I dati della sonda Chandra mostrano, per la prima volta, che le galassie più distanti contengono più AGN di quelle più vecchie e vicine…

I due ammassi di galassie, conosciuti con le sigle CL 0542-4100 e CL 0848.6+4453, sono parte di un campione sfruttato per valutare la frazione di galassie contenenti al loro interno buchi neri in rapido accrescimento, conosciuti anche con il nome di nuclei galattici attici (o AGN, dalla terminologia inglese).

Nell’immagine Chandra di questi due ammassi, il rosso corrisponde a raggi X di bassa energia, il verde di energia intermedia, il blu indica i raggi X più energetici. In ognuno dei due campi, sono stati individuati ben cinque AGN (anche se uno di questi pare non sia membro dell’ammasso). Gran parte degli AGN sono sorgenti blu, come atteso, poiché è noto che tali oggetti sono capaci di produrre raggi X molto energetici.

La cosa interessante è che i dati mostrano, per la prima volta, che gli ammassi più distanti contengono assai più AGN rispetto a quelli più
vicini a noi (e più antichi). Difatti, i quattro ammassi di galassie nel campione “lontano”, inclusi i due mostrati in figura, sono istantanee
di quando l’Universo aveva poco più dell’ottanta per cento dell’età attuale: è stato valutato che gli ammassi più lontani contengono circa 20 volte più AGN rispetto a quelli meno distanti..

La ragione di questa differenza è radicata nella storia dell’Universo stesso: diversi miliardi di anni fa, le galassie contenevano assai più gas e polveri per la formazione stellare, e i buchi neri potevano “crescere” in maniera decisamente più rilevante di quanto accadeva in epoche più recenti, essenzialmente a motivo della grande quantità di “combustibile” presente.

La cosa è pienamente in accordo con il quadro teorico di evoluzione dell’Universo, come lo conosciamo ora, ed è comunque una rilevante conferma “sperimentale” delle previsioni della teoria.

Chandra Press Release

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