gli effetti sulla salute causati dall’esposizione alle radiazioni radioattive. “Forse il radio ha qualcosa a che fare con questi problemi, ma non si può affermare con certezza” scriveva Marie Curie in una lettera alla sorella Bronya nel novembre 1920.

Oggi sappiamo che la gran parte del suo lavoro riguardava la separazione chimica del radio dall’uranio, un processo lungo ed estremamente difficile, oltre che pericoloso alla salute. Come risultato, il corpo di Marie venne sottoposto a un’intensa esposizione da radiazioni di raggi gamma emessi dal radio e dai suoi prodotti di decadimento, le sue dita ricevettero un’esposizione notevole alle particelle beta e ai raggi gamma emessi dal radio, i suoi polmoni ricevettero un’esposizione legata all’inalazione del gas radioattivo prodotto dal radio e il suo scheletro (e il midollo osseo) ricevettero un’esposizione da radio che accidentalmente Marie aveva ingerito quando lavorava in laboratorio.

Oltre a queste esposizioni al radio, Marie ricevette anche una significativa esposizione ai raggi X mentre operava con un’apparecchiatura a raggi X montata su un’automobile e si spostava per trattare i feriti al fronte durante la Prima Guerra Mondiale. Per tutto il corso della sua vita adulta Marie rimase in costante stato di malessere. Spesso veniva accusata dagli altri scienziati di usare la sua condizione fisica come una tattica per non essere presente a certe conferenze o appuntamenti di una certa importanza. Questo suo malessere si manifestava in vari modi: per esempio, aveva la tendenza a strofinare le dita delle mani che erano state soggette alle radiazioni; sviluppò la cataratta e si sentiva costantemente debole e stanca.

Era mezzogiorno di venerdì 6 luglio 1934 quando Marie Curie muorì nell’ospedale di Sancellemoz nelle Alpi francesi.
Fu seppellita accanto al marito Pierre nel cimitero di Sceaux alla presenza dei suoi parenti, dei suoi amici e collaboratori che l’amavano. Il Dott. Tobe, che l’aveva in cura, scrisse che “morì per un’anemia perniciosa aplastica in rapido sviluppo” (Curie, 1937). Questa è molto simile alla diagnosi data per la prima morte certa legata alle radiazioni radio “anemia progressivamente rapida di tipo pernicioso” (Martheland 1925). E’ stato affermato che la sua morte poteva non essere correlata al radio perchè l’anemia perniciosa non è creduta essere causa dell’esposizione alle radiazioni. Il problemi è che quello a cui il suo medico si riferiva non era quello che a cui noi oggi ci riferiamo quando parliamo di  anemia perniciosa.

La figlia Eva Curie scrisse nel 1937: “I sintomi non normali, gli esami del sangue che differivano da quelli di qualsiasi altro caso di anemia perniciosa conosciuto, portavano ad accusare un solo criminale: il radio“. La figlia maggiore di Marie e sua collaboratrice, Irene Curie, morì di leucemia come la madre nel pieno dei suoi cinquant’anni.

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Le Vies de Marie Curie. Crediti: Fiami.

“Le vite di Marie Curie” è un fumetto (che si adatta bene per un pubblico adulto oltre che giovanile) che racconta la storia della Chimica con Marie Curie come protagonista nelle varie epoche storiche. Scritto dallo svizzero Fiami e pubblicato nel 2012 in occasione dell’Anno Internazionale della Chimica 2012, questo fumetto è disponibile contattando l’autore Fiami all’indirizzo mail: http://www.fiami.ch  oppure mandando una email alla sottoscritta che vi metterà in contatto con l’autore, sempre molto disponibile.

E_1911_Marie-Curie_PMarie Curie davanti al Pantheon di Parigi. Crediti Fiami.

Ulteriori informazioni:

Marie Curie: http://www.aip.org/history/curie/curie.pdf

Nobelprize.org: The Noberl Prize in Physics 1903 – http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1903/

Marie Sklodowska Curie: The Woman Who Opened The Nuclear Age: http://www.21stcenturysciencetech.com/articles/wint02-03/Marie_Curie.pdf

Marie Curie – Life and Achievements – http://www.encouragement-project.ro/product_files/Marie%20Curie.pdf

Sabrina

Per il Carnevale della Fisica n. 42 ospitato su Scienza e Musica dal titolo:  “Personaggi e scoperte della Fisica moderna, da Planck e Einstein all’LHC”.

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Canale youtube Fisicast

Segnaliamo l’apertura del canale FISICAST su youtube, con le varie puntate relative ai diversi argomenti. Per saperne di più su FISCAST potete consultare il nostro post. Buon ascolto! 😉

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Carnevale della fisica #40: Fisica ed arte

Così siamo giunti ad un numero bello tondo… l’edizione del Carnevale della Fisica che andiamo ad introdurre è la quarantesima. E’ anche la seconda che abbiamo il piacere di ospitare su GruppoLocale: dopo l’edizione #27 che aveva a tema La fisica nella letteratura italiana (con il quale abbiamo avuto anche il piacere di andare sotto i riflettori dl Media INAF) ora apriamo con un tema affine, e pensiamo ugualmente intrigante, Fisica ed arte.

"Geomagnetismo astratto": le inversioni geomagnetiche terrestri degli ultimi 160 milioni di anni (Credits: Christophe Gissinger)

“Geomagnetismo astratto”: le inversioni geomagnetiche terrestri degli ultimi 160 milioni di anni (Crediti: Christophe Gissinger)

E’ un tema che sentiamo affine per molte ragioni. La fisica indaga il mondo fisico e il cosmo, l’arte pure è una forma di indagine, in fondo. E’ un’indagine nel mistero incredibile dell’essere umano, nella sua creatività, nel suo lavorare per esprimere senso e significato. C’è una stessa tensione che si articola in modi diversi. Di questo siamo convinti e lo sa anche chi ci segue nella nostra pagina Facebook – dove mescoliamo da tempo post di aggiornamento scientifico, divulgativi ma rigorosi, a testi poetici, brani musicali, opere visive, aventi a tema lo spazio e il suo fascino.

Non dimentichiamoci, inoltre, che molto spesso le stesse rappresentazioni grafiche di fenomeni fisici possono acquistare una indubbia (e a volte involontaria…) valenza artistica, come nel caso raffigurato qui sopra.

Così vi invitiamo in questo mese a scrivere un intervento a tema, pubblicarlo sul web – sul vostro blog o da qualche parte – e farcene avere notizia. Alla fine del mese listeremo tutti gli interventi elaborati nel rispetto delle regole, le quali mirano a tutelare la corretta divulgazione della scienza (perfettamente compatibile con la creatività). Per il resto, sbizzarrite pure la fantasia! Dopotutto è un carnevale. Sentitevi liberi di contaminare la scienza con l’arte, sospetto che ne potremmo avere molti vantaggi…

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Oltre il Modello Standard e il Bosone di Higgs

di Umberto Genovese

 

Francamente ancora non sappiamo se esista o meno il Bosone di Higgs, il famoso bosone portatore di massa delle particelle, quello che nel titolo di un suo libro [1] il fisico Leon Max Lederman aveva chiamato “maledetta particella”  (goddnam particle) e che un editore un po’ troppo moralista trovandola sconveniente la cambiò in “Particella di Dio”. Adesso un paio di recenti esperimenti pongono limiti alla sua esistenza.  Un po’ come dire “ non lo abbiamo ancora beccato, ma ci sono indizi che ci fanno credere che sia rinchiuso in quella stanza”

In una conferenza stampa il 13 dicembre i ricercatori del CERN di Ginevra hanno annunciato che due diversi esperimenti [2]  in corso presso il più grande acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider (LHC) hanno posto limiti ben ristretti alle finestre energetiche in cui può essere verificata l’esistenza del bosone di Higgs.

Ma che cosa sarebbe esattamente il bosone di Higgs [3] ?

Il Modello Standard – che è l’evoluzione estrema della Meccanica Quantistica – descrive le basi di come le particelle elementari (fermioni e leptoni) interagiscono fra loro tramite bosoni di gauge, ovvero particelle che mediano, trasportano tre delle quattro forze fondamentali della natura:

1. la forza elettromagnetica (luce, magnetismo, elettricità) è mediata dai fotoni;
2. la forza nucleare forte (la forza che tiene uniti i quark per formare gli adroni – protoni e neutroni) è mediata dai gluoni;
3. la forza nucleare debole (responsabile del decadimento radioattivo  beta – decadimento del neutrone in protone) mediata dai bosoni W, Z e appunto il famoso bosone di Higgs.

La particolare natura della forza debole di interagire [4]  sia con i leptoni che con i fermioni, sia con particelle cariche che particelle neutre, richiede appunto tre bosoni distinti per agire: uno per le interazioni cariche (W), uno per le interazioni neutre (Z) e uno (Higgs) per dare la massa a tutte le altre particelle, tranne i fotoni e i gluoni.
L’unica forza fondamentale che per ora rimane esclusa dal Modello Standard è la forza di gravità che verrebbe mediata a sua volta dal suo bosone: il gravitone.

Come funzionerebbe il bosone di Higgs?

Il bosone di Higgs fu teorizzato attorno al 1960 dal fisico Peter Higgs, ed altri,  per spiegare il modo in cui le particelle elementari acquistano massa a riposo.

Non è facile spiegare come questo avvenga senza ricorrere alla matematica, ma un fisico dell’University College di Londra, David Miller raccolse la sfida del ministro britannico della scienza, William Waldegrave che aveva indetto in proposito un concorso, in palio una bottiglia di champagne.

L’immagine suggerita da David Miller [5] è quella di un salone (lo spazio) pieno di persone (il campo di Higgs) che sono distribuite in maniera uniforme e impegnate a conversare ciascuna con il proprio vicino. All’improvviso questa festa viene animata dall’arrivo di un personaggio famoso (una particella) che attraversa la stanza. Tutte le persone vicine sono attratte da lui (la rottura di simmetria) e vi si affollano intorno. Man mano che il personaggio famoso si muove nella sala attrae altre  persone a lui più vicine mentre quelle che lascia alle sue spalle tornano nella loro posizione originale. A causa di questo affollamento aumenta la resistenza al movimento, in altre parole il personaggio famoso-particella  acquista la sua massa.

 

Per spiegare invece il concetto di bosone di Higgs, sempre Miller suggerisce di immaginare che all’improvviso, nello stesso salone pieno di gente, qualcuno faccia circolare una voce. Le persone più vicine la ascoltano per primi e si riuniscono per apprendere qualche dettaglio in più, quindi si voltano e si avvicinano alle altre persone nei paraggi per riferire quanto ascoltato. In questo modo la stanza viene attraversata da un’ondata di capannelli che si formano man mano e che a loro volta, come il precedente personaggio famoso, acquisiscono massa. Il bosone di Higgs sarebbe appunto questa rottura di simmetria nel campo di Higgs.

Nelle tre dimensioni, e con tutte le complicazioni relativistiche del caso, questo è in pratica il meccanismo postulato da Higgs. Al fine di dare alle particelle una massa, il vuoto si distorce a livello locale ogni volta che una particella si muove attraverso di esso provocando una rottura di simmetria. La distorsione – il raggruppamento del campo di Higgs intorno alla particella – genera la massa.

L’idea arriva direttamente dalla fisica dei solidi. Invece di un campo diffuso in tutto lo spazio, un solido contiene un reticolo cristallino di atomi con carica positiva. Quando un elettrone si muove attraverso il reticolo attrae gli atomi, causando un aumento di massa effettiva dell’elettrone fino a 40 volte più grande della massa di un elettrone libero.

A questo punto Il campo di Higgs postulato è una sorta di reticolo ipotetico nel vuoto che riempie il nostro Universo. Così si può spiegare perché le particelle Z e W che trasportano le interazioni deboli sono così pesanti, mentre il fotone che trasporta le forze elettromagnetiche sia senza massa. Ed è grazie a questa rottura di simmetria del vuoto che le particelle cominciano a interagire fra loro, acquisiscono massa e non possono viaggiare più veloci della luce.

Ma le analogie con la fisica dei solidi non finiscono qui: in un reticolo cristallino ci possono essere alterazioni locali che si muovono al suo interno senza il bisogno del transito di un elettrone che attrae gli atomi. Queste onde possono comportarsi esattamente come se fossero particelle. Queste sono chiamati fononi e anche loro sono bosoni.

Tuttavia, il Modello Standard può spiegare solo il 4% della materia e dell’energia contenute nell’universo.
Si presume che il resto sia fatto di materia oscura (23%) e l’energia oscura (73%). Questo significa che gli atomi costituiscono solo una netta minoranza di questo universo mentre il 96% ancora non è compreso nel Modello Standard, come non lo è del resto la gravitazione, la forza più diffusa nell’universo.

Nonostante i suoi successi predittivi, l’attuale Modello Standard è  una delle più brutte teorie proposte dalla fisica moderna.

Ha più di 19 parametri liberi, 3 serie di particelle ridondanti, 36 diversi tipi di quark e anti-quark, e una variegata collezione di gluoni, leptoni, bosoni, particelle di Higgs, particelle di Yang-Mills, etc.

Questo indica – e sono anche i suoi ideatori ad ammetterlo – che il Modello Standard non è certamente la teoria finale.
Al momento, l’unica teoria matematicamente auto-consistente in grado di fornire un quadro realmente unificato dell’universo è la teoria delle stringhe.

Questa Super Teoria del Tutto  non è ancora stata verificata, ma il Large Hadron Collider può finalmente trovare prove convincenti a favore di questa promettente teoria.

Il prossimo obiettivo per l’LHC potrebbe essere quindi individuare la materia oscura, quella sostanza invisibile che impedisce alle galassie di dissolversi.

 

[1] The God Particle: If the Universe Is the Answer, What Is the Question? http://en.wikipedia.org/wiki/The_God_Particle:_If_the_Universe_Is_the_Answer,_What_Is_the_Question%3F
[2] Gli esperimenti che hanno circoscritto il campo di energie in cui il bosone di Higgs dovrebbe essere rilevabile sono  ATLAS  (116-130 Gev) guidato da Fabiola Gianotti e CMS (115-127 Gev) guidato da Guido Tonelli.
[3] L’uso del condizionale nella domanda mi pare d’obbligo, visto che ancora non sappiamo con certezza se questo bosone esista o meno.
[4] La forza nucleare debole ha un raggio d’azione cortissimo, solo  10 -18 metri.
[5] Politics, Solid State and the Higgs: http://www.hep.ucl.ac.uk/~djm/higgsa.html

Pubblicato originariamente su Il Poliedrico: http://ilpoliedrico.altervista.org/2011/12/oltre-il-modello-standard-e-il-bosone-di-higgs.html

Umberto

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