Agnese era pronta quasi un’ora prima di entrare. Simone si è alzato senza protestare, senza farsi pregare.
 
Allora, tutti pronti. Proprio ieri siamo tornati finalmente a casa, in modo da stare vicino a scuola. Non c’è ancora la cucina. Non abbiamo il salone. Però ci sono i pavimenti rifatti, tutte le pareti ridipinte. La doccia nuova. E la camera matrimoniale, la camera mia e di Paola, che è quella – finalmente – quella sopra il parco. Da quanto la volevo!
 
Con la piccola Agnese ci siamo fermati a fare colazione al bar, non avendo altre possibilità. Lei si è presa un cornetto e giudiziosamente ne ha messo metà in una bustina per mangiarla a merenda (con dolcissima previdenza… mi intenerisce vedere come comincia a mettere attenzione e cura nelle piccole cose).
 
E arriviamo a scuola, e vedi che l’eccitazione contagia un pò tutti – genitori, bimbi. Vediamo chi è il nuovo maestro, vediamo dov’è la classe quest’anno. Le porte a vetri si aprono e capisci che comunque è un evento che sta per iniziare.
Caffetteria scolastica. Foto storica.
Si può iniziare con stupore e quasi con trepidazione, con gli occhi e il cuore aperti. L’inizio brilla per ogni cosa. Cosa chiedere ad un professore?  “Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.” (dal bellissimo post nel blog di Alessandro D’Avenia)
 
Allora la lezione che io adulto posso trattenere, da tutto questo, è che è bello iniziare, è certamente bellissimo. Ma si può ricominciare sempre, sempre si può ripartire. Domandare la bellezza, lo stupore. Chiedere, umilmente, che il cuore sia colpito. Di nuovo, aperto.
 
Come un primo giorno di scuola, insomma.

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