Blog di Marco Castellani

Mese: Marzo 2013

Pioggia d’inverno

L’inverno è il tempo del riparo, del nascondimento. Ogni stagione ha il suo sistema di leggi, di valori tipici, di autofunzioni. Ogni stagione riprende il canto politonale dell’universo e lo modula su alcune specifiche frequenze. Esaltando delle particolari armoniche, deprimendone altre.

Così mi pare questo, che a rotazione ogni sensazione, ogni impressione venga portata alla luce. L’inverno mi piace per questo, perché è il tempo della contrazione. Mentre scrivevo l’inizio di questo post la pioggia cadeva ed il vento spazzava e muoveva gli alberi. Una giornata livida, senza dubbio.
Eppure vedere il parco battuto dalla pioggia è come ascoltarne il respiro, percepire il ritmo segreto della sua danza invernale.

Winter Rain - Abstract
Winter Rain (by dibytes on Flickr)

“Stare in casa quando fuori piove fa bene all’autostima”, diceva scherzando il mio figlio quattordicenne, qualche giorno fa. Con la sua giovanile baldanza, fotografava una sensazione che sicuramente è nota a tutti. Potrei chiamarla il ‘senso di tana’, di riparo caldo, di discesa nel sicuro. Come una irresistibile regressione primordiale, come una caverna con il fuoco. Ecco… sono dentro una caverna e sono antichissimo, improvvisamente sono vecchio come la storia dell’uomo. Una caverna che si spalanca davanti ad un mondo ignoto ed incerto, battuto dal vento e dalla pioggia. 
E la casa è una tana e non cerco tanto il fascino della ricerca e l’esplorazione estiva, ma il tepore degli affetti, la sicurezza del rifugio. E stare attenti ad uscire, non prender freddo. Si dice stai coperto ed è come un segno di attenzione vicendevole.
Finalmente non è tutto facile, immediato. Come se la difficoltà, l’avversità metereologica, suggerisse uno stop salutare. Come un malessere – uno di quegli strani e indefinibili malesseri dell’anima – che venisse per dirti ti devi fermare, devi andare più piano: devi prendere tempo per te.

L’inverno è questa evidenza, che devi fare i conti con ciò che è fuori di te. Devi rispettarlo. Fosse pure il clima. Non è tutto a portata di mano, il pensiero angosciante dell’autosufficienza è messo a terra, in maniera salutare. 

Vedi, non uscire, piove. Copriti.
Copriti. Richiamo ancestrale, capace di far tornare bambini.
E’ anche bello tornare bambini, ogni tanto.

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XVI Mostra di Astronomia e Astronautica a Santa Maria di Sala col Gruppo Astrofili Salese

shuttle partenza 8 luglio 2011

Partenza di uno Shuttle. Crediti NASA.

 

Sta per iniziare la XVI Mostra di Astronomia e Astronautica organizzata dal Gruppo Astrofili Salese Galileo Galilei presso la spettacolare Villa Farsetti di Santa Maria di Sala, Venezia. L’inaugurazione avrà luogo il 9 marzo 2013 alle ore 16 e la mostra sarà aperta da domenica 10 marzo 2013 a domenica 17 marzo 2013. Il Presidente Tino Testolina e i soci del Gruppo Astrofili lavorano per molti mesi l’anno alla ricerca di nuove idee e nell’allestimento della stessa.

Sezione della mostra dedicata all’Hubble Space Telescoper. Crediti T. Abbà. 

Per quest’anno si potranno trovare varie attrazioni, tra cui:

Spettacolo al Planetario
Simulazione della Misisone Spaziale Apollo 11
Ricostruzioni in scala del Sistema Solare
Sistemi Terra-Luna e Sole-Pianeti in movimento
Pendolo di Foucault
Mostra promozionale del libro e pubblicistica specializzata
Immagini e suoni dallo spazio
Strumenti di osservazioni
La Fisica dei giochi
Costellazioni e Mitologia, precessione degli equinozi
I colori della luce, la Nube di Oort, la Fascia di Kuiper
Prove pratiche di gravità: bilance e altro ancora
Strumenti di misura del tempo: le meridiane
Osservazione del Sole: macchie e protuberanze
Attività di osservazione del Gruppo Astrofili Sales

Orari di visita al pubblico:

Orario:
Feriale – dalle 9:00 alle 13:00
Sabato e festivi: 9.00 – 20.00
Ingresso: Intero 8,00 euro;    Ridotto 5,00 euro

Villa Farsetti_Masiero

Villa Farsetti, Santa Maria di Sala, dove si terrà la mostra. Sono visibili i modelli di Sistema Solare nell’immenso parco. Crediti: S.Masiero.

La grande sorpresa della Mostra è l’appuntamento con l’astronauta italiano dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) Paolo Nespoli, in programma per sabato 16 marzo 2013 alle ore 16.00 sempre presso la Villa Farsetti. Ingresso aperto al pubblico col costo del biglietto della mostra.

Paolo Nespoli

L’astronauta italiano Paolo Nespoli. Crediti ESA/NASA.

Il 23 ottobre 2007 l’ignegnere Maggiore dell’Esercito Italiano e astronauta Nespoli parte a bordo dello Space Shuttle Discovery, STS-120, in qualità di specialista di missione (missione Esperia per l’ESA). Durante la missione si occupa del coordinamento delle attività extraveicolari (“passeggiate nello spazio”) relative all’assemblaggio del Node 2 – detto anche “Harmony” – nuovo componente multi-funzionale dell’International Space Station (ISS) che è stato prodotto da industrie italiane. Durante la missione l’astronauta Paolo Nespoli ha potuto parlare, oltre che con alcune scuole italiane, anche con il Presidente della Repubblica Italiana Napolitano. In totale Paolo Nespoli è rimasto nello spazio per 174 giorni 9 ore e 40 minuti.

Il 15 dicembre 2010 ritorna a bordo della Stazione Spaziale Internazionale con la Sojuz TMA-20 per la missione MagISStra dell’ESA come ingegnere di volo. Dopo 157 giorni trascorsi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, il 23 maggio 2011 alle 4:27 (ora italiana) rientra sulla Terra a bordo della Sojuz insieme al russo Dmitri Kondratyev e alla statunitense Catherine Coleman, atterrando nelle steppe del Kazakistan e concludendo con successo l’Expedition 27.

L’astronauta italiano ing. Paolo Nespoli parlerà a Villa Farsetti della sua avventura spaziale e presenterà il suo libro: “Dall’alto i problemi sembrano più piccoli”
– Alle ore 10:30 per i ragazzi delle Medie,
– alle 16:00 per il pubblico degli astrofili e appassionati della scienza e della conquista dello spazio.

Endeavour boosters

Lo Space Shuttle con il booster centrale mentre viene spostato sulla rampa di lancio. Crediti NASA.

“A tutti gli astrofili e a tutti gli appassionati di scienze auguro di farsi coinvolgere all’Astronomia quale sintesi dell’interesse, antico quanto l’uomo, a conoscere sempre di più e meglio l’universo che ci circonda.
Fa paura, ma affascina, ci si perde, ma si prende coscienza dei nostri confini e di come dobbiamo amare e rispettare quel limitato ambiente in cui viviamo”.

Il Presidente del Gruppo Astrofili Salese
Tino Testolina

 

Informazioni sul Gruppo Astrofili Salese:

Sito web: http://www.astrosalese.it/

Informazioni sulla Mostra: http://www.astrosalese.it/mostra-di-astronomia-2013.html

Informazioni sull’intervento di Paolo Nespoli a Santa Maria di Sala: http://www.astrosalese.it/notizie/111-dall-europen-astronaut-centre.html

Sabrina

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I crateri lunari ci insegnano a conoscere la Terra

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Il transito della Stazione Spaziale Internazionale davanti alla Luna. Crediti NASA/ISS.

Alcune domande sul nostro pianeta trovano buone risposte se andiamo a cercare altri posti nel nostro Sistema Solare che possono essere del tutto diversi dal nostro. Nel caso dei crateri d’impatto, possiamo cercare di capire quando e come si sono formati osservando quelli che si trovano proprio sulla Luna, l’oggetto più luminoso del nostro cielo notturno.

Studiando i crateri d’impatto lunare sia quelli più giovani che quelli più vecchi i ricercatori possono mettere insieme i processi fisici che hanno avuto luogo durante i momenti violenti della loro formazione, così come la determinazione della frequenza con cui la Terra sperimenta eventi dello stesso tipo. che sono probabilmente molto più numerosi di quelli verificatesi sulla Luna.

Senza un’atmosfera sostanziale, senza un’attività meteo e senza la tettonica, la superficie della Luna è una sorta di macchina del tempo veritiera per gli eventi che avvengono nella nostra regione del Sistema Solare, molto vicino al Sole. Mentre la nostra Terra continua ad evolversi e a nascondere il suo passato, la Luna svela i suoi segreti molto più facilmente ed è per questo che le missioni lunari attuali e future sono così importanti per la ricerca e la scienza in generale.

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Il cratere Linnè. Crediti NASA.

Prendiamo il cratere Linné, per esempio. Si tratta di un cratere giovane di 2,2 chilometri di diametro che si è formato meno di 10 milioni di anni fa, più di quanto l’umanità abbia vissuto sulla Terra, ma un tempo che da un punto di vista della geologia lunare è alquanto recente.

Si riteneva un tempo che il cratere Linné dalla forma circolare, come lo sono gli altri crateri, avesse una forma a ciottola, permettendo così di essere un cratere di riferimento non solo per i crateri lunari ma anche per quelli terrestri. Tuttavia, le osservazioni laser che hanno permesso di fare una mappatura della superficie lunare grazie al Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA che hanno mostrato, all’inizio del 2012, che le cose non stanno proprio così. Linné è al momento molto più simile ad un tronco di cono rovesciato, con un pavimento interno alquanto appiattito e circondato da pareti inclinate che si innalzano per oltre mezzo chilometro dalla sua base.

http://www.youtube.com/watch?v=TSxLCPObzI8&feature=player_embedded

Sul nostro pianeta i processi erosivi del vento, dell’acqua, della terra vengono ben presto a modificare la forma dei crateri simili a Linné, smussandoli, abbassandoli, riempendoli di acqua o eventualmente nascondendoli alla vista con la vegetazione. Ma in un ambiente senz’aria come lo è la Luna,  gli unici agenti atmosferici provengono da altri impatti che mantengono la loro forma per periodi molto più di lunghi, dell’ordine dei milioni di anni. Studiando i crateri giovani in grande dettaglio è stato possibile conoscere meglio che cosa accade quando oggetti di grandi dimensioni colpiscono la superficie, eventi che possono avvenire (e di fatto accadono) abbastanza regolarmente nel Sistema Solare e che possono anche aver permesso di portare la vita sul pianeta Terra.

Si pensa che la maggior parte dei crateri della Luna che vediamo oggi, Linné escluso ovviamente, devono essersi formati entro un piccolo periodo di tempo, tra i 3,8 e 3,9 miliardi di anni fa. Questo periodo, chiamato “Late Heavy Bombardment” (Il Tardo Bombardamento Pesante), ha visto un’alta frequenza di eventi di impatto all’interno del Sistema Solare, non solo sulla Luna, ma anche su Marte. Mercurio, probabilmente anche Venere e la Terra. Infatti, la Terra con una dimensione quattro volte la Luna, deve aver subito impatti molto più frequentemente che hanno portato materiale dal Sistema Solare esterno alla giovanissima Terra, così come aree fuse della superificie, che hanno rilasciato composti come l’acqua che erano rimasti rinchiusi nella crosta e anche la formazione del tipo di ambienti in cui la vita avrebbe potuto aver inizio e uno sviluppo.

Un video interessante:

Fonte UniverseToday: What Craters on the Moon Teach us About Earth: http://www.universetoday.com/99365/what-craters-on-the-moon-can-teach-us-about-earth/

Sabrina

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Omologazione informatica

Ogni tanto ci penso. E’ che chi non ha vissuto il tempo glorioso della sperimentazione probabilmente non può comprendere appieno. C’è stato un tempo nel quale fiorivano diverse piattaforme, si sperimentavano modelli di social network, per ogni paradigma che sembrava farsi strada, vi era tutto un sottobosco di esperimenti più o meno riusciti che avevano i loro sostenitori, e comunque ti facevano capire che c’era ben più di ‘un modo per farlo’. Di modi ce ne erano a decine, ognuno in sana competizione con gli altri.
Ci penso. Penso che Twitter è nato con una struttura così elementare che nessuno gli avrebbe dato mezzo euro di credito. Brevi post di 140 caratteri appena (fatti apposta da poter essere scritti come SMS dal cellulare), nessuna possibilità di commenti, di citazioni di altri. Poi è venuto – dalla comunità degli utenti – il meccanismo della risposta, ottenuto premettendo la “@“ al nome dell’utente al quale si vuol parlare. Poi è stato integrata una dinamica di citazione, di ‘retweet’. Sono arrivati gli hashtag

Oggi Twitter è il paradigma assolutamente imperante per questo tipo di social network. E’ uno standard, non più una particolare realizzazione. E’ come la posta elettronica – non è percepito come un servizio commerciale di un dato fornitore. E’ quel servizio. Basti pensare che quando Benedetto XVI ha aperto il suo microblog, logicamente lo ha fatto su Twitter. Logicamente, realisticamente: perché è “lo” standard per il microblogging (tanto che quest’ultimo termine comincia a perdere di significato, visto che dovrebbe indicare una galassia di servizi per la quale la luce di uno solo offusca tutti gli altri). Onestamente: ogni altra scelta sarebbe sembrata “strana”, non trovate?
Ma prima no. Prima c’erano altre strade, altre vie. Altri modi di vedere il mondo. Ecco, prima c’era Jaiku. Ricordiamocelo. Quando Twitter non aveva ancora nulla, Jaiku aveva messo su un vero sistema di commenti, ad esempio. Non solo. Aveva i gruppi: potevi associarti ad un gruppo con cui condividere un dato interesse, ognuno con il suo forum di discussione. Jaiku inoltre aveva un client per Symbian che – per l’epoca – era davvero un gran bel pezzo di software. L’ho usato sul mio Nokia 73 e vi posso garantire che era splendido. La scommessa per il mercato mobile era stata lanciata. L’alleanza con Nokia (dire Nokia qualche anno fa era come dire iPhone oggi) un’arma formidabile. 
E’ stato un bell’esperimento…  
Poi per qualche motivo la scommessa è stata anche persa. Jaiku è prima stato comprato da Google, poi è defunto. Qaiku – nato sul suo modello – ha subito lo stesso destino. Il mercato è implacabile. E ha leggi a volte imperscrutabili.
Facebook aveva pure i suoi antagonisti. La guerra Facebook – MySpace, chi se la ricorda ora? Chi dice più “cercami su MySpace?”. Senza contare tutti gli altri network che spuntavano come funghi. Bello il periodo che è passato. Ogni giorno c’era una cosa nuova da provare. Fotografie di un passato recente, che sembra già antichissimo. 
Ora il mercato ha scelto. Si è ristretto su Facebook e Twitter (Google+ tenta di entrare in partita, ma non mi è chiaro quanto riesca davvero). Prima era divertente (tanti network con cui giocare, sperimentare) e frustrante (per collegarti con Tizio dovevi registrarti da una parte, con Caio dall’altra…). Ora è efficiente, utile (o inutile), rapido (siamo tutti su Facebook), e… noioso. 
Sì, dal punto di vista tecnico, noioso. Perché abbiamo perso lo stupore e la varietà.  Non abbiamo più che un solo modo di vedere le cose.

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Carnevale della Fisica #40, i risultati

Con questo post ci accingiamo a tirare le fila della quarantesima edizione del Carnevale della Fisica. E’ la seconda volta che il nostro sito ha l’onore e sopratutto il piacere di poter ospitare il Carnevale: la prima volta è stato per la ventisettesima edizione, con il tema Fisica e Letteratura, mentre in questa occasione ci siamo dilettati con un tema affine, Fisica ed Arte.

Abbiamo il piacere di listare dei contributi di indubbio interesse, così preferiamo non rubare altro spazio in discorsi introduttivi e scegliamo di buttarci senza indugio nella lista dei post pervenuti. Nonostante il tema  scelto sia da intendersi come suggerimento e non come obbligo, quasi tutti i contributi si sono attenuti all’argomento da noi indicato. E’ dunque con un piacere ancora più vivo che procediamo alla rassegna, ringraziando in anticipo i partecipanti, e rimandandovi al Carnevale #41che si sta aprendo sulle pagine dell’eccellente blog dell’amico Umberto Genovese, Il Poliedrico (sì, anche se siamo in tempo di Quaresima, possiamo ben dire che – grazie a questa manifestazione – per la fisica è sempre carnevale…). Siamo certi che sarà un’altra edizione eccellente, non mancate di consultare il suo sito!

Apriamo la nostra rassegna… in musica, con il post Helmohltz e la dissonanza redatto da Leonardo PetrilloSeguendo il suo contributo veniamo condotti nell’affascinante analisi della dissonanza in ambito musicale, con tanto di abbondanti esempi presi dalla storia della musica e corredati di una spiegazione fisica approfondita. Lo stesso autore ci fornisce una illuminante sintesi del suo esteso intervento: 

Il post va ad analizzare il rapporto sussistente tra Fisica e Musica. In particolare, l’attenzione è rivolta al concetto di dissonanzaDopo un’introduzione in cui spicca la figura di Keplero, che aveva proposto nell’opera Harmonices Mundi un modello cosmologico di tipo musicale, l’articolo si focalizza appunto sulla descrizione della nozione di dissonanza. Viene illustrata anche la cosiddetta dissonanza sensoriale o tonale, dovuta soprattutto al fenomeno acustico dei battimenti, analizzato nello specifico attraverso un rigoroso formalismo matematico. La narrazione procede con la presentazione delle cosiddette armoniche, cioè frequenze che sono multipli interi di una frequenza fondamentale. Da qui in poi entra in scena il fisico Hermann von Helmholtz, di cui viene delineata la biografia e presentata la sua ricerca in merito alle dissonanze sensoriali, approfondita nel 1965 dai ricercatori di psicoacustica Plomp e LeveltIl post volge al suo termine con l’adagio-allegro dal quartetto n.19 di Mozart, denominato “Quartetto delle dissonanze”.

Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz

Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz

Dalla musica ci spostiamo poi all’arte più in generale, con il post Fisica o Arte redatto da Annarita Ruberto. Ecco come l’autrice stessa ci porta nel mondo magico che si trova all’incrocio tra queste due discipline…

Il titolo non deve stupirvi più di tanto perché, procedendo nella lettura del post, la domanda “Fisica o Arte?” sorgerà spontanea. Fidatevi! Per i più scettici, che non credono alle connessioni tra l’Arte e la Fisica, e più in generale la Scienza, basti pensare che l’Arte può essere considerata come la scienza che rivela la creatività umana e la sua capacità di materializzare la Bellezza. Molti artisti hanno fatto ricorso alla Fisica nelle loro opere. Picasso, ad esempio, ricorre al concetto di relatività einsteniana, superando la geometria euclidea che viene letteralmente “frantumata” in nuovi modi di interpretare lo spazio e la prospettiva. L’introduzione della quarta dimensione, il tempo, rende le sue opere multiprospettiche e calate pertanto in una realtà più completa e complessa. L’opera “Les demoiselles d’Avignon”, il suo capolavoro, introduce il cubismo nella storia dell’Arte.

Les demoiselles d’Avignon- Fonte

Les demoiselles d’Avignon

Ed è soltanto l’inizio di un articolo che ci porta dentro una intrigante carrellata di esempi in cui la fisica si colora di arte e appaga tanto il senso estetico quanto il ragionamento astratto. Arrivati in fondo davvero ci chiediamo, con l’autrice… la domanda Fisica o Arte è giustificata ? Giustificatissima, diremmo noi… 😉

Annarita partecipa poi con altri due articoli, La teoria della Luce di Newton e Mescolanza di colori puri da raggi laser. Nel primo si delinea un interessante approccio alla Teoria della luce di Newton anche per quanto concerne l’avvicendamento storico degli eventi scientifici ad essa connessi. Decisamente da leggere per capire come la ricerca scientifica non procede quasi mai in linea retta, ma è risultato di percorsi a volte tortuosi e anche di accanite dispute tra addetti ai lavoro.

Schizzo di Newton del suo esperimento cruciale (experimentum crucis), in cui la luce del sole è rifratta attraverso un prisma. Un colore viene rifratto attraverso un secondo prisma per dimostrare che non viene ulteriormente modificato. Viene poi  mostrato che la luce è composta dai colori rifratti attraverso i secondi prismi. Fonte dell'immagine: Warden and Fellows, New College, Oxford

Schizzo di Newton del suo esperimento cruciale (experimentum crucis), in cui la luce del sole è rifratta attraverso un prisma. Un colore viene rifratto attraverso un secondo prisma per dimostrare che non viene ulteriormente modificato. Viene poi mostrato che la luce è composta dai colori rifratti attraverso i secondi prismi.
Fonte dell’immagine: Warden and Fellows, New College, Oxford

Nel secondo, si tratteggia un esperimento in cui si osservano tre getti di liquidi di tre diversi colori rosso, verde e blu che vanno a cadere in una bacinella, dove essi si mescolano dando un liquido di colore bianco! Non lasciarsi ingannare dall’apparenza – avverte l’autrice! – perché i colori provengono da un laser rosso, uno verde e il terzo blu posti dietro i tre bicchieri.

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(Image: Alexander R. Albrecht, University of New Mexico)

La scienza comunque non è solo arte, anche se come abbiamo visto con essa ha diversi punti di contatto. C’è un altro aspetto che vale la pena di approfondire: la scienza può mettersi – lei stessa  – al servizio dell’arte. Proprio questo ci insegna il post di Orfeo Morello, La scienza a servizio dell’arte, i sistemi a scansione laser per creare copie di opere da preservare.

Arte e scienza, cosa mai possono avere a che fare tra di loro due mondi apparentemente così distanti? La scienza ha innumerevoli campi di attuazione e anche l’arte non è esente da questa contaminazione. In particolare in questo breve articolo voglio presentarvi un processo che basandosi sulla costruzione di un modello virtuale di opere d’arte, ne permette la duplicazione.

Interessante seguire l’esempio citato nel testo, che si riferisce alla realizzazione di copie di “due preziosi e fragili rilievi” provenienti dalla necropoli di Saqqara e attualmente conservati presso Museo Civico Archeologico di Bologna.

Dettaglio della copia del rilievo del maggiordomo regale Ptahemwia

Dettaglio della copia del rilievo del maggiordomo regale Ptahemwia

La fisica è dappertutto: e come potrebbe essere altrimenti? Ma è interessante esplorare come si possa vedere dal punto di vista fisico un’arte che sembra spesso ignorare le leggi fisiche – o almeno ce ne restituisce sovente l’impressione. dance

Parliamo qui della danzaFisica e arte della danza di Paolo Pascucci ci porta a comprendere – anche attraverso un video – come arte della danza e fisica sono, in realtà, una cosa sola. La premessa è un valido ingresso ad un mondo intrigante… “nonostante il movimento e il ballo siano manifestazioni di giubilo e attività che pratichiamo nei momenti di allegria e benessere, e quindi apparentemente eseguibili da quasi tutti a piacimento in ogni istante, non sono affatto un esercizio semplice.” La cosa sorprendente è quanta parte la fisica e le sue leggi possano avere in una attività apparentemente libera come la danza!

Claudio Pasqua ci conduce ad un viaggio affascinante all’interno dello studio di un artista la cui opera esplicitamente si ispira alla fisica e alla cosmologia in particolare. Vittorio Varré: Big Bang d’artista ci porta dentro l’attività di un artista peculiare e molto interessante. Estraiamo una domanda dall’intervista presente nell’articolo, rimandandovi al post di Claudio per una lettura integrale.

Il Big Bang è un modello cosmologico riguardante lo sviluppo e l’espansione dell’universo. Cosa ha spinto un artista ad occuparsi di questo tema? 

“L’idea di ciò che si avvicina a quella dell’infinito, di uno spazio in continua espansione, una idea che spaventa se pensiamo alle grandezze in gioco. E’ questo che ha ispirato il filo conduttore che lega tra loro queste opere.”

LAMPI DI LUCE 100X80 2010 ciclo big bang  tecnica acrilico su doppi pannelli (particolare)

LAMPI DI LUCE 100X80 2010 ciclo big bang,
tecnica acrilico su doppi pannelli (particolare)

Arriviamo adesso al contributo di Andrea Mameli, che è significativamente titolato Fisica + arte = stupore e piacere. Ecco come l’autore stesso ci presenta il suo interessante lavoro: Il piacere e lo stupore nel momento della contemplazione e della comprensione, in Arte e in Fisica, si possono accomunare e nel caso dell’attività creativa la loro intensità è moltiplicata per 10, forse anche 100 volte. Questo accostamento tra le sensazioni del fisico e dell’artista è qualcosa di profondo e a tratti indescrivibile. Mentre altri tentativi di avvicinamento tra le due manifestazioni del pensiero e della creatività possono risultare meno fondate, più che altro frutto di esercizi effettuati a posteriori, ma non per questo meno interessanti.

"Dinamismo di un cane al guinzaglio" (Giacomo Bella, 1912)

“Dinamismo di un cane al guinzaglio” (Giacomo Bella, 1912)

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Evidenze di strutture frattali sono diffuse ovunque nel corpo umano, polmoni, cervello, sistema circolatorio…

Cambiamo ambito (ma rimaniamo sempre nella fisica) con il post di Felice Russo, Considerazioni allomertriche sembrano indicare un piccolo errore nella formula del BMI proposta dal professore Trefthen. Può essere sorprendente scoprire che nella trattazione accurata dell’Indice di Massa Corporea (in breve, “BMI”) possano entrare anche … i frattali! Un altro esempio di come nozioni matematiche e fisiche possano trovare spazio anche in ambiti apparentemente lontani.

Leggiamo infatti ad un certo punto della trattazione: “L’assunzione che nella formula del BMI vada considerato un esponente 2.5 (o meglio 2.33?) anziche’ 2 significa assumere che il volume del corpo umano scala come un frattale di dimensione pari a ~2.5. L’esponente 2.5 indica che il corpo umano non e’ assimilabile ne ad un piano ne ad un cubo, ma sta nel mezzo. Questo non ci deve sorprendere in quanto sappiamo che tutti noi siamo dei frattali. I nostri polmoni, il nostro sistema circolatorio, il nostro cervello sono tutte strutture frattali. La geometria frattale permette di avere figure geometriche con area finita e perimetro infinito, volume finito e superficie infinita. La maggior parte degli oggetti naturali sono composti da molti differenti tipi di frattali intrecciati uno nell’altro, ed ognuno con una sua dimensione frattale.”

That’s all, folks! Per questa edizione è tutto. Vi invitiamo a seguire i link e leggere per esteso gli articoli che più vi interessano: scoprirete probabilmente dei tesori, come è successo per noi in redazione. Anche questa è la bellezza del Carnevale della Fisica 🙂

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