Blog di Marco Castellani

Mese: Marzo 2012 Page 2 of 3

Inizia la raccolta dati delle sonde GRAIL sul campo gravitazionale lunare

Le due sonde gemelle GRAIL Ebb e Flow (Flusso e Riflusso) hanno dato avvio alla missione scientifica dedicata allo studio della gravità lunare e utilizzeranno una formazione tecnica in volo di alta precisione per realizzarla. I segnali radio che viaggiano tra le due sonde forniscono ai ricercatori misure molto accurate che si tradurranno nella mappa più precisa della gravità lunare mai realizzata finora.  Crediti NASA/JPL-Caltech.

Le due sonde lunari Gravity Recovery and Interior Laboratory (GRAIL) della NASA che sono state battezzate con Ebb e Flow hanno il via alla fase di raccolta dei dati scientifici per mappare il campo gravitazionale lunare con grande precisione, la composizione interna e l’evoluzione del satellite.

“La fase di mappatura e di ricerca scientifica di GRAIL è iniziata ufficialmente martedì 6 marzo 2012 e stiamo raccogliendo i dati scientifici” ha affermato Maria Zuber, Principal Investigator di GRAIL del Massachusetts Institute of Technology a Cambridge.

Tutto il team è estremamente emozionato per questo momento. “I dati sembrano di ottima qualità” ha aggiunto Zuber. L’obiettivo di GRAIL è quello di fornire ai ricercatori una maggiore conoscenza di come la Luna, la Terra e gli altri pianeti rocciosi si siano formati ed evoluti nel corso dei 4,6 miliardi di anni di vita del sistema solare.

Un’altra sonda in questo momento, la sonda Dawn della NASA,  sta mappando il campo gravitazionale dell’asteroide Vesta ad alta risoluzione lungo un’orbita bassa.

Nonostante le oltre 100 missioni inviate sulla Luna c’è ancora molto da conoscere sulla Luna, ha detto Zuber, come per esempio il motivo per cui il lato visibile del nostro satellite sia inondato di magma, o perchè abbia una superficie liscia mentre il lato oscuro sia completamente differente, più ruvido e grezzo.


Il polo sud del lato oscuro della Luna come visto dalla prima immagine inviata a Terra dalla Camera MoonKAM a bordo della sonda GRAIL. Crediti NASA/JPL-Caltech.

GRAIL farà una serie di misure dettagliate dall’orbita lunare con una precisione estremamente grande, entro 1 micron. Questo valore è pari alla larghezza di un globulo rosso umano. Trasmettendo i segnali radio in banda Ka tra una sonda e l’altra e la Terra il lavoro di GRAIL potrà contribuire a svelare alcuni importanti questioni sul nostro satellite.

“Abbiamo lavorato per calibrare l’allineamento delle antenne in banda Ka in modo da stabilire l’allineamento ottimale. Abbiamo verificato i dati della pipeline e stiamo trascorrendo molto tempo nel lavorare con i dati grezzi per assicurarci di aver compreso le sue complessità” ha spiegato Zuber.

Le due sonde stanno volando in tandem intorno alla Luna dopo essere entrate in orbita lunare con delle particolari manovre tra il 31 dicembre 2011 e l’1 gennaio 2012. Gli ingegneri hanno trascorsi gli ultimi due mesi nanovrando le due sonde in orbita più basse, vicino alle regioni polari e quasi circolari ad una altitudine di circa 55 chilometri che sono ottime condizioni per la raccolta dei dati scientifici e allo stesso tempo per il controllo dei sistemi delle sonde.

GRAIL A e B, due mappatori di gravità, sono stati lanciati verso la Luna alla sommità di un razzo Delta II da Cape Canaveral, Florida, il 10 settembre 2011 e hanno compiuto un percorso piuttosto lungo della durata di circa tre mesi e mezzo con un consumo di energia ridotto al minimo per minimizzare i costi complessivi di missione. Gli astronauti dell’Apollo raggiunsero la Luna in soli tre giorni, le sonde GRAIL in tre mesi e mezzo.

 

“Lo scorso 29 febbraio è stata raggiunta l’orbita ideale per raccogliere i dati e l’1 marzo GRAIL è stata posizionata in una configurazione denominata “Orbiter Point Configuration” per testare lo strumento e per monitorare temperature e la potenza. “Quando abbiamo acceso lo strumento si è stabilito un collegamento radio satellite-satellite in modo immediato. Tutti i segni vitali erano normali così che abbiamo lasciato le sonde nella configurazione “Orbiter Point” e da quel momento si è iniziato a raccogliere dati scientifici. Allo stesso tempo abbiamo continuato a eseguire calibrazioni e monitoraggio alla sonda e alla strumentazione di bordo, come le temperature, la potenza, le correnti, i voltaggi, ecc. e tutto sta andando bene” ha affermato Zuber.

La prima mappatura della Luna ottenuta dalla camera MoonKAM a bordo delle sonde GRAIL. Crediti: NASA/GRAIL mission/JPL-Calthech.

Le misure raccolte durante gli 84 giorni di missione saranno utilizzati per creare le mappe più accurate e ad alta risoluzione della faccia nascosta della Luna e del suo campo gravitazionale da 100 a 1000 volte più preciso rispetto al valore ottenuto in passato e permetterà ai ricercatori di dedurrne la struttura interna e la composizione del nostro vicino più prossimo dalla crosta superificiale esterna fino al nucleo più profondo e nascosto.

Dato che un satellite segue l’altro lungo la stessa orbita, le due sonde GRAIL daranno prova delle loro potenzialità con misurazioni di alta precisione nella determinazione di come la distanza cambia l’una rispetto all’altra. Mentre sorvoleranno le zone di maggiore o minore gravità lunare causate dalle caratteristiche visibili come montagne, crateri e masse nascoste sotto la superficie lunare, la distanza tra i due veicoli spaziali cambierà leggermente di volta in volta.

I dati raccolti saranno tradotti in mappe del campo gravitazionale lunare che aiuteranno a svelare informazioni sulla composizione del nucleo della Luna e della sua composizione interna. In particolare GRAIL permetterà di ottenere tre mappe complete sulla gravità nel corso dei tre mesi previsti per la missione che si prevede si concluderà intorno al 29 maggio. Se le sonde sopravviveranno ad una eclisse solare prevista per il prossimo giugno e se la NASA avrà fondi disponibili, allora la missione potrà estendersi per altri tre mesi.

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Il video della sonda Ebb che ha catturato la prima sequenza di immagini con la MoonKAM. Crediti NASA-GRAIL mission-Caltech.

La NASA ha sponsorizzato un concorso pubblico a livello delle scuole americane per la scelta dei nomi da dare alle sonde gemelle, originariamente indicate con GRAIL A e GRAIL B. La IV elementare dell’Emily Dickinson Elementary School a Bozeman, Montana, ha vinto il concorso con la scelta di Ebb e Flow (Flusso e Riflusso). I due nomi sono stati selezionati perchè descrivono in modo chiaro i movimenti delle due sonde in orbita mentre raccolgono i dati scientifici.

Le sonde gemelle GRAIL sono inoltre dotate con una particolare camera chiamata MoonKAM (Moon Knowledge Acquired by Middle school students) il cui scopo è quello di ispirare i ragazzi allo studio delle scienze.  Avendo vinto il concorso nella scelta dei nomi per le sonde, gli studenti della IV elementare dell’Emily Dickinson hanno pure vinto il premio che consiste nello scegliere il primo obiettivo o target sulla Luna per fotografare con le telecamere della MoonKAM, gestite dalla Dottoressa Sally Ride, la prima donna americana a volare a bordo di uno Shuttle.

Una scuola di Padova ha avuto il grande privilegio di essere selezionata tra le varie scuole candidate dalla NASA-GRAIL Mission per ricevere immagini del suolo lunare dalla camera MoonKAM a bordo di GRAIL. Ho fatto la richiesta qualche settimana fa alla NASA seguendo le indicazioni riportate sulla Request. Circa 240 studenti italiani di questa scuola avranno il privilegio di selezionare il sito da analizzare e ricevere informazioni direttamente dalla NASA. Ringrazio il Generale Antonio Cosma e la Prof.ssa Giuliana Clemente per l’onore concessomi in questa memorabile impresa nella ricerca spaziale e nell’arricchimento della conoscenza dell’astronomia tra i giovani.

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La scuola americana che ha vinto in concorso nella selezione dei nomi da dare a GRAIL A e B.

Altre informazioni:

La MoonKAM sulle due sonde GRAIl per gli studenti di tutto il mondo: http://tuttidentro.wordpress.com/2012/03/07/la-moonkam-sulle-due-sonde-grail-per-gli-studenti-di-tutto-il-mondo/

Le prime immagini della Luna dalle sonde GRAIL: http://tuttidentro.wordpress.com/2012/02/03/le-prime-immagini-della-luna-dalle-sonde-grail/

Sito NASA GRAIL: http://www.nasa.gov/grail .
Sito MoonKAM: https://moonkam.ucsd.edu .

Sabrina 

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Che fantastica storia è la vita

Antonello Venditti è un pezzo di Roma. Non puoi pensarlo senza pensare la città, sono legati insieme indissolubilmente. Se cavi via Roma da Venditti non capisci più niente di lui, perdi il quadro di insieme, rimani davanti a mille particolari e diecimila informazioni che non ti spiegano più nulla.

Venditti è anche un pezzo della mia storia personale. Non è che posso andare ad un suo concerto senza che questa storia mi ritorni davanti, si riproponga, richieda di essere accolta, amata. Più amata.

Ci sono delle canzoni che sono intrecciate alla mia storia con Paola. Allora fidanzata, ora moglie. Non posso pensare a canzoni che appartengono a quei due begli album, Cuore e Venditti e segreti, senza che mi parlino della scoperta dell’amore, e dell’amore della mia vita. Sono gli album che uscirono quando cominciavamo a passare insieme le giornate, a confrontarci seriamente la vita. La possibilità di stare insieme per sempre baluginava come sogno luminoso. 

Cinzia cantava le sue canzoni
e si scriveva i testi sul diario
per sentirli veri…

Le vacanze passate in Calabria, tanti dettagli che passano per quelle note e prendono un significato per me, per me soltanto.
Ieri sera al Palalottomatica di Roma, Antonello sembrava in ottima forma, scherzoso e come sempre gran chiacchierone, anche autoironico (il pianoforte che entra sul palco mosso da una qualche attrezzatura, lui che dice “Sembro proprio Guzzanti”). L’omaggio iniziale a Lucio Dalla, la commozione e il rispetto che non sembravano assolutamente affettati, ma reali. Il coraggio di richiedere, all’inizio, un intero minuto di assoluto silenzio. Le citazioni ai fatti di attualità più dolorosi. 
Poi, l’omaggio alle donne, bello, così spontaneamente filtrato nelle sue corde.. sono straordinarie, giocano contemporaneamente in attacco e in difesa. Si alzano, portano a scuola i bambini, lavorano…  
Il suo compleanno era appena il giorno prima, il pubblico (quanto mai variegato in termini di età) che intona compatto un tanti auguri a te… una scena quasi surreale. Una piccola magia.
C’è mestiere, certo, dopo tanti anni. Per forza. Saper toccare le corde giuste, creare empatia. Ma c’è anche e soprattutto il rispetto per il pubblico, lo vedi da come parla, come si muove. C’è un ragazzo di Roma che ha scelto di rimanere un ragazzo di Roma, a sessant’anni passati, con tutti i pregi e i difetti, e la spontanea bella irruenza. 
Perché in questa romanità c’è un attaccamento alla terra, al concreto, alla vita come viene, una sana allergia al razionalismo esasperato. C’è la coscienza di un appartenere, che va ben oltre i confini di una città, che definisce i contorni del sè, permette di guardare.
E’ questo Antonello. Non se la tira più di tanto, e saresti tentato di passar oltre senza indugio, forse. Se non ti sorprendesse con degli squarci clamorosi
E quando pensi che sia finita
è proprio allora che comincia la salita
che fantastica storia è la vita.

E tu pensi che cavoli, ma queste canzoni tanti altri blasonati e rispettati cantautori, ma quando le tirano fuori? Se uno ancora mi dice, sì sì Venditti, io gli farei sentire In questo mondo che non puoi capire, solo per dirne una (no, non l’ha fatta ieri, ma non importa, ne ha fatte tante di belle…)

C’è questo ragazzo che quando si mette da solo al pianoforte, ti dice ora mi sento a mio agio e tu capisci che è vero. Che gli accordi iniziali, la scivolata di quelle note, la voce che intona Io mi ricordo, quattro ragazzi e una chitarra, e un pianoforte sulla spalla non solo hanno lasciato un segno, qualcosa che se giri per Roma la puoi trovare, la puoi annusare nelle piazze, sui monumenti, sui bar, le fontane. Ma ti hanno lasciato un solco dentro, hanno costruito qualcosa, definito qualcosa che ti rimarrà dentro per la vita.

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La NASA propone il lander InSight per scrutare nel centro di Marte nel 2016

La NASA ha proposto il lander Mars InSight (Interior exploration using Seismic Investigations Geodesy and Heat Transport) che effettuerà il foro più profondo mai realizzato sul suolo marziano per dare un chiarimento agli indizi del nucleo di Marte. InSight si basa sulla collaudata sonda Phoenix Mars e il lander ha un design che è simile a quello delle missioni Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) e Gravity Recovery and Interior Laboratory (GRAIL) in questa interpretazione artistica. Crediti: JPL/NASA.

Un lander simile a Phoenix potrebbe produrre il foro più profondo mai realizzato sul pianeta Marte fino ad una profondità di cinque metri e rivelare la natura dell’interno misterioso e del nucleo centrale. Questo progetto è in fase di esame da parte della NASA per un lancio da effettuarsi nel 2016 dal nome InSight.

Il lander InSight dovrebbe essere una missione scientifica a livello internazionale e un quasi duplicato della sonda Phoenix della NASA. Questo è quanto è stato appreso nei giorni scorsi da Bruce Banerdt, Principal Investigator della missione InSight del Jet Propulsion Laboratory della NASA, a Pasadena e proposta su Universe Today.

“InSight è essenzialmente costruito da zero, ma con un progetto che ricorda quello di Phoenix” ha affermato Banerdt. Il team può tenere i costi bassi col riutilizzo delle modelli e dei progetti pionieristici di Phoenix anziché creare un veicolo spaziale completamente nuovo.

Il braccio robotico è simile (ma non identico) a quello di Phoenix. Tuttavia, il sito di atterraggio e gli obiettievi scientifici sono molto diversi dei due lander.

L’obiettivo di Mars Interior InSight sarà quello di analizzare e fare delle ipotesi sulla natura dell’interno del pianeta Rosso. Crediti: JPL/NASA.

Insight avrà una sorta di “suite” formata da tre strumenti, di cui due europei, progettati per scrutare il centro di Marte e per rilevare le impronte digitali dei processi attraverso i quali si formano i pianeti terrestri. Sarà determinata se vi è attività sismica, la quantità di flusso di calore dall’interno, le dimensioni del nucleo di Marte e se il nucleo è liquido o solido.

Le due sonde gemelle GRAIL che determineranno nei prossimi mesi la gravità del nostro satellite sono impostate per avviare una vera e propria indagine dell’interno e del nucleo della Luna all’inizio di questo mese e parecchi membri del gruppo di ricerca sono comuni sia a GRAIL che a InSight.

“Il sismometro (Seismic Experiment for Interior Structure, SEIS, Esperimento Sismico per la Struttura Interna) è di origine francese, costruito da CNES e da IPGP, mentre la sonda del flusso di calore HP3, che sta per Heat flow and Physical Properties Probe, è di origine tedesca costruita dal DLR.

Mars InSight è una missione che ha come obiettivo lo studio della natura e delle dimensioni del nucleo marziano, ancora sconosciuto. Crediti: Kenneth Kremer, Marco Di Lorenzo, Phoenix Mission, NASA/JPL/UA/Max Planck Institute.

Phoenix è atterrato con successo nelle regioni settentrionali nordiche di Marte nel 2008 alla ricerca di potenziali habitat per la vita e velocemente ha scoperto ghiaccio d’acqua e suoli salini che potrebbero essere favorevoli per la genesi e il sostegno della vita extraterrestre.

InSight atterrerà intenzionalmente in un luogo molto più caldo e soleggiato vicino all’equatore, dal clima più mite, per permettere al progetto di durare almeno due anni (un anno su Marte) mentre Phoenix è durato appena cinque mesi nelle zone estremamente più dure della zona a contatto con le parti artiche del pianeta.

“Il nostro luogo di atterraggio previsto è Elysium Planitia” ha affermato Banerdt. “E’ stato scelto per ottimizzare i margini di sicurezza ingegneristici dell’atterraggio della sonda”.
Un sito di atterraggio più equatoriale offre molto più sole per la vita dei pannelli solari che alimentano gli strumenti e l’elettronica.

“Abbiamo obiettivi globali e possiamo fare ricerca ovunque sul pianeta”.

Elysium Planitia non è poi così lontana dai siti di atterraggio dei rover Spirit e Curiosity. InSight è un lander per lo studio della geofisica che ha lo scopo di scavare in profondità sotto la superficie verso l’interno marziano, per verificare la presenza di “segni di vita”. Lo scopo è quello di rispondere a una delle tante domande più importanti nello studio della scienza. Per esempio, come si sono formati i pianeti?

InSight effettuerà gran parte delle sue ricerche scientifiche attraverso esperimenti direttamente a contatto con la superficie marziana. Il braccio robotico preleverà due strumenti che si trovano nel vano del lander e li sistemerà sul suolo.

“Il braccio andraà a prelevare il sismometro SEIS e la sonda che misurerà il flusso di calore HP3 dal ponte e li posizionerà sul terreno accanto al lander. Il braccio non è fornito di trapano, ma la sonda che misura il flusso di calore farà una perforazione di circa 5 metri.

Il terzo esperimento chiamato RISE (Rotation and Interior Structure Experiment, Esperimento di Rotazione e di Struttura Interna) sarà fornito dal JPL e utilizzerà il sistema di comunicazione della sonda per offrire precise misurazioni della rotazione del pianeta e chiarire gli indizi alla sua struttura interna e composizione.

Proprio ora su Marte, la sonda Opportunity della NASA sta conducendo un esperimento radio Doppler simile a quello che è previsto per RISE, ma InSight avrà un grosso vantaggio secondo Banerdt.

“L’esperimento RISE sarà simile a quello che sta compiendo proprio ora Opportunity, ma sarà in grado di farlo molto meglio” ha affermato Banerdt. “Le differenze sono che che avremo più tracce ogni settimana (Opportunity limitato nelle sue capacità nei mesi invernali, questo è il motivo per cui è attualmente fermo) e faremo misurazioni per un intero anno marziano. Da Opportunity avremo solo una manciata di mesi”.

“InSight sarà equipaggiato con due telecamere e farà pure degli esperimenti di meteorologia.
“Abbiamo una telecamera sul braccio e una fissata al ponte, entrambe per supportare principalmente l’immissione degli strumenti sulla superficie anche se saranno in grado di eseguire la scansione del paessaggio intorno alla navicella spaziale. Entrambe sono in bianco e nero” ha aggiunto Banerdt.

“Misureremo la pressione, la temperatura ed il vento, soprattutto per supportare le analisi del rumore sui dati sismici, ma anche fornire informazioni sul tempo”.

Marte ha la stessa struttura interna di base della Terra e di altri pianeti rocciosi di tipo terrestre. E’ sufficientemente grande per avere pressioni equivalenti a quelle registrate sul mantello superiore della Terra e un nucleo con una frazione in massa molto simile. Al contrario, la pressione anche nei pressi del centro della Luna a malapena raggiunge quella appena sotto la crosta della Terra con un nucleo  piccolo e quasi trascurabile. Le dimensioni di Marte indicano che deve aver subito molti degli stessi processi di separazione e cristallizzazione che formarono la crosta terrestre e il nucleo durante i primi momenti di formazione planetaria. Crediti: JPL/NASA.

InSight è una delle tre missioni in lista per essere selezionate nel Discovery Program della NASA, una serie di missioni a basso costo per comprendere il sistema solare con l’esplorazione dei pianeti, dei satelliti e dei piccoli corpi come comete e asteroidi. I team delle tre missioni sono tenuti a presentare relazioni o report finali alla NASA entro il 19 marzo prossimo. “La relazione descrive il progetto della missione così come l’abbiamo affinata nel corso degli ultimi nove mesi a partire dalla selezione della NASA, ossia la Fase 1”. Banerdt e il suo team stanno lavorando freneticamente per ultimarlo.

Quindi, non vi è alcuna garanzia che InSight volerà. A causa dei pesanti tagli di bilancio al PLanetary Science Division della NASA, la NASA stessa ha deciso di cancellare la sua partecipazione in altre due missioni verso Marte, la doppia missione ExoMars che doveva essere realizzata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per due lanci, uno per il 2016 e l’altro per 2018.

Fonte Universe Today: http://www.universetoday.com/93843/nasas-proposed-insight-lander-would-peer-to-the-center-of-mars-in-2016/

Sito di GRAIL: http://moon.mit.edu/ ; GRAIL -Solar System -NASA: http://solarsystem.nasa.gov/grail/home.cfm ; GRAIL NASA: http://www.nasa.gov/mission_pages/grail/main/index.html ; MoonKAM – GRAIL: https://moonkam.ucsd.edu/

Sabrina 

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ESO 510-13. Una galassia con disco storto…Warped Spiral Galaxy ESO 510-13

Come sono venute fuori galassie della forma di ES0 510-13? I dischi di molte galassie a spirale risultano sottili e piatti, non “spessi” o tantomeno “curvi”. Eppure dischi curvi non sono troppo infrequenti, tanto che addirittura la nostra Via Lattea, anche lei, si ritiene abbia un disco caratterizzato da una piccola curvatura.

La galassia a spirale "storta" ESO 510-13 (Crediti: Hubble Heritage Team (STScI/AURA), C. Conselice (U. Wisconsin/STScI) et al., NASA)

interessante sapere che il vero motivo della curvatura delle spirali non è noto, anche se si ritiene che abbia qualcosa a che vedere con le interazioni e le collisioni tra galassie.  ESO 510-13, dista da noi circa 150 milioni di anni luce, ed è “larga” circa 100.000 anni luce.

APOD del 4 marzo 2012This galaxy has just gained a place in the APOD showcase: it is ESO 510-13, and its main peculiarity is the “warped” appearance. It’s about 150 million light years away, and the size is arount 100.000 light years.

More info and picture at http://apod.nasa.gov/apod/ap120304.html 

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ALH84001: le ultime news

I tubicini rilevati sul meteorite ALH84001. Crediti NASA.

Recenti studi pubblicati nei Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS) sul finire del 2011 mostrano che, partendo da nuove più approfondite analisi del meteoriti, si possono fare delle importanti deduzioni sull’ambiente marziano così come doveva essere miliardi di anni fa, all’epoca in cui si formarono i minerali contenuti nella ALH84001.

Quello che è emerso è che un particolare tipo di carbonati si sono formati per precipitazione, in presenza di acqua e anidride carbonica, ad una temperatura di circa 18 °C. Il processo di formazione di questi carbonati deve essere, inoltre, avvenuto ad una temperatura costante, in un deposito di acqua presente nel sottosuolo e soggetto a una graduale evaporazione, a metri o a decine di metri di profondità.

Questo porta a confermare l’ipotesi che Marte, o alcune regioni su esso, fosse un ambiente umido con temperature moderate. Ma, dall’altro lato, si ha ancora la conferma della natura effimera dei depositi di acqua liquida su Marte. Questo fa sì che non sia ancora possibile confermare o meno la presenza di vita su Marte in passato.

Le risposte a queste e ad altre fondamentali domande potranno arrivare solo dalle prossime missioni su Marte, soprattutto quelle che permetteranno di raccogliere dei campioni di suolo marziano per venire poi inviati verso Terra e analizzati nei nostri laboratori.

Sempre nel 2011 alcuni ricercatori del NAI all’Università del Wisconsin stimarono l’età di questo famoso meteorite in 4.091 miliardi di anni, circa 400 milioni di anni più giovane di quanto era stato creduto in precedenza da altre misurazioni. Lo studio mostra che il meteorite deve essersi formato in un momento in cui su Marte c’era acqua e un campo magnetico, due condizioni favorevoli perché la vita si manifestasse e si sviluppasse.

Questa scoperta esclude che ALH84001 sia un frammento della primitiva crosta marziana e allo stesso modo conferma che l’attività vulcanica è continuata su Marte per un periodo molto lungo.

Per ulteriori informazioni:

Sito del PNAS: http://www.pnas.org/

Articoli su ALH84001 pubblicati su PNAS: http://www.pnas.org/search?fulltext=ALH84001&submit=yes

Origins of Magnetite Nanocrystals in Martian Meteorite ALH84001 di K.L. Thomas-Keprta et al., Geochimica et Cosmochimica Acta, Volume 73, Issue 21, 1 novembre 2009, disponibile su: http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0016703709003809

National Astrobiology Istitute della NASA: http://astrobiology.nasa.gov/nai/

Sabrina 

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ALH84001: il riconoscimento delle caratteristiche della vita terrestre


Questa immagine ingrandita, vista nell’ottico, mostra delle strutture insolite a forma di disco di colore arancione e nero che sono fatte di carbonato, un minerale che si forma a bassa temperatura in presenza di acqua. Crediti: Kathie Thomas-Keprta e Simon Clemett/ESCG al NASA Johnson Space Center.

Scaricabile su:  http://fettss.arc.nasa.gov/collection/details/alh84001/ .

Continuazione di “ALH84001, un meteorite marziano ricco di storia” pubblicato ieri, 3 marzo 2012.

Un altro aspetto importante della “biologia marziana” riguarda la scelta dei luoghi dove cercare la vita, ossia dov’è meglio campionare per avere maggiori probabilità di trovare tracce di vita (vicino ad un lago prosciugato, vicino ad un vulcano spento, nelle regioni polari dove si potrebbe trovare acqua sottoforma di ghiacci).

Sempre legata alla “biologia marziana” bisogna anche calcolare il rischio “biologico” nel corso della preparazione delle missioni su Marte con raccolta di campioni: in che modo, per esempio, potremmo riconoscere organismi marziani? E se trovassimo vita su Marte, in che modo dovremmo procedere? Cosa ne faremmo degli organismi alieni? E come potremmo escludere contaminazioni terrestri dei campioni e viceversa?

Il riconoscimento delle caratteristiche della vita terrestre

Una delle prime cose che i ricercatori cercano nel meteorite ALH84001 è qualche traccia di un certo ordine, o una complessità e regolarità strutturale o di comportamento, dato che le entità viventi possiedono un grado di ordine molto più elevato di qualsiasi orologio di precisione. Il grado elevato di ordine nei sistemi viventi è ben evindente nella disposizione regolare del centro di un fiore di girasole oppure nell’occhio di una mosca: entrambi sono costituiti da una serie di singole unità altamente organizzate, ripetute e disposte con una precisione geometrica.

L’ordine risulta quindi una proprietà importante nei sistemi biologici: il disordine, infatti, porta ben presto alla morte di qualsiasi essere vivente se non viene riparato in qualche modo. Per questo motivo i ricercatori della NASA cominciarono a cercare delle strutture di tipo organizzato in sezioni sottili della roccia marziana e furono individuati sottilissimi tubicini di forma regolare (quelli che si possono osservare nell’immagine qui sopra). I risultati portarono ad affermare che queste strutture dovevano rappresentare microfossili (fossili di proporzioni microscopiche), testimonianze di forme di vita pregressa, risultati che furono pubblicati su riviste scientifiche.

Molti altri biologi di tutto il mondo non si trovarono d’accordo con conclusioni così azzardate, poiché i supposti batteri fossili risultavano molto più piccoli del più microscopico organismo vivente terrestre.

Nel 1998 si giunse alla conclusione che per un organismo vivente, come noi lo conosciamo, è impossibile vivere in spazi sferici di diametro inferiore a 200 nm (200 nanometri equivalgono a 200 miliardesimi di metro). I tubolini del meteorite marziano, invece, erano lunghi la metà e larghi un decimo di questo limite. Questo portò a supporre che essi non dovessero essere altro che delle strane formazioni minerali.

I “microfossili” sono risultate delle strutture con un grado di ordine elevatissimo, come lo sono i minerali del resto, ma questo non basta certo a definire che un tempo fossero entità viventi.

Le ultime informazioni su ALH84001 saranno pubblicate domani.

Altri siti dove si parla di ALH84001 (in Italiano) –  Astrocultura UAI: http://astrocultura.uai.it/avvenimenti/meteorite.htm

Ulteriori informazioni (in inglese):

http://www.marsdaily.com/reports/Wet_and_Mild_Caltech_Researchers_Take_the_Temperature_of_Mars_Past_999.html

http://fettss.arc.nasa.gov/collection/details/alh84001/

http://trekmovie.com/2011/03/06/science-supplemental-has-a-nasa-scientist-found-alien-life-in-meteorites-not-likely/

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Un meteorite marziano ricco di storia

ALH84001 in una famosa immagine all’epoca della scoperta. Crediti NASA.

Fu il 27 dicembre 1984 in Antartide quando venne trovata nel bianco mantello di neve una meteorite di origine marziana, caduta sulla Terra oltre 13 000 anni fa dopo un viaggio di oltre 16 milioni di anni. Di circa 1,93 chilogrammi, ALH84001 rappresenta la prima meteorite ritrovata nel 1984 nella zona di Allan Hills, una regione della Terra di Victoria, da un gruppo di ricercatori americani, definiti “cacciatori di meteoriti” che facevano parte del Progetto ANSMET. L’ipotesi formulata dell’origine del meteorite è che all’incirca 16 milioni di anni fa, un asteroide colpì la superficie di Marte e vari frammenti rocciosi vennero proiettati nello spazio. Uno di questi iniziò a vagare nel Sistema Solare fino a precipitare sulla Terra.

Immagine della mappa di Allan Hills disponibile su: http://www.daviddarling.info/encyclopedia/A/AllanHills.html

Nel 1996 venne diffusa la notizia che all’interno del meteorite erano state individuate delle tracce di fossili di organismi di origine non terrestre.

Il primo passo compiuto dai ricercatori fu quello di stabilirne la provenienza. La conferma che questo oggetto extraterrestre dovesse essere di origine marziana venne dall’analisi delle minuscole bolle di aria che conteneva, che avevano la stessa composizione dell’atmosfera di marte, così come era stato verificato dalle sonde Viking I e II nel 1976. La composizione minerale della roccia in questione suggerì che doveva essersi formata circa 4,5 miliardi di anni fa, poco dopo la solidificazione di Marte come pianeta roccioso. Il sistema solare ha un’età di circa 4,6 miliardi di anni.

Questo bastoncello che sembra formato da piccole strutture tondeggianti tutte in fila, venne individuato nel meteorite ALH84001. I biologi ipotizzarono che potesse trattarsi di un batterio fossile, sebbene fosse un centinaio di volte più piccolo di certi batteri terrestri di dimensioni molto ridotte. Crediti NASA.

Dodici anni più tardi, nel 1996, un team di ricercatori del Johnson Space Center di Houston diffuse la notizia che il meteorite conteneva microscopiche strutture fossili vermiformi con un’età di circa 4 miliardi di anni. Questo significava che il pianeta, almeno in passato, aveva ospitato una qualche forma di vita. Altri ricercatori fecero notare che queste tracce dovevano essere riferite a un qualche tipo di struttura minerale.

Il dibattito sulla questione della vita su Marte è ancora molto acceso.

Alcune missioni dell’Agenzia Spaziale Europea e della NASA molto più recenti hanno mostrato che Marte potrebbe ancora avere dell’acqua sotto la superficie, fatto che sarebbe compatibile con qualche forma di vita come la conosciamo noi.

Continua…

Sito del National Astrobiology Istitute della NASA: http://astrobiology.nasa.gov/nai/

Un’animazione su come deve essere avvenuto l’impatto su Marte e la formazione del frammento marziano che ha poi raggiunto la Terra: rsd.gsfc.nasa.gov/marslife/mars01.mpg

Link utili:

Science@NASA: http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2000/ast20dec_1/

Un’età più giovane per ALH84001: http://astrobiology.nasa.gov/articles/rock-of-ages-a-younger-alh84001/

Mappa dei principali siti di ritrovamento di meteoriti in Antartide: http://curator.jsc.nasa.gov/antmet/lmc/Lmc_map.cfm

Sabrina 

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Un miliardo di stelle (di nuovo) …

L’articolo è in inglese, ed è la traduzione di un articolo apparso tempo fa. E’ una prima prova per una sezione anglofona 😉

First I would like to reassure my faithful readers: the question is much less vague than you think! The catalog we are talking about should be created by ESA’s mission GAIA that we have already discussed a few times.

GAIA spacecraft will be launched in May of 2013, and under the five years of activity planned, it will record the positions and velocities of a large amount of astral objects; mostly stars in our Milky Way (but not only). Thanks to the particular system of scanning the sky (derived from the same principles as Hipparcos probe) the eye of GAIA will scan a significant portion of the entire sky. Moreover, a large number of astral objects will be observed not once, but dozens of times. All to the advantage of the accuracy of data collected and the possibility of conducting studies about objects of variable brightness.

At the end of the mission it is expected a catalog of objects of about a billion “rows”; that’s not bad at all if we consider that the census of Hipparcos – to which we still owe much of our current understanding of the Galaxy – numbered “only” 120,000 objects!

Reserving the treatment of extragalactic objects for a next post, let’s see now what Gaia will be able to do for our knowledge of the Milky Way. The points which scientists expect to clarify are the following:

• distance and velocity distribution of all stellar populations of the Galaxy. We know that the Milky Way is a very wide and complex, where there are clusters of stars of different type and origin (even some with external shunt, engulfed by the gravitational pull of our galaxy). A detailed investigation will surely bring many fruits.

• spatial and cinematic structure of the disk and the halo, very important to understand the exact dynamics of formation of the Milky Way and so of galaxies similar to it (large spiral galaxies). a detailed map of the distribution of dark matter derived from analysis of the velocities and

•positions of the stars. Streams of stars in certain directions can say much about the distribution of gravity and consequently of matter, whether it be light or “dark”.

• a rigorous framework for studying stellar evolution and structure formation: studies of stellar evolution are becoming more and more detailed, and they require observational data even for samples of stars that are very “rare”, to verify the predictions concerning, e.g., fast or peculiar evolutionary stages. a large-scale survey of extra-solar planets and small bodies in the Solar System (even one quarter of a million): we will be able to determine the orbits, the rotation period, the main parameters, obtaining a range of information that are essential for understanding the formation of our Solar System and planets in general.

For each object in the catalog we will have, as mentioned, not only the location but also the color and the radial velocities. In case of partly superimposed objects along the line of sight, algorithms are being studied to be able to “separate” the luminous fluxes of the various sources. Will we get “basic” information also about the chemical composition of the stars observed, due to a wideband spectrometry.

Here then is the meaning of the question: what can we do with a billion stars? It’s more than likely, however, that the time taken to the astrophysics community to “digest” the data will be much longer than the time necessary for GAIA to acquire them.

Our own way of thinking about the Milky Way will be soon destined to change, under the pressure of all these new data.

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