Blog di Marco Castellani

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Di ritorno da Bennu

Eccola in dettaglio, la capsula di una cinquantina di chili, ottanta centimetri di larghezza. Sganciata sul deserto dello Utah dalla OSIRIS-Rex, la capsula appare sufficientemente provata dalle altissime temperature sperimentate durante la sua spericolata discesa attraverso la densa atmosfera terrestre. Ma è integra.

La capsula con il materiale proveniente da Bennu, aspetta paziente che venga prelevata ed esaminata… (Crediti: NASA/Keegan Barber)

Come si diceva nell’articolo precedente, contiene un quarto di chilo di regolite prelevata dall’asteroide Bennu. E diligentemente portata sulla Terra.

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Un asteroide per la pace

Appena tornata la capsula con quel pezzetto di asteroide. Cioè 250 grammi di materiale extraterrestre, tutto da esaminare. Molto ci potranno raccontare i campioni, sull’origine del Sistema Solare, molto ci potranno dire di ambienti così lontani da noi. Insomma, abbiamo tanto da fare, da studiare (anche qui in Italia), da capire, con questo quarto di chilogrammo che ci arriva dallo spazio.

La notizia è di questi giorni: la sonda Osiris-Rex, dopo aver prelevato il suo carico dall’asteroide Bennu, ce lo ha riportato a casa. Sorpresa: possiamo ormai toccare mondi lontani e anche tornare indietro portandoci appresso qualcosa. Tutto questo era impensabile solo pochi anni fa.

La capsula di ritorno di Osiris-Rex, poco dopo il suo atterraggio nel deserto dello Utah
Crediti: NASA/Keegan Barbe

Siamo contaminati di universo e anche il nostro pensiero si adegua. Non ci è più permesso di pensarci separati dal cosmo, semplicemente perché è sempre meno vero. I fatti di cronaca smentiscono clamorosamente questo assetto mentale ormai antiquato, ancora così difficile da superare.

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Toccando mondi lontani

Qualcosa di leggermente incredibile sta accadendo. E sta accadendo proprio in questa epoca. In questi mesi, questi giorni (mi verrebbe addirittura da dire, queste ore). Qualcosa che rivoluziona la percezione stessa dell’astronomia, dell’indagine scientifica dei cieli. La quale è sempre stata, lo sappiamo, una indagine sostanzialmente passiva, un registrare il dato come arriva a Terra, e da quello elaborare dei modelli, sempre più raffinati (ma lo sappiamo, pur sempre modelli, ovvero schemi del tipo tutto funziona come se…, ma niente che ci avvicini alla conoscenza totale del mistero della realtà).

Del resto, questa che viviamo – lo abbiamo più volte sottolineato – non è un’epoca qualunque, perché non tutte le epoche sono uguali. C’è una storia in atto, c’è una storia nell’universo e dunque in ogni storia che si rispetti (lo sa bene chi scrive romanzi o racconti) ci vogliono dei punti forti, momenti topici, istanti di svelamento improvviso, azioni repentine, frammenti di comprensione totale. Ogni storia è così, altrimenti diventa fiacca, non è una vera storia. L’universo è una storia perché (secondo i modelli attuali) nasce ad un certo punto preciso, cresce e si modifica: in altri termini, non è sempre uguale a sé stesso, come invece pensavano gli antichi.

Io credo che adesso stiamo vivendo un momento forte, per l’astronomia. Da pochissimo abbiamo una conoscenza dettagliata del cosmo, una conoscenza scientifica, intendo. Possiamo rispondere a domande del tipo quando è nato l’Universo, oppure quanto è grande, in modo plausibile e ragionevole (ed anche, falsificabile). Domande che per anni hanno dimorato esclusivamente nel territorio del mito. Domande che quando io ero bambino erano ancora avvolte in un alone mitico e fantastico, e in pochi anni sono entrate a pieno titolo nella scienza. Dunque tutto è avvenuto in una generazione, tutto sta avvenendo adesso.

Siamo dunque in fase di accelerazione conoscitiva, cosa che comporta un crollo anche di abitudini consolidate. Come quella di osservare il cielo, inteso come unico ambito di raccolta dei dati. Adesso si è aperto un canale più attivo, più partecipativo, che è quello di andare a vedere cosa c’è, cosa accade. Nel posto in cui accade.

Il segno discriminante è ovviamente tracciato dall’Apollo 11 e dagli astronauti che mettono piede sulla Luna, di cui poco tempo fa si è celebrato il cinquantenario. Quello è il punto di svolta, e segna veramente l’inizio di un nuovo approccio. In questi ultimi anni – presenza umana a parte – sonde di ogni tipo sono all’opera nel Sistema Solare (e anche oltre) per recuperare il dato scientifico in situ aprendoci ad una conoscenza che solo la prossimità con l’oggetto del conoscere, rende possibile.

Una immagine della sonda Osiris-Rex a contatto con l’asteroide Bennu (Crediti: OSIRIS-REx, University of Arizona, NASA, Goddard Scientific Visualization Studio)

Un altro punto forte di questa storia di incontri ravvicinati è senza dubbio ciò che è accaduto esattamente l’altro ieri, quando la sonda Osiris Rex della NASA ha prelevato – in una manovra senz’altro tra le più complesse mai tentate – pochi preziosi grammi di polvere e frammenti di roccia dall’asteroide 101955 Bennu, lontano da noi circa ben 322 milioni di chilometri.

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