Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2009

L’enigmatica asimmetria nei laghi di Titano

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova / INAF – Osservatorio Astronomico di Padova

 Emisfero nord e sud di Titano

 L’emisfero nord e sud di Titano che mostrano una notevole disparità tra l’abbondanza di laghi in quello nord e la loro scarsità in quello sud. Le ipotesi sono a favore della presenza un flusso di idrocarburi volatili, in prevalenza metano, che si manifesta su tempi di scala lunghi da un emisfero all’altro. Recentemente, si osserva che la direzione del flusso di metano va dall’emisfero sud a quello nord, ma l’effetto si sarebbe invertito decine di  migliaia di anni fa. Crediti: NASA/JPL/Caltech/UA/SAR.

 

Ricercatori del California Institute of Technology del Jet Propulsion Laboratory della NASA, in collaborazione con altri Enti di ricerca, suggeriscono che l’eccentricità dell’orbita di Saturno intorno al Sole possa essere responsabile della distribuzione alquanto insolita dei laghi nelle regioni polari nord e sud di Titano, il maggiore tra i satelliti di Saturno. I risultati di questo studio sono stati pubblicati lo scorso 29 novembre su “Nature Geoscience”.

L’orbita un po’ oblunga di Saturno intorno al Sole espone parti differenti di Titano a quantità differenti di luce solare, influenzando i cicli di precipitazioni ed evaporazione in quelle zone. Simili variazioni nell’orbita della Terra sono in grado di influenzare i cicli delle ere glaciali su tempi scala molto lunghi che si registrano sul nostro pianeta.

Dai dati raccolti dal Synthetic Aperture Radar della sonda Cassini della NASA, laghi di metano liquido ed etano nell’emisfero nord di Titano, e che si vengono a trovare ad alte latitudini, coprono un’ara che è circa venti volte maggiore di quella coperta dai laghi nell’emisfero sud, sempre ad alte latitudini. I dati della sonda Cassini mostrano pure che quelli dell’emisfero nord sono solo parzialmente pieni, ora praticamente vuoti.
Nei dati raccolti col radar la superficie dei laghi appare scura in quanto liscia, mentre le superfici accidentate, quali possono essere i letti di un lago vuoto, appaiono più chiare.
Questa asimmetria non è probabilmente un caso fortuito da un punto di vista statistico, se teniamo conto della grande quantità di dati raccolti da Cassini nei cinque anni trascorsi a fare continue survey delle superfici di Saturno e delle sue lune.

Gli scienziati inizialmente avevano portato avanti l’idea che “ci fosse qualcosa di intrinsecamente differente tra la regione polare nord e quella sud da un punto di vista topografico, come se quel liquido piovesse, drenasse o si infiltrasse nel terreno molto di più in un emisfero” come afferma Oded Aharonson del Caltech, primo autore dell’articolo apparso su Nature Geoscience.

Tuttavia, Aharonson fa osservare che non vi sono sostanziali differenze conosciute tra le regioni nord e sud tali da supportare questa ipotesi.
Un modo alternativo per spiegare il meccanismo responsabile di questa dicotomia a livello di regioni può essere quello di origine stagionale. Un anno su Titano dura 29.5 anni terrestri. Ogni 15 anni terrestri le stagioni su Titano s’ invertono, così che si ha estate in un emisfero e inverno nell’ altro. Secondo le ipotesi delle variazioni stagionali, il metano che cade sottoforma di pioggia o che evapora varia a seconda delle stagioni. In tempi recenti ha riempito i laghi nella parte nord e asciugato quelli della parte sud.

Ma c’è un problema. Aharonson afferma che questa idea può tener conto della diminuzione di circa un metro all’anno della quantità di liquido dei laghi nell’emisfero durante l’estate. Ma i laghi di Titano sono profondi in media qualche centinaio di metri e non si potrebbero scaricare o riempire in soli 15 anni. Inoltre, la variazione stagionale non può tener conto della differenza tra i due emisferi del numero di laghi vuoti. La regione polare nord ha un numero di bacini secchi circa tre volte quello della regione polare sud, e circa sette volte il numero di laghi parzialmente pieni.

Il meccanismo stagionale può essere responsabile di una parte del trasporto globale di metano liquido, ma non basta” continua Aharonson. Una spiegazione più plausibile è legata all’eccentricità dell’orbita di Saturno intorno al Sole e, di conseguenza, di quella di Titano, il suo satellite.

Come la Terra e gli altri pianeti, l’orbita di Saturno non è perfettamente circolare, ma ha una forma piuttosto ellittica e obliqua. A causa di questo, durante l’estate nell’emisfero sud, Titano è circa un 12% più vicino al Sole che non durante l’estate nell’emisfero nord. Come risultato, le estati nell’emisfero nord sono più lunghe e non molto calde rispetto a quelle che si registrano nell’emisfero sud, dove sono più brevi e intense.

Abbiamo pensato che in questa configurazione orbitale, la differenza tra l’evaporazione e le precipitazioni dl metano non sono uguali per le opposte stagioni, il che implica che vi sia un trasporto netto di metano da sud verso nord” afferma Aharonson. Questo mancato bilanciamento porterebbe a un accumulo di metano – e a una maggiore formazione di laghi – nell’emisfero nord.

Tuttavia, questa situazione vale solo oggi. Su un periodo di tempo dell’ordine di decine di migliaia di anni, i parametri dell’orbita di Saturno variano, facendo sì al contempo che Titano si venga a trovare più vicino al Sole durante la sua estate all’emisfero nord e più lontano nella sua estate nell’emisfero sud e producendo un trasporto di metano netto opposto. Questo comporterebbe un aumento di idrocarburi e un’abbondanza di laghi nell’emisfero sud.
Come la Terra, Titano ha subito per decine di centinaia di anni variazioni climatiche dovute al moto orbitale” continua Aharonson. Sulla Terra queste variazioni conosciute come cicli di Milankovitch sono legate ai cambiamenti nella radiazione solare che condiziona la re-distribuzione globale di acqua nella forma di ghiacciai, e sono creduti essere pure responsabili dei cicli delle ere glaciali.
Su Titano ci sono cicli climatici molto lunghi nel movimento globale del metano che permettono laghi e bacini di laghi. “Abbiamo trovato un esempio di cambiamento climatico a lungo termine su un oggetto del sistema solare che è analogo a quello del ciclo climatico di Milankovitch sulla Terra”.

Per ulteriori informazioni sulla missione Cassini, visitate il sito: http://www.nasa.gov/cassini oppure: http://saturn.jpl.nasa.gov/index.cfm. L’articolo di questa strana asimmetria è disponibile alla pagina web del Jet Propulsion Laboratory: http://www.jpl.nasa.gov/news/news.cfm?release=2009-180 .

Sabrina Masiero

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Collisioni tra due galassie che «alimentano» un buco nero

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova /INAF- Osservatorio Astronomico di Padova

Collisione tra due galassie

La collisione in corso tra le due galassie NGC 6872 e IC 4970 sta alimentando il buco nero supermassiccio al centro di IC 4970. Crediti: NASA/CXC/SAO/ M. Machacek (per i dati in X); ESO/VLT (per i dati nell’ottico); NASA/JPL/Caltech (per i dati nell’infrarosso).

Questa immagine, ottenuta dalla sovrapposizione di numerosi dati raccolti da tre telescopi differenti, mostra una collisione in corso tra due galassie, in particolare tra NGC 6872 e IC 4970. I dati in X del Chandra X-ray Observatory della NASA sono rappresentati in porpora, mentre i dati infrarossi ottenuti dallo Spitzer Space Telescope sono in rosso; quelli nell’ottico, ottenuti dal Very Large Telescope (VLT) dell’ESO (European Southern Observatory) sono in rosso, verde e blu.

Dallo studio delle galassie relativamente vicine vi sono evidenze osservative che al centro della stragrande maggioranza di esse risieda un buco nero supermassiccio.
Non solo sembra che le galassie e i buchi neri coesistano, ma apparentemente appaiono pure intimamente connessi nella loro evoluzione. Per meglio comprendere questa relazione simbiotica, gli astronomi hanno posto la loro attenzione ai buchi neri che si accrescono rapidamente, i cosiddetti nuclei galattici attivi (AGN), per studiare come questi vengano influenzati dal loro ambiente galattico circostante.

I dati più recenti di Chandra e di Spitzer mostrano che IC 4970, la piccola galassia che si osserva nella parte alta dell’immagine, contiene un AGN, ma pesantemente avvolto nel gas e nella polvere. Questo implica che i telescopi ottici, come il VLT, non riescono a osservare nulla; tuttavia la radiazione in X e infrarossa può penetrare questa sorta di velo e rivelare la luce prodotta dal materiale riscaldato prima di cadere nel buco nero (che si osserva come una sorgente puntiforme luminosa).

A parte il gas e la polvere che oscurano e circondano la galassia IC 4970, i dati di Chandra rivelano anche che non c’è gas sufficiente in essa come carburante per la crescita dell’AGN. Allora, da dove arriva il materiale che rifornisce il buco nero?
La risposta sta nella galassia vicina, NGC 6872.

Queste due galassie si vengono a trovare nel pieno del processo di collisione e l’attrazione gravitazionale da parte di IC 4970 è probabile abbia strappato del gas caldo dal serbatoio della galassia compagna, NGC 6872 (che si osserva in modo ben evidente nei dati di Spitzer), fornendo in questo modo del nuovo carburante per alimentare il grande buco nero supermassiccio.

Per ulteriori informazioni, si visiti il sito della NASA alla pagina: http://www.nasa.gov/mission_pages/chandra/multimedia/photo09-103.html .

Sabrina Masiero

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Amore che muove…


Amore e gioia – Love and joy
Inserito originariamente da gigilivorno

Se ami, sei più te stesso, la tua personalità è esaltata. Quanto ho sbagliato pensando l’amore come cosa per i piu’ giovani. Ora capisco che e’ una attitudine, una scelta, qualcosa di necessario ad ogni eta’.

La società moderna, nel suo aspetto di deriva verso lo scientismo e razionalismo, ritiene (senza teorizzarlo esplicitamente) che la logica e il ragionamento possano sostituire l’amore e l’affezione, perlomeno nell’età più adulta. In questo coltivando forse una illusione di autonomia e autodeterminazione per l’individuo, intendendo in ultima analisi “libertà” con “assenza di legami”. Però così diventa instabile, tentando di negare un motore potente dell’agire umano. Come una macchina che lavorasse senz’oli: non scorre bene, pulita. Tanto è vero che, quasi per una sorta di contrappasso, esalta incondizionatamente, come in un impeto nostalgico, la parte insintuale e più giovanile dell’amore, pure importantissima, ma così portata per così dire da questa stessa esaltazione “fuori quadro”.

A mio modo di vedere, la società attuale fatica a comprendere che ogni uomo, in ogni istante, ha bisogno di amore e può dare amore, in una rosa di possibili modalità che vanno ben oltre la sfera sessuale (senza per questo, negarla o svilirla, o peggio operare una sorta di rimozione psicologica).

L’amore vero tocca ogni corda dell’essere umano, lo risana. Per dirla tutta, ho l’impressione che la rimozione della trascendenza come fattore di impatto “reale” nella vita quotidiana, tentata dalla società moderna (e anche questa, quasi mai teorizzata esplicitamente), svilisca l’importanza stessa dell’amore, nella vita dell’uomo.

Mi pare di avvertire che la possibilità dell’amore dell’uomo per l’altro essere umano, si ripari e abbia come una sponda nella relazione di amore per un Altro, con la maiuscola (“Senza che Cristo sia presenza ora – ora! – io non posso amarmi ora e non posso amare te ora”, diceva Luigi Giussani). Abbiamo forse perso la cognizione che sempre, in ogni condizione di angoscia o solitudine, si è oggetto di amore, e si può corrispondere all’amore.

“L’amor che move il sole e l’altre stelle” (Dante)

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Suzaku e la riserva di metalli rari più grande nell’Universo

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova / INAF- Osservatorio Astronomico di Padova

 Immagine 1 Suzuku

L’ammasso di galassie del Perseo contiene 190 galassie che si estendono su circa 225 milioni di anni luce. Crediti: Robert Lupton e la “ Sloan Digital Sky Survey Consortium”.

 

Ogni cuoco conosce molto bene gli ingredienti per fare il pane: farina, acqua, lievito e … Naturalmente il tempo. Ma quali ingredienti chimici si trovano nella ricetta del nostro universo?

La maggior parte di essi è costituita da idrogeno ed elio che vengono ad occupare i primi due posti nella famosa tavola periodica degli elementi.
Meno abbondanti, ma molto più familiari, sono i cosiddetti elementi più pesanti, che vengono dopo l’idrogeno e l’elio. Questi “mattoni fondamentali”, come il ferro e altri metalli, si possono trovare in molti oggetti di uso quotidiano, dall’orsacchiotto di pezza dei propri figli alla teiera da cucina.

Recentemente un gruppo di astronomi, utilizzando l’Osservatorio orbitante in X, Suzaku, gestito in collaborazione tra NASA e Agenzia Spaziale Giapponese, ha scoperto quella che potremmo definire la riserva di metalli rari più grande nell’universo.
Suzaku ha rilevato gli elementi cromo e manganese mentre stava osservando la regione centrale dell’ammasso di galassie del Perseo. Questi atomi (o metalli), fanno parte del gas caldo del mezzo intergalattico, che si viene a trovare tra le galassie.
Questa è la prima volta che viene trovato del cromo e del manganese in un ammasso” rivela Takayuki Tamura, astrofisico del Japan Aerospace Exploration Agency che ha portato avanti la ricerca. “In precedenza, questi metalli erano stati rilevati solamente nelle stelle della nostra Galassia o in altre galassie. Ora sono stati scoperti anche nello spazio intergalattico“.

Il gas dell’ammasso è estremamente caldo tanto da emettere radiazione X. Gli strumenti a bordo di Suzaku hanno scomposto la radiazione X nelle sue varie componenti in lunghezza d’onda, ottenendo uno spettro,  una sorta di impronta chimica dei tipi e delle diverse quantità di elementi presentinel gas.
Con il campo di vista di Suzaku si è potuto osservare una parte dell’ammasso che corrisponde a circa 1.4 milioni anni luce, pari ad un quinto dell’estensione totale di esso, contenente una grande quantità di atomi pesanti: il cromo è circa 30 milioni di volte superiore alla massa del Sole; il manganese come quantità espressa in massa solare, arriva all’incirca a 8 milioni.

immagine 2 Suzuku

Questa immagine dell’ Hubble Space Telescope mostra la galassia  NGC 1275, che si trova nel centro dell’ammasso del Perseo. I filamenti rossi non sono altro che del gas freddo soggetto al campo magnetico.  Crediti: NASA/ESA/Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration.

 

Sono le supernove a formare gli elementi più pesanti. Esse, inoltre, sono responsabili degli “outflow”, i cosiddetti superventi  o”superwind”, che trasportano elementi pesanti nello spazio intergalattico quasi completamente vuoto di particelle.
Dalla misura delle abbondanze dei metalli è possibile capire la storia chimica delle stelle nelle galassie, per esempio il numero e il tipo di stelle che si sono formate e quante di esse sono esplose nel passato” continua Tamura.
Lo studio dei dati ricavati da Suzaku rivela che almeno 3 miliardi di supernove devono aver prodotto la quantità di cromo e manganese misurata. E su periodi dell’ordine di miliardi di anni, i “superwind” devono aver trasportato i metalli al di fuori dell’ammasso di galassie depositandolo nello spazio intergalattico.

Una storia completa dell’universo dovrebbe includere una comprensione di come, quando e dove gli elementi pesanti si sono formati, elementi chimici essenziali del resto alla vita stessa. Lo studio compiuto da Suzaku porta un notevole contributo a quello che potremmo definire “censimento chimico del cosmo”.
E’ una parte della comprensione dell’intera storia chimica della formazione degli elementi nel nostro universo” precisa Koji Mukai, a capo del Suzaku Guest Observer program, presso il Goddard Space Flight Center della Nasa, a Greenbelt, Md.
Al momento sono noti oltre 10.000 ammassi di galassie e gli astronomi hanno appena iniziato questo tipo di lavoro. “Il risultato di Suzaku non può rispondere alle grandi domande, ma si tratta sicuramente del primo grande passo verso la comprensione chimica della storia dell’universo” conclude Tamura.

Immagine 3 Suzuku

Questa immagine dall’ Japanese Advanced Satellite for Cosmology and Astrophysics rivela un bagliore dovuto al gas che raggiunge i 100 milioni di gradi Fahrenheit che avvolge l’ammasso del Perseo. Il rettangolo bianco indica l’area esplorata dal telescopio in X, Suzaky, e che ha permesso di rilevare il cromo ed il manganese. L’immagine è larga circa 2 gradi, che è circa quattro volte la larghezza apparente della Luna piena. Crediti: JAXA.

 

Lo studio è apparso il primo novembre scorso su “The Astrophysical Journal Letters”.
Per ulteriori informazioni:  Suzaku Snaps First Complete X-ray View of a Galaxy Cluster alla pagina web:  http://www.nasa.gov/mission_pages/astro-e2/news/xray_cluster.html .

Sabrina Masiero

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Esplorando la galassia con “Cromoscopio”

Alcuni astronomi dell’Università di Manchester e di Cardiff hanno appena reso disponibile un nuovo affascinante modo di esplorare la galassia. Il nuovo strumento è raggiungibile online, è stato chiamato Cromoscopio (Chromoscope, in inglese) e permette a chiunque di esplorare la Via Lattea o le zone più remote dell’Universo, in maniera più facile e divertente di quanto fosse possibile finora.

Il sito può mostrare il cielo in un ampio intervallo di lunghezze d’onda, dai raggi gamma di alta energia fino alle lunghezze d’onda più lunghe tipiche delle onde radio.

Una visione a varie lunghezze d’onda della Nebulosa di Orione
Crediti: University of Manchester website

Il principale sviluppatore del progetto, Stuart Lowe (Università di Manchester) ribadisce che Cromoscopio è un progetto di natura  collaborativa.

“Cromoscopio usa dati da un insieme di osservatori, che includono il radio telescopio gigante a Jodrell Bank” ha detto “questo permette alle persone di esplorare le connessioni tra il cielo notturno che vediamo con i nostri occhi e il cielo che gli astronomi esplorano a diverse lunghezze d’onda, come il radio e l’infrarosso”.

Robert Simpson, membro del progetto (da Cardiff) aggiunge:

“Cromoscopio getta nuova luce sugli oggetti a noi familiari, come la Nebulosa di Orione, la più vicina zona ove nascono nuove stelle. Questa visione dell’Universo è stata familiare agli astronomi professionisti per lungo tempo, ma Cromoscopio la rende accessibile a chiunque”.

Il sito di Cromoscopio è stato presentato alla dotAstronomy Conference a Leiden, in Olanda. dotAstronomy è la più grande conferenza annuale al mondo dedicata ai lavori che combinano la ricerca astronomica di punta con le ultime tendenze nelle tecnologie web.

Senza dubbio uno strumento interessante, che si va ad aggiungere ai diversi modi in cui – grazie alle tecnologie più recenti – è diventato davvero possibile farsi una idea abbastanza precisa del lavoro degli astronomi “di professione”, mediante soltanto un computer connesso a Internet, e (soprattutto) tanta curiosità e desiderio di conoscenza…!

University of Manchester Press Release

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Se un buco nero fa nascere una galassia…

Recenti osservazioni lasciano emergere un nuovo interessante scenario per i buchi neri supermassivi: potrebbero essere addirittura loro che, in alcuni casi,  stimolano la formazione stellare nella galassia ospite, quasi a “costruirsi” una casa ove poi “dimoreranno”. Potrebbe essere il collegamento che mancava per capire come mai le masse dei buchi neri sono maggiori nelle galassie che hanno un maggior numero di stelle.

Gli astronomi hanno realizzato osservazioni estensive di un oggetto insolito, il quasar HE0450-2958. E’ molto interessante in quanto è l’unico per il quale non è mai stata rilevata una galassia ospite, e si trova a circa 5 miliardi di anni luce da noi. Fino ad ora si riteneva che la galassia ospite di tale quasar fosse solamente nascosta dietro una grande quantità di gas e polveri. Ecco perchè – nel tentatativo di scovare tale galassia – gli astronomi si sono affidati ad uno strumento che scruta il cielo nella banda del medio infrarosso, alle cui lunghezze d’onda la polvere interstellare risulta molto più trasparente che nell’ottico. Tuttavia con una certa sorpresa, il quadro rilevato è stato differente: nessun segno della galassia ospite ricercata, ma invece una nuova rilevazione di una galassia apparentemente non collegata, nelle immediate vicinanze, che sta producendo stelle ad un ritmo elevatissimo, pari a circa 350 masse solari all’anno.

A quanto risulta la galassia vicina risulta sotto tiro da parte del quasar: è bersagliata in effetti da un getto di particelle altamente energetiche e da un flusso di gas in rapido movimento. Tutto fa pensare che in questo modo il quasar stia inducendo la formazione stellare nella galassia vicina… Ecco che il nuovo quadro si comincia a far comprendere: le galassie in tale scenario, si potrebbero essere evolute proprio dai getti energetici emesssi dai quasar!

Una elaborazione artistica che mostra come i getti di materia da parte di un buco nero (all’interno del quasar) possano indurre la formazione stellare in una galassia che si trovi nelle vicinanze…
Crediti: ESO/L. Calçada

C’è da dire anche che il quasar stesso si sta muovendo verso la galassia, sicché i due oggetti sono destinati ad unirsi in futuro: il quasar che ora è “nudo” sarà alla fine “vestito” come tutti gli altri, quando si troverà nel mezzo della galassia ricca di stella. Dunque al termine del processo avrà una galassia ospite come tutti gli altri quasar osservati.

Dunque il quasar si sarebbe in pratica “costruito la casa” in cui andrà ad abitare! La conferma di questo interessante scenario si potrà avere, come dicono gli stessi ricercatori, attraverso la ricerca di oggetti simili in altri sistemi. In questo senso, grandi cose ci si aspettano da strumenti futuri, come l’Atacama Large Millimeter/ submillimeter Array, l’European Extremely Large Telescope e il James Webb Space Telescope, potenzialmente capaci di rintracciare simili sistemi a distanze ancora più grandi….

ESO Press Release (in italiano)

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Temporali sull’orizzonte brasiliano

di Sabrina Masiero, Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Astronomia / Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) – Osservatorio Astronomico di Padova

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Cortesia: NASA GOES Project Science (http://goes.gsfc.nasa.gov) and NOAA Comprehensive Large Array-Data Stewardship System (http://www.class.ncdc.noaa.gov/saa/products/welcome;jsessionid=16B994300652014CF5CA9C50047C3808).

 
E’ una suggestiva linea di temporali e svariate nuvole di forma circolare quella che delinea l’orizzonte osservabile della Terra, com’è stata osservata dai venti astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
Questa immagine ripresa da uno di loro, mentre stavano osservando la parte ovest-sud ovest dall’Amazon Basin (bacino amazzone), lungo il Rio Madeira, verso la Bolivia, mostra un’atmosfera altamente instabile e attiva, che forma una vasta zona di nubi in vari stadi di sviluppo. I disegni delle nubi di forma semi circolare vicino al centro della foto possono essere rivelati da un satellite geo-stazionario che si occupa dello studio dell’ ambiente, il Geostationary Operational Environmental Satellite (GEOS), che opera nell’infrarosso e che sono mostrate nella seconda immagine, nel rettangolo giallo.

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Quest’ultima è stata acquisita venti minuti prima di quella fatta dell’astronauta improvvisatosi fotografo. I disegni circolari delle nubi, che sono ben distinguibili nell’immagine fatta a bordo dell’ISS, sono probabilmente prodotti dal temporale che si stava sviluppando ed evolvendo nel tempo (spesso si formano proprio nella sua fase finale).

La luce del Sole viene riflessa dalla superficie dell’acqua e catturata dalla camera a bordo dell’ISS, ben visibile sulle acque del Rio Madeira e sul Lago Acara nel Bacino amazzone. Una foschia diffusa sul bacino rende la luce riflessa di un tono color arancione. Il Rio Madeira fluisce in direzione nord e si unisce all’Amazon River (fiume amazzone) sul suo cammino verso l’Oceano Atlantico.
Un vasto pennacchio scuro chiamato “smoke plume” nell’immagine (nella parte più bassa e in centro) potrebbe essere una sorgente della foschia.

Le foto dell’ astronauta, prese lo scorso 6 ottobre 2009 con una Nikon D2Xs digitale utilizzando una lente di 48 mm (28-70 mm di zoom) sono raccolte alla pagina: http://eol.jsc.nasa.gov/scripts/sseop/photo.pl?mission=ISS020&roll=E&frame=47807  e sono sostenute e richieste dall’ISS Crew Earth Observations experiment and Image Science & Analysis Laboratory, del Johnson Space Center.
Di grande valore scientifico e interesse per il pubblico, esse vengono rese pubbliche su Internet. Ulteriori immagini prese dagli astronauti e cosmonauti possono essere visite presso il NASA/JSC Gateway to Astronaut Photography of Earth alla pagina web: http://eol.jsc.nasa.gov.

Sabrina Masiero

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