Blog di Marco Castellani

Tag: Nebulosa di Orione

Rigel, la grandissima

Brillante, decisamente blu, supergigante nelle dimensioni. La stella Rigel fa bella mostra di sé nella Nebulosa di Orione, in questa immagine. Nella classifica delle stelle più brillanti nel cielo notturno, si trova saldamente al numero sette.

La stella supergigante Rigel
Crediti immagine: Rheinhold Wittich

Il colore blu di Rigel indica che è molto calda, anche più calda della rivale Betelgeuse, per quanto entrambe le stelle supergiganti siano abbastanza grandi per finire i loro giorni in supernova, disperdendo – come vedevamo proprio ieri – gli strati esterni nello spazio ma probabilmente lasciando al centro un nuovo buco nero, formato dal collasso della materia più interna, su sé stessa.

Loading

Caos nel centro di Orione

Sembrerebbe più un titolo da prima pagina che una notizia astronomica: tuttavia non si riferisce a tafferugli in qualche centro città, ma all’ambiente spumeggiante e attivo, piacevolmente caotico, che si trova al centro della Nebulosa di Orione.

La stupenda Nebulosa di Orione. Crediti: NASA/JPL-Caltech STScI

Sono zampilli gassosi di idrogeno, zolfo e vari idrocarburi che cullano una delicata e stupenda collezione di stelle bambine in questa immagine composita della Nebulosa, ottenuta combinando dati di Hubble con quelli del Telescopio Spaziale Spitzer. La vista nel visibile e in banda ultravioletta di Hubble rivela che idrogeno e zolfo sono stati riscaldati dalla intensa radiazione che proviene dalle stelle giovani e di grande massa. Con Spitzer che indaga in infrarosso, possiamo vedere l’interno della nuvola, la parte più ricca di gas e polvere.

C’è un gioco di squadra ormai indispensabile per proseguire nell’esplorazione dello spazio. Le informazioni che ci giungono dal cielo richiedono un ascolto complesso e variegato, che possiamo ottenere solo mettendo insieme diversi strumenti. Ovvero, collaborando.

Tanta strada è stata fatta dalle prime fotografie (già stupende) della Nebulosa, tanta ancora ne possiamo fare. Mettendo mano a questa opera comune, che riguarda tutti, che possiamo senz’altro chiamare (ri)scoperta del cielo.

Loading

Centodiciotto anni più tardi…

Oggi è così, ma non è sempre stato così. Oggi certo, siamo abituati a catturare immagini facilmente, di qualsiasi cosa. Abbiamo sempre con noi uno smartphone che dispone ormai di un apparato fotografico di soddisfacente qualità, in modo che non ci stupisce più il fatto di andare in giro catturando immagini di mondo, di quel mondo che i nostri nonni si accontentavano – quasi sempre – di vedere con gli occhi, e basta.

Tra l’altro, è ben noto che i telefoni cellulari – e le moderne macchine fotografiche – siano equipaggiate con quelle CCD (nome che sta per Charge Coupled Device, ovvero Dispositivo ad accoppiamento di carica) che sono state ideate e sviluppate proprio in ambito astronomico.

Tutto questo, lo sappiamo, è storia di oggi. Ed appunto, non è sempre stato così. E non parlo della preistoria tecnologica, tutt’altro. Quando il sottoscritto iniziava a muovere i primi suo passi nel mondo dell’astronomia, per dire, le immagini dal cielo venivano ordinariamente registrate su lastre fotografiche. Con tutti i problemi di linearità, saturazione, rumore, che ogni buon astrofilo potrebbe spiegarvi (e spiegarci, anzi).

E’ utile allora tornare un attimo indietro, fare storia, capire la strada fatta, ed anche le meraviglie che già si potevano realizzare tanti anni fa, attrezzati di entusiasmo e dedizione.

Eccone certamente una, di autentica meraviglia.

Crediti: George Ritchey, Yerkes Observatory – Digitization Project: W. Cerny, 
R. Kron, Y. Liang, J. Lin, M. Martinez, E. Medina, B. Moss, B. Ogonor, M. Ransom, J. Sanchez (Univ. of Chicago)

E’ una fotografia della Nebulosa di Orione, realizzata appunto sopra una lastra fotografica. Eravamo all’alba del secolo che si è concluso, nel 1901. Sono passati ben centodiciotto anni, due guerre mondiali e tante altre cose (anche meno drammatiche, grazie al cielo), ma l’immagine conserva tutta la sua carica di meraviglia. Per la cronaca, l’autore fu un certo George Ritchey, astronomo e costruttore di telescopi.

Il bello, è che abbiamo ancora tantissimo materiale in lastre fotografiche (spesso a largo campo) che risultano molto utili per le ricerche attuali: esse naturalmente vengono digitalizzate con grande cura per poi poter esplorarne il contenuto informativo – a volte preziosissimo.

Perché in fondo, ogni vero futuro inizia così: con i piedi ben piantanti nel passato.

Loading

Al cuore (oscuro) di Orione

Verso il centro di questo enorme, magnifico quadro cosmico- proprio al cuore della Nebulosa di Orione – si trovano quattro stelle di grande massa, note complessivamente come Il Trapezio. Radunate insieme, accorpata in una regione larga appena un anno luce e mezzo, sicuramente dominano il cuore della spettacolare nebulosa.

Crediti: Data: Hubble Legacy Archive, Processing: Robert Gendler

Non è tutto così tranquillo come potrebbe sembrare: perlomeno, non lo è stato. L’Universo infatti, di suo, è un posto abbastanza dinamico, dove le cose non rimangono a lungo nel loro stato di quiete. E’ un posto di trasformazione, prima di tutto (tanto che anche noi, guardandolo, ci trasformiamo, irresistibilmente).

Così non ci sorprende il fatto che recenti studi ci mostrano come questa nebulosa, tre milioni di anni fa, fosse molto più compatta, si fosse insomma tutti un po’ più strettini, tanto che le collisioni stellari in questo ambito così affastellato, potrebbero aver formato un buco nero, di una massa complessiva pari a circa cento volte il nostro Sole.

E lui rimane lì: non si vede, ma si capisce che c’è. Gli indizi in questi casi sono sempre indiretti, non avendo possibilità di carpirne alcuna luce. Ad esempio, è molto probabile che le alte velocità osservate per le stelle del Trapezio siano dovute proprio alla presenza del buco nero, e alla sua fortissima attrazione gravitazionale.

Che poi, visto che la Nebulosa di Orione dista da noi circa 1500 anni luce (un’inezia, dal punto di vista cosmico), questo renderebbe chiaro che stiamo parlando proprio del più vicino buco nero che si conosca. 

Buon per noi, che tra la Terra e questo oggetto così particolare (e alla cui attrazione difficilmente si può sfuggire) ci sia quel tanto di spazio che basta, per vivere tranquilli. 

Loading

In viaggio dentro la nebulosa di Orione…

E’ una delle nebulose più brillanti nel cielo. Ed è, anche, la zona di formazione stellare a noi più vicina. Parliamo della Nebulosa di Orione, che si estende per circa ventiquattro anni luce, ad una distanza da noi tale che la sua luce impiega più di un millennio per raggiungerci.

Un particolare del “viaggio” dentro la Nebulosa di Orione. Crediti: NASA, ESA, F. Summers, G. Bacon, Z. Levay, J. DePasquale, L. Frattare, M. Robberto, M. Gennaro (STScI) and R. Hurt (Caltech/IPAC)

E’ certamente uno degli oggetti più fotografati del cielo, e si è più volte guadagnato i suoi momenti di celebrità. Eppure può ancora riservarci delle sorprese. Adesso, ad esempio, possiamo finalmente goderci una esperienza ben più immersiva rispetto alla semplice osservazione delle immagini, grazie alla capacità tutta moderna di manipolazione dei dati grezzi.

Mettendo insieme informazioni acquisite dal Telescopio Spaziale Hubble e da Spitzer, l’altro telescopio nello spazio che opera in banda infrarossa, possiamo infatti imbarcarci per un vero viaggio all’interno della nebulosa. Un viaggio dove possiamo finalmente apprezzare la meravigliosa complessità di questa enorme fabbrica di stelle, con la conformazione delle diverse zone di gas tale da regalarci panorami davvero suggestivi.

Esiste dunque una complessità intrinseca dell’Universo (complessità che non di rado si tramuta una inedita percezione di bellezza) che iniziamo ad apprezzare appena ora, perché appena ora la qualità e abbondanza del dato scientifico viene a rendere possibili ricostruzioni evocative come quella che oggi proponiamo.

In un certo senso, riusciamo ad umanizzare l’Universo, perché lo conosciamo molto meglio di prima, e ci possiamo permettere – finalmente – di organizzare le conoscenze per adeguarle alla natura della percezione umana. E’ un passaggio quasi epocale che sta avvenendo, un passaggio che, in un certo senso, trasporta lo spazio cosmico in un contesto ben più familiare, consentendo una percezione più amichevole.

E questo, come ben possiamo prevedere, è appena l’inizio.

Loading

Godersi l’universo di Hubble in 3D…

L’immagine che riproduciamo qui sotto rappresenta un vasto canyon di polvere e gas: siamo nella Nebulosa di Orione, o meglio in un suo modello tridimensionale costruito basandosi su osservazioni del Telescopio Spaziale Hubble, e creato da da esperti di “visualizzazione scientifica” del Space Telescope Science Institute (STScI) in Baltimora (USA). Nella fattispecie, è stato realizzato un filmato che conduce gli osservatori uno stupendo viaggio di quattro minuti attraverso il canyon, largo la bellezza di quindici anni luce (ovvero, un pò di più dei canyon a cui siamo abituati…).

Il viaggio non è – decisamente – dei più consueti: si consideri infatti che porta i visitatori attraverso l’eccitante scoperta dell’interno della Nebulosa di Orione, ovvero una “fabbrica di stelle” sorprendentemente efficiente, che si trova a circa 1500 anni luce da noi. E non è un “gioco spaziale” di ultima generazione, ma una realizzazione astronomica e grafica di tutto rispetto: l’odissea spaziale cinematica è parte del nuovo film Imax “Hubble 3D” (del quale ha già parlato la nostra Sabrina in un post recente)  da pochissimo in distribuzione nei cinema con tecnologia Imax sparsi per il mondo (per ora non sembra si abbiano date certe per l’arrivo in Italia; comunque appena ne veniamo a conoscenza ne daremo conto in questo sito!).

Attraverso la Nebulosa di Orione, in uno spettacolare  viaggio a  tre dimensioni…

Crediti: NASA, G. Bacon, L. Frattare, Z. Levay, and F. Summers (STScI/AURA)

Il film attraverserà in circa tre quarti d’ora i 20 anni di vita e la splendida carriera di Hubble, includendo naturalmente i dettagli della recente missione di “ringiovanimento” del telescopio, avvenuta a maggio dello scorso anno e coronata da uno splendido successo (che contempla tra i suoi punti forti il montaggio della nuova Wide Field Camera 3, già “responsabile” di meravigliose immagini di oggetti celesti).

Bene, l’argomento è decisamente “appetitoso”: le scoperte di Hubble nel suo ventennio di attività – riportate in vari articoli su web, anche in questo sito – sono tali e tante che decisamente il loro contributo all’astronomia non corre il rischio di essere sovrastimato! Che altro aggiungere, se non un “ci vediamo al cinema?” 😉

NASA Press Release

Loading

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén