Blog di Marco Castellani

Mese: Novembre 2013

Perché è importante l’astronomia?

Certo, tutto dipende da come uno guarda le cose. “Da che punto guardi il mondo tutto dipende” diceva una famosa canzone, ed è vero. Così la crisi può essere certamente vissuta, almeno tentativamente, come “opportunità”. In questo caso è una opportunità preziosa per tornare ad alcune domande fondamentali. come si propone di fare un articolo apparso qualche giorno fa su astro-ph (la nota collezione di articoli in forma di preprint), significativo già dal suo titolo: “Perché è importante l’astronomia?” (Why is Astronomy Important?).

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Quanto possiamo trasmettere alle future generazioni, del nostro stupore per il cosmo… Se solo lo manteniamo vivo! 

L’articolo parte subito puntando al nocciolo della questione – ad una delle domande che tante volte ci facciamo perfino noi addetti ai lavori. Combattere la povertà e la fame rimane una priorità a livello mondiale, e ogni attività che non tenti direttamente di risolvere questi problemi può essere difficile da giustificare e (soprattutto) da supportare. Men che mai in tempi come questi, tempi di crisi, appunto. Tuttavia bisogna pure ricordare come “investire nell’educazione scientifica, nella ricerca e nella tecnologia fornisce un considerevole ritorno – non solo economicamente, ma culturalmente e in maniera indiretta per la popolazione in generale – e ha aiutato i vari paesi ad affrontare e a superare le crisi”

Ecco la parola crisi che torna e ritorna, come qualcosa che ci obbliga ad interrogarci sul perché facciamo quello che facciamo. Sul significato di tutto.

Il resto dell’articolo (che suggerisco per chiunque abbia un poco di confidenza con la lingua inglese) si muove essenzialmente su due binari. Da una parte viene illustrata la rilevanza della ricerca astronomica, con una rapida ma significativa carrellata su alcuni esempi di trasferimento tecnologico in campi specifici come ottica ed elettronica (basterebbe citare lo sviluppo di rivelatori CCD, che dai telescopi professionali sono pian piano migrati sull’elettronica di consumo più ampio – ma gli esempi possibili non si fermano certo a questo). Dall’altra non si rinuncia a tentare un discorso più… ambizioso.

Ed è forse questa  la parte più interessante su cui riflettere: sul valore aggiunto dello studio dell’astronomia in sé, al di là delle ricadute tecnologiche. “L’astronomia ha sempre avuto un impatto significativo sulla nostra visione del mondo… Ci sono ancora molte domande inevase in astronomia. La ricerca attuale si sforza di comprendere questioni come ‘Quanto siamo vecchi?’, ‘Qual è il destino dell’Universo’ e forse la più interessante ‘Quanto è unico l’Universo, quanto un Universo leggermente differente avrebbe ancora potuto supportare la vita?'”

Il lavoro si chiude assai significativamente con una citazione dell’astronomo americano Carl Sagan, da The Pale Blu Dot (il riferimento è alla terra vista dallo spazio, un “piccolo punto blu”):

E’ stato detto che l’astronomia è una esperienza che favorisce l’umiltà e la formazione del carattere. Probabilmente non vi è migliore dimostrazione della follia della presunzione umana che questa immagine presa da lontano del nostro piccolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di trattarci l’un l’altro con più gentilezza, e di preservare e custodire questo piccolo puntino blu, la sola casa che abbiamo mai conosciuto”

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Poesia

E’ come una meraviglia perenne, una scintilla sempre pronta ad innescarsi. Custodita tra le pagine di un libro, o tra i files di un computer. Così protetta, sembra quasi innocua, tranquilla. Tranquilla come le cose più tranquille che ci abitano intorno. Con le quali abbiamo fatto ormai un patto di dominio, di usufrutto vicendevole e utilitaristico. Con le cose che – siccome siamo diventati adulti – non ci meravigliano più.
Così abbiamo fatto questo patto, l’abbiamo bevuto come prezzo inevitabile del diventare grandi. Certo, lo sappiamo, è necessario diventare grandi ed anche abbandonare questo rapporto magico con la realtà e le cose. E’ necessario imparare ad usare le cose per come si prestano, non soltanto esserne spaventati od estasiati. Avere l’abilità di costruire. 

A volte nel tentativo di essere adeguati e misurati però perdiamo il contatto con la meraviglia potenziale delle cose.Vediamo tutto a livello di superficie, e a quel livello – alla fine – niente sembra veramente interessante (questo lo dico di passaggio ma è veramente drammatico) Sarà perché siamo fatti per un livello diverso forse?

Così a volte il sistema di geometria cartesiano che (in apparenza) regola il mondo ci diventa improvvisamente strettissimo. Almeno per me è così. Cerco una possibilità di morbidezza, di sperdutezza diversa, che non si trova nella quotidianità. Oppure che dalla quotidianità è stata cacciata, nel tentativo di una maggiore efficienza, di una più netta incisività. Perdendo forse l’umano. 

Photo Credit: eperales via Compfight cc

Quello che mi colpisce della poesia è che la vedo come una porta di accesso – sempre ed instancabilmente aperta – ad un sistema di comprensione delle cose diverso: forse più sfuggente, dai contorni più indistinti, ma certo meno angusto del mio. Una comprensione delle cose più affermativa, più intrinsecamente affermativa, anche nelle composizioni più cupe. E’ anche un accesso veloce e possibile a tutti.

Non serve nessuna preparazione particolare, non serve alcuna erudizione: provare per credere. C’è qualcosa di incredibilmente moderno in questa velocità. E insieme di antichissimo. E’ l’elaborazione di un senso – di un legame tra le cose e gli uomini, e tra gli uomini stessi – in una delle sue forme più pure, più facilmente assimilabili. Mi viene da parlarne come un farmaco, o forse – come è stato detto – come bene comune.



E’ buffo che un’epoca così veloce come la nostra non frequenti molto le poesie. A differenza di altre forme di espressività letteraria, si prestano benissimo ad essere veicolate su web. Perfino su Twitter possono girare efficacemente scampoli di ottima poesia: c’è gente che in meno di centoquaranta caratteri ci ha lasciato dei capolavori, delle epifanie sconvolgenti. E forse, leggendo certi frammenti di Saffo, o di Ungaretti, nella loro drastica brevità sembra proprio di trovarci di fronte ad una sorta di tweets ante-litteram. 

Così la poesia rimane una risorsa per noi uomini distratti. Una risorsa che noi spesso non consideriamo. Ma non importa. Mi verrebbe da dire, non fa nulla.

Perché tanto lei c’è. 
E potrà sempre riaccadere.

Potrà sempre succedere che ritrovi quella strana meraviglia; che leggendo poesie – scorrendo i versi di un poeta o una poetessa magari a me sconosciuti – senta scendermi dentro quelle misteriosa e dolcissima tranquillità che tante volte mi manca, senta risuonare il mio cuore di una corrispondenza tanto incredibile quanto insperata, come un dono che superasse l’attesa.

E sarà di nuovo come affondare le mani in una meraviglia,
vicina ma spesso celata.

E sarò colpito.

Tanto che alzando gli occhi dal libro mi accadrà di nuovo, di vedere il mondo e gli oggetti consueti, con una luce diversa: più carica della incredibile bellezza di questa nostra imperfetta umanità… 

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Un pianeta simile alla Terra “caratterizzato” dal Telescopio Nazionale Galileo

Kepler-78b

Una rappresentazione artistica di Kepler-78b. Crediti: TNGHarutyuryan.

Kepler-78b è un pianeta al di fuori del nostro Sistema Solare che orbita attorno ad una stella di tipo solare nella Costellazione del Cigno, a circa 400 anni luce di distanza dalla nostra stella. Finora gli astronomi sono stati in grado di caratterizzare più di 1000 esopianeti, ma Kepler-78b è davvero speciale. Secondo lo studio pubblicato su Nature pochi giorni fa, questo oggetto ha una massa e una densità molto simili a quelle della nostra Terra. Gli autori dello studio, un team internazionale di astronomi guidati da Francesco Pepe dell’Università di Ginevra e formato da membri che provengono da vari Istituti di Svizzera, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, affermano che Kepler-78b è formato di roccia e ferro, proprio come la nostra Terra. Cosi´, Kepler-78b è ora il più piccolo esopianeta scoperto per cui sono noti sia la massa che il raggio.

Kepler’78b e’ stato individuato dal Telescopio Kepler della NASA. Kepler ha rilevato la piccola variazione di luce della stella ospite causata dal passaggio del pianeta davanti ad esso. Poco dopo la scoperta, il Telescopio Nazionale Galileo (TNG), telescopio italiano che si trova a 2400 metri sul livello del mare a La Palma, Isole Canarie, ha puntato la stella madre del pianeta. In particolare, il team scientifico di HARPS-N ((High Accuracy Radial velocity Planet Searcher in North hemisphere)), uno degli spettrografi più precisi al mondo montato al TNG, ha deciso di concentrare le osservazioni su Kepler-78b. Una campagna osservativa molto intensa durante i mesi primaverili ha dato buoni frutti. Sfruttando le caratteristiche uniche e l’accuratezza di HARPS-N, il team ha misurato la leggera oscillazione della luce stella ospite causata dal pianeta intorno ad essa quando transita di fronte ad essa. Si sono ricavati i valori di massa e di densità che sono simili alla Terra. Un team diverso ha osservato con il telescopio del Keck alle Hawaii. Le misure dei due differenti team concordano fra loro, aumentando così la sicurezza del risultato.

Emilio Molinai, Direttore del TNG e uno degli autori dell’articolo sottolinea l’importanza di usare HARPS-N: “Siamo particolarmente orgogliosi della performance del TNG e di HARPS-N in quanto dimostrano che la scoperta del pianeta gemello della Terra sta diventando sempre più fattibile. Un particolare ringraziamento è doveroso alle persone dello staff che l’ha reso possibile”.

Kepler-78b ha un raggio di soli 1,17 volte quello della Terra, mentre la massa è di solo 1,86 volte quella terrestre. Questi numeri comportano una densità di 5,57 grammi per centimetro cubo e implicano una composizione di roccia e ferro, rendendo Kepler-78b il pianeta extrasolare più simile alla Terra finora conosciuto. Tuttavia, Kepler-78b ha un brevissimo periodo orbitale, di soli 8,5 ore, e quindi orbita ad una distanza ravvicinata alla sua stella ospite. Ciò significa che la temperatura sulla superficie del pianeta dovrebbe aggirarsi intorno ai 3000-5000 gradi, il che esclude ogni possibilità di vita come la immaginiamo sulla Terra.

Kepler-78b è destinato a svanire dato che le forze mareali lo attireranno sempre di più vicino alla sua stella madre. Alla fine si sposterà così vicino che la gravità della stella che lo farà a pezzi. Questo potrebbe accadere entro tre miliardi di anni, secondo le previsioni dei teorici. “E’ interessante notare che il nostro Sistema Solare potrebbe aver avuto un pianeta come Kepler-78b. Se fosse stato così, il pianeta sarebbe stato distrutto precocemente durante l’evoluzione del sistema senza lasciar alcun segno oggi” ha affermato Emilio Molinari.

Anche se non vi è alcuna possibilità di ospitare la vita, la scoperta e la caratterizzazione di Kepler-78b, un pianeta simile alla Terra come dimensioni, massa, densità e composizione è un grande salto in avanti nella ricerca di forme di vita extaterrestre. HARPS-N produrrà risultati sicuramente più sorprendenti, che ci permetteranno di ricavare un quadro sempre più completo della formazione ed evoluzione di pianeti extrasolari e un giorno potremo forse trovare un pianeta abitabile con caratteristiche simili alla Terra.

Fonte TNG – Telescopio Nazioinale Galileo – An Earth-like planet characterized by HARPS-N at the TNG, di Gloria Andreuzzi: http://www.tng.iac.es/news/2013/10/30/exoplanet/

Altre informazioni: ANSA in English – Italians help discover most Earth-like planet – http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/english/2013/10/30/Italians-help-discover-most-Earth-like-planet_9545869.html

Media INAF- Così simile al nostro pianeta – http://www.media.inaf.it/2013/10/30/cosi-simile-al-nostro-pianeta/

Telescopio Nazionale Galileo – http://www.tng.iac.es/

Sabrina

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Oggi, un’eclisse solare ibrida alquanto rara

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Eclisse solare ripresa da Clifton Beach a Queensland, Australia (13-14 novembre 2012). Crediti: Camilla the Rubber Chicken e UniverseToday.

L’ultima eclisse del 2013 si avrà oggi, domenica 3 novembre. Sarà la quinta eclisse dell’anno (comprese le eclissi lunari), e la seconda eclisse solare del 2013. Sarà anche l’unica eclisse che presenza un assaggio di totalità.

Questa eclisse infatti è una varietà ibrida estremamente rara, ossia un’eclisse anulare per i primi 15 secondi prima di passare ad una fase di totalità, mentre l’ombra della Luna si muove sulla superficie della Terra a causa del movimento combinatao della rivoluzione della Luna e della rotazione della Terra. Successivamente, il disco solare viene completamente oscurato. Quando la distanza tra la superficie della Terra e della Luna aumenta, l’eclisse è di tipo anulare, quando tale distanza diminuisce l’eclisse diventa totale (per la quasi perfetta uguaglianza dei diametri angolari in cielo di Sole e Luna).

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L’animazione del percorso dell’eclisse solare ibrida del 3 novembre 2013. Crediti: NASA/Goddard Space Flight Center.

Quanto rare sono le eclissi solari ibride? Delle 11 898 eclissi solari elencate nei 5 000 anni di storia dal 1999 a.C. al 3 000 d.C. nel Five Millennium Catalog of Solar Eclipses di Fred Espenak, solo 569, ossia il 4,8% sono ibride.

L’eclisse sarà visibile nelle regioni settentrionali dell’America del Sud, nella costa orientale degli Stati Uniti fino alle Marittime Canadesi: qui si avrà una breve eclissi solare parziale, 30 minuti dopo il sorgere del Sole (alba locale). L’anello di fuoco anulare inizia solo a 1000 chilometri ad est di Jacksonville, Florida, quando l’ombra si sposterà verso est attraverso l’Atlantico. Successivamente verrà interessata l’Africa in particolare le nazioni del Gabon, Congo, Uganda, Kenya, Etiopia e Somalia e il sud del Mediterraneo. Sarà visibile in Spagna, Isole Canarie (eclisse parziale), Grecia e alcune regioni arabe. Purtroppo, l’eclisse di Sole non sarà visibile dall’Italia se non parzialmente e limitatamente al meridione con un massimo pari al 5% del diametro del Sole coperto.

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L’eclisse di Sole ripresa a Maitland Downs, Queensland, Australia (13-14 novembre 2012). Crediti Robert Hollow/CSIRO e UniverseToday.

Questa particolare eclisse fa parte del ciclo di Saros 143, membro 23 delle 72 eclissi del ciclo. La prima eclisse di questo Saros è avvenuta il 7 marzo 1617, l’ultima si avrà il 23 aprile 2897.

La timeline dell’eclisse solare ibrida del 3 novembre 2013 secondo l’Universal Time (ora di Greenwich):

10.04 UT inizia la fase parziale dell’eclisse.

11.05.17 UT inizia la fase anulare dell’eclisse.

11.05.36 UT transizione dell’eclisse da anulare a totale lungo il suo percorso.

12.46 UT il punto di massima eclisse (Liberia) lungo le coste dell’Africa. Il cammino è lungo 57 chilometri con una durata massima per la totalità di 1 minuto e 40 secondi.

14.27 UT finisce la fase di totalità dell’eclisse.

15.28 finisce la fase di parzialità dell’eclisse.

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Protuberanze, loops di plasma sono stati osservati lungo il bordo solare durante la fase di totalità (13-14 novembre 2012). Crediti: Shahrin Ahmad e UniverseToday.

Si consiglia di non guardare mai il Sole ad occhio nudo ma di utilizzare speciali lenti (gli occhialini da eclisse sono da preferire). L’osservazione diretta del Sole causa danni irreparabili alla retina, che portano alla cecità.

Alcuni consigli in inglese sull’eclisse di oggi:

Fonte UniverseToday – Rare Ibrid Solar Eclipse on November 3 2013 – How to see it: http://www.universetoday.com/105651/rare-hybrid-solar-eclipse-on-november-3-2013-how-to-see-it/

Altri riferimenti: Eclisse ibrida del 3 novembre 2013 – Astroturismo – http://astroturismo.uai.it/index.php/Eclisse_ibrida_del_3_novembre_2013

Sabrina

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Un trio stellare di fantasmi dallo Spitzer Space Telescope

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Nello spirito di Halloween, alcuni ricercatori hanno reso pubblico un tris di spettri stellari catturati in luce infrarossa dal Telescopio Spaziale Spitzer della NASA. Tutte e tre le strutture spettrali, chiamate nebulose planetarie, sono in realtà materiale espulso da stelle oramai alla fine della loro evoluzione.

“Qualcuno potrebbe pensare a delle immagini inquietanti” ha affermato Joseph Hora dell’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics, Cambridge, Mass., Principal Investigator del programma di osservazioni Spitzer. “Cerchiamo nelle immagini il significato storico della perdita di massa delle stelle  e per comprendere come si siano evolute nel corso del tempo”.

Tutte le stelle di massa solare terminano la loro evoluzione dopo alcuni miliardi di anni dalla loro formazione, quando l’idrogeno nella regione centrale si esaurisce e la stella perde gli strati più esterni diventando una gigante rossa. Quando la luce ultravioletta proveniente dal nucleo della stella viene ad eccitare gli strati esterni espulsi, i bagliori il materiale risplendono, mostrando le belle forme di luce.

Questi oggetti nelle loro fasi finali, denominati nebulose planetarie, furono chiamate così in modo sbagliato per la loro somiglianza con i pianeti da William Herschel nel 1785. Sono disponibili in una vasta gamma di forme, come illustrato da queste tre immagini nell’infrarosso, ottenute da Spitzer Space Telescope. Il materiale spettrale tenderà ad espandersi nello spazio in poche migliaia di anni prima delle definitiva dissolvenza nel buio dello spazio.

La Nebulosa Cranio Esposto  (Exposed Cranium Nebula)

Alcuni scienziati dello Spitzer Space Telescope hanno denominato questa nebulosa Exposed Cranium, dalla sua forma che ricorda quella del cranio umano. Questo oggetto, che si trova a circa 5000 anni luce di distanza dalla Terra nella costellazione della Vela, ospita una calda massiccia stella nella fase finale della sua evoluzione che sta rapidamente perdendo la sua massa. Le parti interne della nebulosa, che appaiono molli e di colore rosso in questa immagine, sono costituite principalmente da gas ionizzato, mentre il guscio verde esterno è più freddo, composto da molecole di idrogeno.

La Nebulosa Fantasma di Giove 

Il Fantasma di Giove, anche conosciuto come NGC 3242, si trova a circa 1400 anni luce dalla Terra nella costellazione dell’Idra. L’occhio infrarosso di Spitzer mostra l’alone più esterno e più freddo della stella “morente”, qui in rosso. Inoltre, sono evidenti degli anelli concentrici intorno all’oggetto, frutto del materiale che viene buttato fuori periodicamente durante le fasi finali della stella.

La Nebulosa Piccolo Manubrio

Questa nebulosa planetaria, denominata NGC 650 o il Piccolo manubrio, si trova a 2500 anni luce dalla Terra nella Costellazione del Perseo. A differenza delle altre nebulose sferiche, presenta una forma bipolare o di farfalla a causa di una “cintura” o di un disco di materiale spesso, che va dal basso (a sinistra) verso destra. Forti venti portano lontano il materiale dalla stella, sotto e sopra il disco di polvere. Le nuvole verdi e rosse sono composte di molecole di idrogeno incandescente. L’area verde è più calda rispetto a quella rossa.

Fonte JPL-NASA – A Ghostly Trio From NASA’s Spitzer Space Telescope – http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2013-312

Le immagini ad alta risoluzione si trovano sul JPL/NASA: Nebulosa Cranio  (a sinistra): http://www.jpl.nasa.gov/images/spitzer/20131028/B-PMR1.jpg

Fantasma della Nebulosa Giove (al centro): http://www.jpl.nasa.gov/images/spitzer/20131028/C-NGC3242.jpg

Il piccolo manubrio (a destra): http://www.jpl.nasa.gov/images/spitzer/20131028/D-NGC650.jpg

L’immagine è disponibile su: NASA Archive – Death Beckons Three Aging Stars: http://www.jpl.nasa.gov/images/spitzer/20131028/D-NGC650.jpg

Sabrina

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