Blog di Marco Castellani

Categoria: Testi

Lavori di Marco Castellani

Stato fondamentale

Follia inutile è il cercare
di non migrare non
decadere sullo

stato fondamentale.

Quale senso nel restare
aggrappato
al margine incerto di un proposito se è
uno sforzo quando è solo
uno sforzo,

come appena può piegare
la linea magnetica del campo,
se tutto non è una pace.

Poi chini sorprendersi a mormorare
nell’ombra segreta del chiostro con
strana dolce fiducia d’acqua pietà di me
peccatore…

Da “In pieno volo” (Ilmiolibro, 2014)

Disegno di Davide Calandrini (diritti riservati)

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Darsi Pace

Ogni giorno è sempre il
primo giorno,
di questo lavoro ed è tutto

ancora nuovo e non importa
non ci importa affatto
quante volte cadi se una
o dieci cento mille (che di questo
nulla rimane, sai) ma

soltanto resta l’adesione a questo
lavoro cordiale
(da sempre, in tua attesa)
piacevole ed impegnativo
che può far la vita bella.

Di nuovo, bella.

Da “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018). Disegno di Davide Calandrini (diritti riservati)

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In pieno volo

Così dicevi nel giardino spazzato dal sole
prima di andare, forte e lieve della
tua più fonda età.

Salutandomi ricordavi
mi raccomando non smettere
non smettere di scrivere.

Non smettere. Parole che rimanevano appese.
Appiccicate dentro, arrese.
Acciottolate strette

restano, tuttora.

Non smettere.


Da “In pieno volo” (Ilmiolibro, 2014)


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C’è un vento

C’è un vento
fuori

muove gli alberi forte
nella sera.

Con mia moglie
più volte guardiamo
dalla finestra.

C’è luce in casa,
un quieto sostare

nella domenica
che ormai declina.

Protetta nel silenzio
é la mia opera:

addomesticare l’inquieta paura,
dicendo di sì:
sì vieni, sì, va bene, sì.

E’ questo il mio lavoro, sì.

Alimentando placidamente
un tranquillo desiderio
della Sua perenne compagnia.

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Imparare a fiorire

Non sapevi, timida,
verificare la sequenza limpida
d’ogni segmento esploso, eroso
in questa spietata e petrosa
intersconnessione.

Sapevi appena questo – come
adatta, adattata dalla pratica
resa morbida dalla
pratica, resa quasi morbida quasi
meno aspra, dalla costante
pratica.

Sapevi di questo lavoro
che ripesca gioia dove
non avevi sentore, fin tra il tuo
stesso identico
odore oppure

ti fermi feconda in quell’oppure
gravida ormai di formula e azione nel tuo
stare e pensi oppure,
il lavoro.

O il lamento o il lavoro non
c’è infatti terreno in mezzo e l’attesa
ricama l’intimo compimento come

parto d’un mondo terminale, che
nelle tue mani giunte già
ricomincia a
fiorire.

Da “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018)

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