Blog di Marco Castellani

Tag: bellezza

La danza delle cose

Mi è venuta in mente di nuovo stamattina. Quella incredibile, fantastica canzone. The swing of things. Incredibile perché il testo è poetico e profondo, la musica si sposa veramente bene con le parole – ok, decisamente anni ottanta, come arrangiamenti ed atmosfera – ma poi ha questo salto sublime, diventa delicata e struggente sul ritornello, quasi sospensiva. Lascia respirare le parole. E di respiro ce ne è.

healing
“Healing” (“Guarigione”) di hannah davis.
Chissà quanti la conoscono. Chissà quanti sanno ancora chi fossero gli A-Ha. E chi conosce quella stupenda canzone del loro secondo album (come disse acutamente mio fratello, una delle rare volte in cui il secondo disco è meglio del primo). Una vera gemma lucente, quella canzone. Mah. Suppongo che molta gente non li avrà mai sentiti (al pari dei Grisembergs, magari – anche se il genere è molto diverso). 

Ma andiamo al punto.

Ecco il respiro,  eccolo.
Mi colpiva fitto allora, da ragazzo.
Ancora mi colpisce.

Oh, when she glows in the dark
And I’m weak by the sight
Of this breathtaking beauty
In which I can hide


Che mi piace tradurre così
Oh, quando lei splende nel buio
e sono reso debole dal contemplare
la sua bellezza mozzafiato
nella quale posso nascondermi
L’ultima riga dice tutto, nella quale posso nascondermi. Non c’è posto migliore per nascondersi, per ristorarsi, della bellezza. Perché non affidarsi a questa bellezza è devastante. Non domandarla è assurdo.

Continuo a pensare alla notizia del duplice omicidio all’Aquila. Certo con tutto quello che succede anche in campo internazionale (penso alla atroce tragedia degli ostaggi morti in Algeria) non ci sarebbe da starci troppo sopra. Poi, purtroppo cose come questa non sono certo nuove.

Eppure ci penso.

Metto le mani avanti: non conosco bene i fatti. Non so e non voglio fare analisi psicologiche e sociologiche. Mi preme dire una cosa semplice, veramente una cosa semplice.  La cosa che mi sembra devastante è che la mancanza della percezione del bello, che c’è un bello dove riposare, può essere mortale. E che non è questione di coerenza, di bravura, di niente di tutto questo. Proprio un cavolo di niente. E’ questione di resa, di arrendersi e affidarsi. Di lasciar respirare le cose.

Perché se non avvertiamo questa bellezza cerchiamo soddisfazione ovunque, ovunque. E non abbiamo riposo. E siamo sempre in balìa delle circostanze, non capiamo che le circostanze arrivano per noi, per spingerci ad un lavoro. Può non essere facile, per niente. Se le circostanze non ci piacciono. Ma se non cediamo a trovare un senso in tutto, tutto si fa senza senso: tutto ci urta. E diventa più facile fare delle enormità, siamo meno morbidi e più violenti.

Oh, there’s a worldful out there
Of people I fear

Proprio vero

Cè un mondo intero là fuori
di gente di cui ho paura
Perché siamo onesti, per una volta. Ma cosa rimane, se smettiamo di sognare, di sondare le nostre profondità, se rimaniamo in superficie, se non cerchiamo più un senso a tutto quello che succede? La paura, la paura.

Ieri sono andato al funerale di una donna morta a circa cinquant’anni di tumore. Ecco io davanti a questa cosa posso essere spazzato via, posso perdermi. Posso non capire, magari soltanto chiedere di capire. Ma se sono qui, finché sono qui, devo cercare un senso a quello che capita. Devo.

E chi dice con triste, falsa e fraintesa consapevolezza, occhio, che per noi moderni un senso non c’è vorrei che si rendesse conto che senza senso diventiamo semplicemente matti (almeno io, che ormai mi conosco abbastanza). Perché siamo fatti per un senso, un significato. Abbiamo un cuore grande, un’ansia di compimento stratosferica. Allora! Cavoli, la vita è troppo grande per privarla di un significato. Ci si può scoprire veramente poveretti, vedere magari un ideale e tradirlo millemila volte al giorno, ma non è questo il punto. E che già vederlo è tanto. Tantissimo. Tantissimissimo, come dicono i bambini. Perché vuol dire respirare. E l’umiliazione del tradimento ci cambia, pian piano. Ma non voler vedere niente è devastante (perché in fondo è un’opzione, guardare o non guardare).
E’ urgente, urgentissimo. Ed è una cosa concretissima. Troviamo la bellezza nella quale nasconderci.  Quella bellezza che, riconosciuta, rende morbido il mondo. Quella bellezza dove le cose possono finalmente danzare. Crediamoci, aiutiamoci a trovarla.
But given time I’ll get into
The swing of things

Non percepite la speranza che già brilla dentro il given time ? Io sì! Entrerò piano piano nella danza delle cose. Ci vuole tempo, ci vuole tempo. Piano piano. Ok. Nessun problema. Devo fare un lavoro su di me. C’è una strada da percorrere ma che mi importa se è lunga, ma che me ne frega. L’importante è che ci sia.
Alziamoci ogni mattina con questo ideale: cercare la bellezza e servirla. Diamo senso al mondo: così possiamo portare pace. Non trovo rivoluzione più profonda ed interessante di questa.

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La quinta di Mahler, al Parco della Musica

Graditissimo regalo, quello della mamma. Due biglietti per andare a sentire la Quinta sinfonia di Gustav Mahler, al Parco della Musica, diretta da Valery Gergiev. No, dico: la quinta di Mahler! E poi la prima volta che vado all’auditorum, sono curioso… 
Arriviamo ampiamente per tempo: la “nonna Giuliana” non solo ci ha comprato due costosi biglietti di platea, ma ha completato il meraviglioso regalo con l’offerta di un pomeriggio a casa nostra a guardare la prole, mentre siamo via… Impagabile. Io e Paola gironzoliamo dentro il negozio di libri e dischi (per me non c’è quasi niente di più appagante…), mi prendo l’ultimo libro di Andrea De Carlo (ma non sarà mai bello come “Durante”, temo) poi ci permettiamo pure un piccolo aperitivo al bar davanti all’auditorium.

Ma guarda, si sta avvicinando l’ora di entrare, manca poco alle sei.

Le sedie sono di un bel rosso vivo, spiccano nell’ambiente grande ma accogliente, tutto in legno. Sembra in legno anche il soffitto. E’ grande ma non ti senti sperso; il legno dà calore. E bravo Renzo Piano. Seduti aspettiamo l’inizio. Sono molto curioso. La quinta di Mahler, insomma! 
Si abbassano le luci. Entra l’orchestra, poi finalmente il direttore. Parlo a Paola dell’inserto meraviglioso che ci attende prima della metà del primo tempo, lo descrivo come una cosa modernissima quasi da Pink Floyd, tutti i motivi che si intersecano e si sovrappongono, sfasati: in pratica, un frammento di un paio di minuti di meravigliosa complessità (ascoltando mi viene un paralelleo tra la Quinta e Atom Heart Mother dei Pink.. sì, secondo me si potrebbe sviluppare l’idea…).
Grazie anche a te caro Gustav, per questo bel pomeriggio… 
Arrivano le note. Belle, precise, rotonde. Una valanga di sentimenti tra l’antico e il nuovo, tra la nostalgia per una tradizione grandissima e le irrequietezze sperimentali di nuove forme. Il secolo ventesimo appena cominciato, un linguaggio nuovo. Ogni motivo tematico viene enunciato e immediatamente straniato, stirato, contrapposto ad un altro, in un tappeto di suoni geniale e modernamente inquieto. Ma a differenza di tanta “modernità” altrove ostentata, qui la bellezza c’è. C’è una bellezza e un desiderio di infinito, che cerca e sperimenta forme nuove. La senti, questa bellezza che si veste di abiti nuovi, ti rimane addosso quando anche le note – dopo un’ora e un quarto – finiscono, dopo gli applausi al bravissimo direttore, agli orchestrali (alcuni dei quali – buffo pensarlo ora – abbiamo visto arrivare con i loro strumenti, vestiti “casual”, in moto, in autobus…).
Paola che non è “mahleriana” doc (ovvero, malata persa come me, nda), regge bene il concerto. Facciamo dei commenti su dei passaggi “curiosi”, la percussione delle bacchette, il pizzicato dei violini, il primo tempo che ci piace di più a tutti e due. Altro che l’ultrafamoso adagetto…
Un bel pomeriggio. Prima di tornare ci permettiamo un’altre breve sosta al bar. Andiamo via piano, guardando i locali.  Tornando parliamo della gente che abbiamo visto al concerto; dai più giovani ai più “maturi”, tanta gente diversa unita dalla passione per la bellezza. 
E la sete di bellezza è tale, mi accorgo, che il cuore sempre gioisce, quando poco poco si prova a soddisfarla… 

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La bellezza…


Lost in the Hills
Inserito originariamente da Chip Phillips

L’umanità può fare a meno degli inglesi, dei tedeschi e dei russi, per vivere non ha bisogno né di scienza, né di pane, ma soltanto la bellezza è indispensabile, perché senza la bellezza non ci sarà più niente da fare in questo mondo.

Fedor Dostoevskij


Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo…interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un inno di lode. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile?

S. Agostino

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