Blog di Marco Castellani

Mese: Febbraio 2011 Page 2 of 3

Ritratto di famiglia da Messenger

Cortesia NASA. Disponibile su: http://www.nasa.gov/multimedia/imagegallery/image_feature_1868.html . Crediti: NASA, Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, Carnegie Institution of Washington.

La sonda Messenger della NASA ha fornito il primo ritratto del nostro Sistema Solare, combinando 34 immagini prese dalla Wide Angle Camera il 3 e il 16 novembre 2010. Il mosaico, messo insieme in un periodo di tempo di alcune settimane, comprende tutti i pianeti ad eccezione di Urano e di Nettuno che erano troppo deboli per essere osservati.

Il 17 marzo 2011 Messenger diventerà la prima sonda a orbitare intorno a Mercurio. Si spera che le informazioni orbitali possano fornire nuove risposte su come pianeti simili alla Terra, come lo è Mercurio, possano assemblarsi ed evolvere.

In realtà, non possiamo dimenticare la spettacolare immagine che subito dopo il fly by della sonda Voyager 2 con Nettuno, il Voyager 1 inviò a Terra nel 1986 del nostro sistema solare, immagine ripresa da una distanza di circa 30 unità astronomiche, 30 volte la distanza Terra-Sole.


Disegno che mostra la sequenza di fotogrammi ripresi dal Voyager 1 per ottenere le immagini dei pianeti del nostro sistema solare.

I pianeti in primo piano: dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra: Venere, Terra, Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Cortesia NASA.

Sabrina

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Materia oscura… quanto basta!

Avete presente le galassie, brilluccicanti di milioni e milioni di oggetti stellari? Beh non è cosi semplice che si creino e si sviluppino, se non si “dosa” la materia oscura secondo una attenta valutazione. Troppa o troppo poca.. ed ecco che la galassia svanisce!

La materia oscura è quella sostanza invisibile che permea il nostro universo, che contribuisce in maniera determinante  alla crescita ed allo sviluppo delle galassie di grande massa, nei primi momenti di vita del cosmo.

Dalle simulazioni degli ricercatori, risulta che la dose di materia oscura è tutt’altro che secondaria, nel delicato equilibrio dello sviluppo delle galassie. Mettine troppo poca, e la galassia non si forma nemmeno. Mettine troppa, invece, e il gas non si raffredda in maniera abbastanza efficace per formare una vera galassia “come si deve”, ed invece si creano una miriade di galassiette più piccole. Insomma devi averne la giusta quantità, di materia oscura (anche se non la vedi).

Regione nei pressi di Ursa Major

Una regione nei pressi della costellazione dell'Orsa Maggiore, una delle aree scrutate da Herschel. Ogni piccolo puntino in realtà è una intera galassia (Crediti: ESA/Herschel/SPIRE/HerMES)

Dunque la ricetta prescrive, aggiungere materia oscura “quanto basta”. Si ma quanto? potreste giustamente dire voi.

Ebbene per risolvere la questione è arrivato Herschel (a dire la verità, è dal 2009 che è in operazione). La sonda monta un telescopio da 3.5 metri che è sintonizzato nella ricezione della luce in banda infrarossa, proveniente da una enorme serie di oggetti celesti (dagli asteroidi e i pianeti nelle nostre vicinanze, fino alle più lontane galassie).

L’occhio infrarosso di Herschel dunque è andato a scovare la luce infrarossa proveniente da una serie di galassie lontane, in fase di forte formazione stellare. La luce infrarossa di queste strutture forma una vera e propria struttura “a ragnatela”, chiamata radiazione di fondo in infrarosso. Poichè questa dipende strettamente dall’addensamento degli oggetti che la emettono, e questo dipende a sua volta dalla quantità di materia oscura che è presente nell’ambiente, ecco che la catena è chiusa, e si può arrivare alla stima.

Dall’analisi dei dati, risulta che per fare una galassia ci vuole una quantità di materia oscura circa equivalente a 300 miliardi di volte il nostro Sole. Ditemi voi, se vi par poco…….

NASA/JPL Press Release

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Elogio del mezzo radiofonico

Sto rivalutando molto, molto la radio. Mentre trovo il mezzo televisivo – salve alcune rare eccezioni – sempre più insopportabile (sto invecchiando, lo so…). Dunque fatemi fare un piccolo elogio del mezzo radiofonico, ora vi tocca.. 🙂
Della radio apprezzo il fatto che non sia invasiva, che non ti pretenda ricettivo con tutti i sensi, ma ti arrivi soltanto come comunicazione sonora. Attraverso i tuoi padiglioni auricolari. Mentre senti la radio puoi guidare (con attenzione), puoi guardare un panorama, puoi riordinare la stanza, puoi stirare. Non stai lì come un imbecille davanti ad un tubo catodico (o LCD o al plasma, ma tant’è).
La radio privilegia, per costituzione strutturale, direi – l’essere sull’apparire. L’ospite in studio non deve essere imbellettato, non serve. Può essere anche brutto o bello, giovane o vecchio. Non servono nemmeno luci colorate, lustrini, vallette, letterine. Oppure tronisti: tanto non si vedono. Dunque è più facile veicolare concetti, favorire la riflessione, fornire spunti per il cervello. L’essere un mezzo antico è quello che la salva, la nobilita.
French Quarter studio of New Orleans radio station WWOZ
(Infrogmation photo, August 2006, GNU Free Documentation Licenze)

Passando molto tempo in macchina (ahimè), con il tempo mi sono accorto che vi sono davvero tante trasmissioni radiofoniche interessanti. E questo già solo nelle mie fasce orarie di “pendolarismo”… Da Benfatto su RadioUno la mattina alle 8.30 (e più volte ho avuto il privilegio di sentire persone sagge e assennate, come Vittorino Andreoli o Valerio Albisetti,  di cui leggo e rileggo i libri in continuazione), poi sul tono più leggero, Il ruggito del coniglio oppure Sei Uno Zero su RadioDue. Mi sono abituato anche a Caterpillar, sempre su RadioDue, spesso interessante. 
Anche il palinsesto mattutino della Radio Vaticana mi piace molto, un mix tra musica – spesso molto bella – notizie, lettura di giornali, traffico di Roma, commenti e approfondimenti. E la lista potrebbe continuare… Hollowood Party su RadioTre mi fa scoprire il cinema, anche Sei Gradi di nuovo su RadioDue è un interessante esperimento di connettere musiche molto diverse secondo un filo logico…. Insomma la lista di belle trasmissioni è lunga, e sono certo che ogni radioascoltatore potrebbe aggiungere degli items.
Soprattutto, la radio non ti mette davanti ad uno schermo. Inizialmente, non avrebbe potuto farlo, tecnicamente parlando.
In questo periodo, è anche una scelta di libertà.
Post pubblicato anche su SegnaleRumore.it

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Prime immagini della cometa Tempel I

Certo siamo abituati ad immagini ben più spettacolari provenienti dallo spazio, eppure queste hanno lo stesso una importanza considerevole. Sono infatti le prime immagini della cometa Tempel I  acquisite dalla sonda Stardust della NASA, prese durante la fase di avvicinamento.

Quella che vedete qui sotto è stata acquisita appena ieri, mentre la sonda si trovava ad una distanza di poco più di 2400 chilometri dalla cometa.

Le prime immagini della cometa inviate da Stardust-NExT (Crediti: NASA/JPL-Caltech/Cornell)

La cometa Tempel I non ci è del tutto nuova. Alcuni si ricorderanno di come sia già stata visitata dalle sonde: era il 2005 e la sonda andata a curiosare vicino alla cometa era la Deep Impact.

Riguardo il più recente “approccio” (ricordiamo al proposito che la missione Stardust-NExT è un progetto “low cost” destinato appunto ad espandere le investigazioni già effettuate sulla cometa da Deep Impact), abbiamo le prime immagini sul sito http://www.nasa.gov/stardust e sul sito http://www.jpl.nasa.gov. Due siti da tenere d’occhio aspettando le prossime immagini della cometa di “San Valentino”!

NASA JPL Press Release

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Ritratto di famiglia

Foto scattata a circa 3 gradi sopra il piano degli anelli di Saturno. Ben visibile in primo piano il satellite Giano (181 chilometri di diametro) e l’anello B che appare scuro e relativamente denso nella regione centrale circondato dall’anello C e A molto più luminosi.

Fonte NASA. Planetary Ring: http://www.planetaryrings.com/

Sabrina

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Figli di Saturno

Un simpatico ritratto di famiglia di Saturno.

Dione (1.126 chilometri di diametro), sul lato più lontano di Saturno, appare sopra gli anelli. Tethys, invece, di 1.071 chilometri di diametro, è posta di fronte al piano degli anelli e prospetticamente i due satelliti sembrano vicini.
Gli anelli di Saturno sono un anello sottilissimo ma si osservano proiettati sulla superficie del pianeta.

L’ombra degli anelli e di Thetys proiettate sull’atmosfera del gigante gassoso.

Fonte Planetary Rings: http://www.planetaryrings.com/2011-02-11/

http://www.planetaryrings.com/2011-02-10/

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NGC2174: stelle contro montagne…!

E’ una lotta, una sorta di “tiro alla fune” cosmico, tra le stelle e le montagne di gas, quella che sta avvenendo in NGC 2174. E le stelle stanno vincendo. Per la precisione, la radiazione luminosa, molto energetica, e i venti stellari provenienti da oggetti giovani di grande massa, stanno disperdendo lontano gas e polveri, le stesse dalle quali sono nati. La lotta è tra la autogravità delle strutture gassose e le spinte disgregatrici provenienti dalle esuberanti giovani stelle.

La struttura di NGC 2174, benché appaia così “compatta” nella foto, è in realtà molto più eterea dell’aria; le strutture che ci appaiono quasi “montagne” nella foto sono dovute alla quantità relativamente esigua di polvere interestellare opaca. La nebulosa NGC 2174 non è certo la più famosa della regione di Orione, ma risulta visibile già con un semplice binocolo. Distante appena 6400 anni luce, copre un’area più grande della luna piena, e circonda alcuni ammassi aperti, oggetti legati non molto compatti e legati solo da una debole attrazione gravitazionale, formati da stelle giovani.

NGC2174, ovvero stelle contro montagne... (Crediti: ESA, Hubble, NASA)

L’immagine qui mostrata (nella vetrina di APOD per il giorno di oggi) è stata ottenuta tramite il Telescopio Spaziale Hubble e mostra una regione più interna abbastanza densa, che si estende per appena tre anni luce.

A proposito della “battaglia” in corso, possiamo anticipare che, in un tempo di pochi milioni di anni, le stelle la avranno finalmente vinta e le intere montagne di gas, pur così suggestive, saranno completamente disperse…

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Se ci fosse stato LRO…

Sappiamo che la missione Apollo 14 fu un pieno successo. Gli astronauti riportarono a casa una serie incredibile di immagini del nostro satellite, ed anche dal punto di vista strettamente scientifico, tutti gli obiettivi prefissati furono rispettati. Tuttavia, per l’equipaggio fu anche l’occasione di un grande disappunto: quello dell’aver perso la possibilità di godere della vista spettacolare che deve esserci al bordo di un cratere largo circa 300 metri!

Se solo avessero potuto avere le mappe ad alta risoluzione del Lunar Reconnaissance Orbiter, probabilmente questo non sarebbe successo. Ma raccontiamo la storia con ordine.

La missione Apollo 14 venne lanciata il 31 gennaio del 1971. La tensione aleggiava palpabile fin dall’inizio; era la missione lunare successiva a quella sfortunata dell’Apollo 13: come sappiamo, era stata annullata a causa dello scoppio di una bombola di ossigeno nell’astronave mentre era in rotta verso la Luna (all’origine della famosa frase “OK, Houston, abbiamo avuto un problema”). Fu già un enorme successo e uno sforzo eroico (epico, nel vero senso della parola) riscire a far tornare sulla Terra l’equipaggio sano e salvo…

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