Blog di Marco Castellani

Mese: Ottobre 2011 Page 1 of 4

Oggi in 7 miliardi sul pianeta Terra

Un grande evento per la Terra: oggi tocchiamo la soglia dei 7 miliardi.

Probabilmente il bebè nascerà in Africa e probabilmente sarà femmina. Lo dice il Rapporto su “Lo Stato della popolazione nel mondo 2011” dell’UNFPA, Il Fondo della Nazioni Unite per la Popolazione, la cui versione italiana è stata curata da AIDOS, l’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo.

Come afferma Giulia Vallese dell’Agenzia ONU alla presentazione del rapporto, non si tratta di una questione di spazio, perchè “se ci mettessimo in piedi, spalla a spalla, 7 miliardi di persone occuperebbero la superficie della città di Los Angeles” – quanto piuttosto di “investire e pianificare”, a cominciare dalla famiglia, puntando su donne e giovani per accelerare il progresso nei Paesi in via di sviluppo. “Ci sono milioni di donne in questi Paesi che, potendo scegliere, vorrebbero avere meno figli o farli più tardi, ma questo non avviene a causa della mancanza di politiche adeguate e di barriere culturali, sociali ed economiche” ha concluso la Vallese.

Secondo il documento, l’Asia resterà l’area più popolosa del mondo anche nel XXI secolo, ma l’Africa guadagnerà terreno e la sua popolazione sarà più che triplicata, passando da un miliardo nel 2011 a 3,6 nel 2100. Nel 2011 il 60 per cento della popolazione mondiale vive in Asia e il 15 per cento in Africa. Ma la popolazione africana sta crescendo a un ritmo di circa il 2,3 per cento all’anno, un tasso piu’ che doppio rispetto all’Asia (1 per cento). La popolazione asiatica, oggi di circa 4,2 miliardi, dovrebbe raggiungere il picco di crescita verso la meta’ del secolo (5,2 miliardi nel 2052) per poi iniziare a decrescere.

Le previsioni dicono che nel 2100 il numero della popolazione aumenterà fino a 15 miliardi, lo sviluppo sostenibile del pianeta

Auguri al nuovo Bebè, auguri alla Terra.

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Mattoni di DNA e proteine nei dischi protoplanetari

Quest’immagine artistica illustra il sistema solare in una versione più giovanile di quella in cui si trova ora il nostro.

Dischi di polvere, come quello mostrato qui, in orbita attorno alla stella, si pensa siano il materiale primordiale da cui si sono formati i pianeti, compresi quelli rocciosi, come Mercurio, Venere, la Terra e Marte.

I ricercatori utilizzando lo Spitzer Space Telescope hanno individuato alcuni dei mattoni primordiali per il DNA e le proteine in uno di questi dischi che appartengono ad una stella chiamata IRS 46. Gli ingredienti, precursori di natura gassosa del DNA e delle proteine chiamate acetilene e acido cianidrico, sono stati rilevati nel disco interno della stella, la regione dove i ricercatori ritengono che i pianeti simili alla Terra avrebbero più probabilità di formarsi.

Fonte Space Images-JPL: http://www.jpl.nasa.gov/spaceimages/details.php?id=PIA03243

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Dal parco, guardando le case

Stamattina siamo andati io e Agnese. Oggi pomeriggio siamo tornati, e c’era anche Simone. Tutti al parco sotto casa, a prendere un pò d’aria fresca, e a esplorare lo spazio dell’allenamento ginnico, con i nuovi attrezzi che – mossa molto oculata, una volta tanto – una qualche amministrazione ha fatto istallare nell’aera del parco stesso.
In due posti diversi del parco ci sono questi attrezzi belli nuovi, una sorta di palestra all’aperto, accessibile a chi voglia fare un pò di allenamento nell’atmosfera rilassata del parco. Bello. Aiuta a rendere il parco stesso un luogo di uso del tempo libero più completo, diversificato. Bello vedere un altro papà che spiega al figlio i vari esercizi possibili, lo introduce e lo guida alla verifica di se stesso, lo controlla, vigile.
Nel pomeriggio ci tratteniamo all’area attrezzata più vicina alla nostra casa. Il parco corre vicino ai palazzi, in questa zona. Sta pian piano arrivando il buio, noi siamo pronti a rientrare verso casa, ma ci fermiamo un pò. I bimbi apprezzano la compagnia del papà, parlano e chiedono intanto che provano a fare la loro ginnastica (graduale, come necessario).
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Dal parco, al tramonto…

Nella tonalità azzurrina sempre più scura, spiccano come contrasto, come ideale complemento, le luci calde che provengono dalle finestre e dai balconi. Il papà adesso muove lo sguardo sull’ampio palazzo. Miriadi di ambienti che lasciano immaginare di sé. Immagina famiglie, segnali di vita, percorsi, traiettorie di esistenze. Come un immenso mosaico che si compone ordinato, ora, decorando la dominante l’azzurro-verde che prevale nel parco, con le sue tonalità calde. Come dire, c’è un riparo. Guarda che c’è un riparo. Puoi andare fuori ad esplorare, puoi vedere il mondo, andare nel parco, correre, e c’è un riparo. Anzi, tu – bambino, adulto – vai a imparare il mondo, perché sai, o senti, che c’è un riparo. 
E se sei nella tempesta, se non senti qual è il tuo riparo, sai che un riparo c’è. Sei autorizzato a credere che c’è un porto. Che devi passare la tempesta, ma poi “sbuchi fuori, e c’è il sole” (Giussani).
Ora mi è più chiaro di un tempo. La capacità del percorso, della lenta costruzione, si deve appoggiare a qualcosa. Anche nella tempesta, c’è la prospettiva, per tutti, di sbucare fuori, infine vedere il sole. 
Allora sì, si può costruire. Finalmente si può.

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Stelle Vampire nel Centro Galattico


Due stelle che si fondono insieme e si trasformano in una stella chiamata Blue Straggler, Vagabonda Blu, secondo una rappresentazione artistica. Courtesy: National Geographic, ESA/NASA e G. Bacon/STScl.

Sparse in tutta la nostra Galassia, ma ora sono state osservate anche nel centro della Via Lattea, esistono dei vampiri veramente scintillanti, le cosiddette Blue Stragglers, o Vagabonde Blu, che mantengono l’aspetto di giovani stelle (il loro colore blu dà un’indicazione della loro giovane età) e sono più calde rispetto ad altre stelle con cui si sono formate. Queste stelle sembrano sottrarre idrogeno alle altre stelle nei loro dintorni, spesso in seguito ad una collissione con le loro future vittime, e per questo motivo sembrano “succhiare” la vita proprio come delle vampire.

Queste Stelle Vagabonde Blu si trovano spesso in ammassi stellari molto densi di stelle. Gli ammassi sono formati da stelle che hanno tutte (approssimativamente) la stessa età, ossia si fa l’ipotesi che le stelle si siano formate tutte insieme, e che siano tra le più vecchie della nostra Galassia. In questi ammassi globulari le stelle cannibali hanno una probabilità di nutrimento più elevata.

I ricercatori però, hanno osservato per la prima volta delle Blue Stragglers anche nel centro della nostra Galassia, in una regione che circonda il nucleo galattico dove la densità di stelle e di gas è elevata. Devono probabilmente essersi formate “strappando” l’idrogeno dalle loro stelle compagne quando le stelle formavano un sistema binario o forse quando, dopo interazioni gravitazionali in un sistema di tre stelle, due stelle si sono fuse in una sola (come nell’immagine qui sopra). Le Blue Stragglers che, invece, popolano la nostra Galassia lontano dal centro galattico, probabilmente devono essersi formate in seguito alla collisione con altre stelle assorbendo l’idrogeno che le forma.

“Per molto tempo si è sospettato che vi fossero delle Blue Stragglers nel centro galattico, ma nessuno sapeva quante potevano essere”, ha affermato Will Clarkson dell’Indiana University Bloomington e dell’University of California a Los Angeles. “Finalmente, abbiamo dimostrato che sono presenti anche lì”.

Utilizzando il Telescopio Spaziale Hubble (HST) sono state individuate ben 180 000 stelle nel centro galattico di cui 42 insolitamente blu e più giovani rispetto alle altre, quindi 42 nuove Blue Straggler. Si stima che 18-37 di queste 42 stelle sembrano avere un’età compresa tra i 10 e 11 miliardi di anni. Le restanti molto probabilmente sono stelle più giovani.

C’è ancora molto da capire su queste stelle vampire che ancora non è ben chiara. Il fatto comunque che siamo state scoperte nel centro galattico permetterà di costruire dei modelli della loro ipotetica formazione.

Questa ricerca è stata presentata lo scorso 25 maggio all’American Astronomical Society a Boston. Sito web: http://aas.org/

Fonte National Geographic: http://news.nationalgeographic.com/news/bigphotos/82481176.html
Articolo originale su: http://news.nationalgeographic.com/news/2009/01/090123-star-cannibals.html
Immagini spettacolari della nostra Galassia su: http://ngm.nationalgeographic.com/2010/12/milky-way/milky-way-photography
Halloween Pictures: Ten Spooky Objects in Outer Space: http://news.nationalgeographic.com/news/2011/10/pictures/111027-spooky-space-halloween-zombies-vampires/#/vampire-stars-eat-look-young-illustration_36470_600x450.jpg

Sabrina

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ESO e Cile firmano l’accordo per la costruzione di E-ELT

Un’immagine di fantasia che mostra come dovrebbe essere il più grande telescopio terrestre, l’E-ELT. Cliccare per ingrandire. Immaginie disponibile sul sito dell’ESO: http://www.eso.org/public/images/eso1139e/

Il 13 ottobre scorso, a Santiago, con una cerimonia ufficiale il Ministro degli Affari Esteri del Cile, Alfredo Moreno, e il Direttore Generale dell’European Southern Observatory (ESO) hanno firmato un accordo sull’ European Exstremely Large Telescope (E-ELT). Questo accordo tra ESO e governo cileno comporta la donazione di alcuni terreni per la costruzione del grande telescopio terrestre, oltre ad una concessione a lungo termine per una zona protetta intorno al telescopio e all’aiuto del governo cileno per istituire l’E-ELT.

L’European Extremely Large Telescope (E-ELT) con i suoi 40 metri di diametro, è il primo grande occhio che punterà verso il cielo. Nel marzo 2010, la montagna del Cerro Armazones nella regione di Antofagasta in Cile, è stata selezionata dall’ESO (si veda: http://www.eso.org/public/announcements/ann1013/) come sito futuro per l’E-ELT. Il nuovo telescopio sarà integrato nell’Osservatorio del Paranal, che già comprende il Very Large Telescope (VLT), il VLT Interferometer, interferometro VLT e i Survey Telescopes, telescopi per osservazioni di survey. Cerro Paranal si trova a solo 20 chilometri dal Cerro Armazones e molte delle infrastrutture possono essere condivise tra i due siti.

Questo accordo rappresenta un altro significativo contributo alla cooperazione scientifica e tecnologica tra il Cile e l’ESO, che iniziò nel 1963 con la firma del primo accordo ESO-Cile e da allora sono nate una serie di collaborazioni e di installazioni di alta tecnologia, che sono andate di pari passo con l’assunzione di nuovi ricercatori, ingegneri e tecnici, con lo scopo di migliorare la conoscenza dell’astronomia, la competenza in ambito fisico-astronomico in Cile, una delle regioni di punta per l’astronomia in tutto il mondo.

Sito di costruzione dell’E-ELT. Crediti: ESO.

Questo accordo ci permette di costruire l’E-ELT come parte del sistema del VLT. Aumenta considerevolmente il nostro coinvolgimento e la cooperazione con la società cilena e apre nuove possibilità di realizzare grandi scoperte e progressi tecnologici” ha affermato Tim de Zeeuw, Direttore Generale dell’ESO.

Questo accordo prevede la donazione di 189 km^2 di terreno sul Cerro Armazones per l’installazione del più grande telescopio terrestre, E-ELT, così come la concessione per 50 anni di un’area circostante pari a 362 km^2 che proteggerà l’E-ELT dall’inquinamento luminoso e dall’attività estrattiva delle miniere. La prima è fondamentale per migliorare la qualità delle immagini, la seconda per evitare movimenti del suolo. Se teniamo conto di queste grandi aree e se le sommiamo con quelle attuali di 719 km^2 nella zona del Cerro Paranal, l’area totale protetta sarà di 1270 km^2 nella regione Paranal-Armazones.

Il Ministro degli Affari Esteri Alfredo Moreno ha affermato che “Il Cile ha il cielo più pulito e ospita i maggiori centri di osservazione astronomica. Fa parte del nostro patrimonio e anche del nostro contributo all’umanità. La presenza dell’ESO e il progetto E-ELT nel nostro paese sono una dimostrazione importante dell’interesse del Cile nel promuovere tecnologia e scienza”.

Il governo cileno si impegna pure nel migliorare la rete stradale che collega gli osservatori ad Antofagasta, l’assistenza nel collegamento dell’Osservatorio di Paranal con la rete di distribuzione energetica del paese e l’assistenza nello studio di possibili fonti alternative energetiche con le fonti di energia rinnovabile.

Il cambio, l’ESO estende all’E-ELT la quota concordata del 10% di tempo osservativo per le proposte sottomesse da astronomi cileni. Almeno tre quarti di queste saranno assegnati ad astronomi di origine cilena che collaborano con ricercatori degli stati membri dell’ESO. Questo permetterà a stimolare collaborazioni a livello internazionale, importante aspetto in un progetto scientifico di così vasta portata.

L’E-ELT è al momento il progetto più ambizioso in atto dell’ESO. Le operazioni partiranno nei prossimi dieci anni e l’E-ELT affronterà le più grandi sfide scientifiche dei nostri tempi, puntando ad ottenere immagini di grandissima qualità, ricerche di grandissimo livello, come l’osservazione e l’individuazione di nuovi pianeti extrasolari simili alla nostra Terra nella fascia detta “zona abitabile” di altre stelle dove c’è maggior probabilità che si formi la vita.

Fonte ESO: http://www.eso.org/public/news/eso1139/

Sabrina

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Herschel, il Sistema Solare si capisce dall’acqua

Una delle molecole più interessanti che gli astonomi (e gli scienziati in generale) si possano trovare a dover studiare è senz’altro l’acqua. Come sappiamo, è assai abbondante sulla Terra, ed è anche indispensabile alla vita. L’acqua si forma piuttosto facilmente – se le condizioni ambientali sono favorevoli – tanto è vero che anche le regioni esterne del Sistema Solare sono piene di corpi “ghiacciati”. 

La ricerca di acqua al di fuori del nostro pianeta va condotta… da fuori (appunto), poiché l’atmosfera terrestre interferisce pesantemente su tale tipo di misure. E’ il campo di lavoro ideale per le sonde, come Herschel. Orbene, nel 2010 la cometa Hartley 2 si trovò a passare relativamente vicino alla Terra. L’occasione era davvero ghiotta, visto che la cometa proveniva dalla lontana regione della fascia di Kuiper, e solo l’orbita molto allungata permetteva questa incursione nei paraggi del Sole di un corpo proveniente dagli spazi più remoti. Gli strumenti di Hartley 2 si sono attivati e hanno stabilito che la composizione dell’acqua della cometa è molto simile  a quella degli oceani terrestri.Il fatto che la natura dell’acqua sulla cometa e sulla Terra sia molto simile, sicuramente rinforza l’ipotesi per la quale sarebbero proprio le comete ad aver portato l’acqua sul nostro pianeta.

Rappresentazione artistica del disco di gas e polvere intorno alla giovanissima stella TW Hydrae (Crediti: ESA/NASA/JPL-Caltech/WISH)

Ma non è tutto qui: la sensibilità degli strumenti di Herschel ha permesso anche di studiare il materiale in orbita intorno ad altre stelle, come TW Hydrae. La stella è poco più piccola del Sole, ma è molto, molto più giovane. Ad una età di appena 10 milioni di anni, possiamo pensarla come una stella “adolescente”. Fosse stata il nostro Sole, per i pianeti avremmo dovuto aspettare ancora decine o centinaia di milioni di anni!

Alla distanza di 175 anni luce, non possiamo pretendere troppo dagli strumenti di Herschel – non è possibile uno studio dettagliato. Ugualmente, la sensibilità della sonda ha permesso di trovare segnali di vapore acqueo e di determinarne locazione e temperatura. In particolare, il vapore risulta “strappato via” dai grani di ghiaccio dalla luce stessa della stella, ma si riscontra ad una temperatura di circa -170 gradi Celsius. Decisamente molto più freddo di quanto si riteneva finora. Trovare vapore a tale temperatura indica come questo debba essere presente in ampie zone del disco stellare.

Sono appena due esempi di come lo studio dell’acqua sia fondamentale per  la comprensione stessa delle modalità di formazione ed evoluzione del Sistema Solare. Molto ancora possiamo aspettarci di comprendere dall’analisi della distribuzione dell’acqua nell’universo a noi più prossimo: la storia di questa molecola e la storia della nostra stella e dei suoi pianeti, risultano fortissimamente allacciate.

Herschel Press Release

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Insolite aurore nel Nord America

Aurora fotografata daTravis Novitsky il 25 ottobre 2011 a Grand Portage, Minnesota.
Disponibile su SpaceWeather.com: http://spaceweather.com/submissions/large_image_popup.php?image_name=Travis-Novitsky-TRAVIS—AURORA-7684_1319545418.jpg

 

L’espulsione di massa coronale (CME) prodotta dal Sole il 22 ottobre che ha raggiunto la Terra lo scorso 24 ottobre, approssimativamente verso le ore 18 TU (2.00 pm EDT), ha compresso enormemente il campo magnetico terrestre, esponendo in modo diretto al plasma del vento solare i nostri satelliti geostazionari e scatenando un’enorme tempesta geomagnetica.

Al calar della notte nel Nord America si sono osservate numerosissime e meravigliose aurore che andavano ben oltre il confine canadese, penetrando dentro gli Stati Uniti. Il satellite del Dipartimento della Difesa statunitense ha fotografato l’attraversata di questo enorme flusso di particelle.

Questa immagine mostra la formazione di aurore il 25 ottobre alle ore 01.40 di GMT” ha affermato Paul McCrone del Fleet Numerical Meteorology and Oceanography Center a Monterey, California. McCrone ha ottenuto questa immagine utilizzando i dati nel visibile e nell’infrarosso del con il programma del satellite Meteorologico della Difesa (Defense Meteorological Satellite Program) che permette di catturare le autore e quelle registrate il 25 ottobre erano brillanti come le luci della città sottostante.

Questa foto ripresa dal satellite permette di notare l’estensione del fenomeno e capire anche quello che è avvenuto durante la notte americana. La fascia luminosa, infatti, si è spostata verso sud, e poco prima dell’alba si sono osservate aurore in oltre trenta stati americani: Alabama, Wisconsin, Louisiana, Maryland, Georgia, New Mexico, Tennessee, Missouri, Illinois, Nebraska, Kentucky, North Carolina, Indiana , Oklahoma, Kansas, Iowa, Maryland, New York, Montana, Ohio, Colorado, Pennsylvania, Washington, Virginia, Texas, Arizona, Minnesota, Maine, Michigan, Montana, Oregon, Arkansas e California.

Questa foto è di Nathan Biletnikoff presa lo scorso 24 ottobre da Cattle Point, San Juan Island, Washington. ISO 800, f/3.5, 30 s.

Disponibile su SpaceWeather.com: http://spaceweather.com/submissions/large_image_popup.php?image_name=Nathan-Biletnikoff-OrcasAurora102411_reduced_1319526171.jpg

Fonte SpaceWeather.com: http://spaceweather.com/

Sabrina

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Un aurora su Marte

Video disponibile su:  http://sohodata.nascom.nasa.gov/cgi-bin/data_query_search_movie. Credit: NASA/SOHO.

 

Una tempesta solare sta raggiungendo Marte in queste ore dopo che il Sole, lo scorso 22 ottobre ha prodotto una spettacolare espulsione di massa coronale (CME), un flusso di particelle emesse durante una potente eruzione sulla fosfera solare. Secondo i ricercatori del Goddard Space Weather della NASA oggi la tempesta dovrebbe arrivare sul pianeta, producendo delle aurore marziane.

Il Sole ripreso da SOHO prima della formazione del CME. Credit NASA/SOHO.

 

Il Sole ripreso poco dopo la formazione del CME, il 22 ottobre scorso. Credit: NASA/SOHO.

 

Le aurore su Marte sono differenti da quelle terrestri.

In seguito agli studi compiuti dal Mars Global Surveyor, Marte non è dotato di un campo magnetico globale di tipo dipolare come la Terra, con un polo Nord e un polo Sud magnetici. La MGS ha osservato che esistono tutta una serie di campi magnetici locali distribuiti sulla superficie del pianeta (Science, Vol. 284, pp. 790-798, 1999). La maggior parte delle sorgenti del campo magnetico si trova nelle regioni altamente craterizzate dell’emisfero sud, le pianure dell’emisfero nord ne contengono molte di meno.

“È logico pensare che i campi magnetici alla superficie di Marte siano i residui della magnetizzazione della crosta fusa del pianeta all’inizio della sua storia. Infatti, è ragionevole attendersi che, subito dopo la formazione del pianeta, fosse presente un campo magnetico globale generato per effetto dinamo dal nucleo ancora liquido di Marte. Durante il raffreddamento della crosta, ad un certo punto la temperatura è scesa al di sotto del punto di Curie e la superficie ha acquistato una magnetizzazione permanente. In seguito l’effetto dinamo deve essere cessato molto presto (su scala geologica) e gli impatti con corpi extraterrestri hanno rifuso la crosta e cancellato localmente il campo magnetico delle rocce. Il risultato finale di questo processo è una serie di campi magnetici locali come quelli che si osservano oggi. L’intensa magnetizzazione della crosta marziana è consistente con il suo alto contenuto di ferro (17% in peso secondo le misure della Pathfinder), che a sua volta è consistente con una scarsa differenziazione del pianeta. Il fatto che l’emisfero nord del pianeta contenga poche sorgenti magnetiche depone a favore del ringiovanimento superficiale, in accordo con il basso tasso di craterizzazione di quelle regioni” (da Il pianeta Marte, di Albino Carbognani, disponibile su: http://www.fis.unipr.it/~albino/documenti/marte.html).

Marte si può pensare ricoperto da una serie di “piccoli campi magnetici locali”, i resti di quel campo magnetico scomparso e che in passato avvolgeva il pianeta. Di conseguenza, quando Marte viene investito da un CME le tempeste magnetiche che si possono osservare sono solo in corrispondenza di questi piccoli campi magnetici, che nella parte più alta tendono ad accendersi con delle luminose aurore di raggi ultravioletti. Essendo distribuiti ovunque, le aurore non si osservano solo nelle regioni polari, come sulla Terra, ma un po’ ovunque [1].

Solo un mese fa sul Sole si verificarono in un solo giorno ben sei esplulsioni di massa coronale, che si possono vedere in questo video della NASA: http://www.nasa.gov/mission_pages/sunearth/news/News092011-6cmes.html registrati dal 18 settembre 2011 ore 7 pm ET al 19 settembre 2011 ore 1 pm ET. Le numerose CME sembrano provenire da punti sparsi un po’ ovunque sulla superficie del Sole. Due CME si dissiparono in fretta, ma quattro continuarono a diffondersi verso l’esterno.

 

Il 14 luglio gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale fotografarono questa aurora di colore verde nell’emisfero sud del nostro pianeta, originata da un flusso di particelle solari partito dal sole un paio di giorni prima e interagenti con l’atmosfera terrestre. L’orbita terrestre è un posto perfetto per studiare il campo geomagnetico.

Qui sotto, invece, nello stesso periodo l’aurora veniva fotografata stazione in Antartide, Amundsen-Scott South Pole Station. Sulla sinistra si osserva il telescopio nelle microonde SPUD. Credit: NASA/Robert Schwarz.

Space Weather Laboratory: http://science.gsfc.nasa.gov/sed/index.cfm?fuseAction=home.main&&navOrgCode=674
Altre informazioni sul sito della NASA: http://www.nasa.gov/mission_pages/sunearth/news/News092511-ar1302.html
e su: http://www.nasa.gov/mission_pages/themis/news/auroras-australia-20110714.html

[1] Marte è privo della magnetosfera e probabilmente è scomparsa circa 4 miliardi di anni. Questo comporta che i venti solari colpiscono direttamente la sua ionosfera, e di conseguenza, a causa della continua perdita di particelle nella parte più esterna di essa, l’atmosfera di Marte continua ad assottigliarsi.
Se condisderiamo il numero di particelle per unità di volume che compongono l’atmosfera di Marte, allora si osserva che il 95.3% sono molecole di CO2, il 2.7% è N2, l’1.6% è Ar, lo 0.13% è O2, lo 0.07% è CO mentre solo lo 0.03% sono molecole d’acqua. Con un così basso contenuto di ossigeno molecolare su Marte lo strato di ozono (O3) è quasi inesistente e la radiazione ultravioletta del Sole giunge direttamente al suolo senza incontrare ostacoli.

 

Le ultime immagini da SOHO: http://sohowww.nascom.nasa.gov/data/realtime/realtime-update.html
Per trovare le ultime immagini di SOHO: http://sohodata.nascom.nasa.gov/cgi-bin/data_query
e immagini di tipo LASCO C2: http://sohodata.nascom.nasa.gov/cgi-bin/data_query_search_movie

Sabrina

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