Hello World!

Sono Rosetta, e sono una sonda spaziale. Mi ha costruito l’ESA, che è l’ente spaziale europeo. L’ESA è finanziata con i soldi dei cittadini d’Europa. E con quei soldi l’ESA che fa? Lei sogna, e cerca di realizzare quei sogni, o almeno quella parte che sembra più opportuno provare a realizzare.

Così con quei soldi, con i vostri soldi (per cui devo intanto dirvi un sincero grazie), sono nata io.  E sapete, sono nata nel 2004. Cioè in realtà sono stata concepita molto prima (so che voi terrestri avete circa nove mesi dal concepimento alla nascita, per noi sonde il tempo può variare), perché di qualcosa di simile si era cominciato a parlare dal lontano maggio del 1985. Eh sì. Voi direte: i mitici anni ottanta. Amati e odiati (anche a me non piacevano quei pantaloni a zampa di elefante, ho visto le foto, ma qualcosa della musica di allora io la salverei….. cioè la porterei nello spazio con me).

NAVCAM top 10 at 10 km – 8

Una vista ravvicinata della cometa, che ho preso pochi giorni fa; mi diverto parecchio a fotografare… (Crediti: ESA/Rosetta/NAVCAM, CC BY-SA 3.0 IGO)

Ma fatemi proseguire, senza divagare troppo (sarà che stando nello spazio ho imparato a fare enormi divagazioni, con tutto il tempo che avevo…): nel 1985 l’ESA aveva già proposto che una delle missioni più importanti per il futuro sarebbe dovuta essere una missione di prelievo di campioni cometari. Eh sì, con addirittura un ritorno a Terra, per consegnare la merce! Una cosa simile negli anni ’80, da non crederci!

Eh sì, se devi sognare, sogna in grande, direbbe qualcuno.

Certo i sogni vanno sempre confrontati con la realtà. Bisogna fare i conti con le circostanze: che nello specifico – soprattutto per le limitazioni di bilancio (mi dicono che giù da voi c’è la crisi, anche se qui le notizie arrivano con il contagoccie…) – non erano così favorevoli a missioni costosissime. E il ritorno a Terra avrebbe inciso in maniera significativa sui costi della missione. Per cui, per farla breve, si decise di progettare una missione che prevedesse l’analisi in loco dei campioni cometari, con l’utilizzo di un lander.

Ecco, in pratica stavo nascendo io (e perfino Philae): almeno nella mente degli scienziati e dei tecnici.

Sapete poi la storia interessante del cambio di obiettivo? Penso di sì., forse ve lo hanno raccontato. Comunque, in poche parole, il fatto è questo: io sarei dovuta partire il 12 gennaio 2003 per raggiungere la cometa 46P/Wirtanen nel 2011 (un bel viaggio, come vedete dal tempo necessario). Però qualcosa andò storto: il vettore Ariane 5, che poi era quello che mi avrebbe dovuto portare in braccio fino a consegnarmi allo spazio infinito, fallì un lancio nel 2002, poco prima della mia prevista partenza. Potete capire, gran marasma. Così anche la mia partenza fu rimandata. E anche l’obiettivo, per questo motivo, dovette essere riformulato.

Fu così che mi dissero che sarei dovuta andare verso la 67P/Churyumov-Gerasimenko. Tra l’altro, per me era uguale, io avevo solamente curiosità di vedere se riuscivo ad arrivare su una cometa, poi facessero loro: insomma possiamo dire che mi fidavo dei miei genitori.  Tra una cosa e l’altra, partii nel 2004 (sono pigra nel preparare le valigie, mancava sempre qualcosa. Poi non sapevo se portarmi tanta roba pesante). L’arrivo, come sapete, era previsto dieci anni dopo.

Che pazienza! Vi risparmio i dettagli del viaggio. Vi dico solo che ad un certo punto è diventato così noioso che mi sono addormentata. Così, anche per risparmiare le forze e l’energia.

Beh, il 20 gennaio di quest’anno, mentre ancora dormicchiavo beata, mi arriva un toc toc da Terra. Un po’ seccata (stavo sognando di esplorare altri sistemi solari, uno era popolato di essere verdi che saltellavano al mio arrivo, era veramente emozionante) chiedo cosa vogliono, e con sorpresa mi accorgo che sono quasi arrivata, che a Terra già sono tutti emozionati e contenti per il mio risveglio, che stiamo insomma per incontrare la cometa. Il viaggio decennale sta per finire.

Mentre voi stavate in spiaggia (il 6 di agosto) io sono arrivata a 100 Km dalla cometa (finalmente l’ho vista!)  e ho iniziato a cercare di capire dove poter far scendere mio figlio, il lander Philae… un bel chiacchierone, tra l’altro, mi pare anzi che vi abbia già raccontato qualcosa… figuriamoci, quello non resiste mai  a parlare di sé stesso… ma in fondo è una bravo ragazzo, pieno di entusiasmo e voglia di fare.

Il resto della storia è di questi giorni: il 12 novembre alle 17:03 è atterrato Philae (mamma… non ci crederai…  sono sulla cometa, sono sulla cometa!!). Quello scavezzacollo, sapete, non si è mica accontentato di atterrare (o accometare?) e basta, come gli era stato chiesto, ma pare abbia fatto addirittura due o tre rimbalzi, finendo in un punto non previsto. Così, tanto per giocare un po’ a nascondino. Ma io lo sapevo, nessuna sorpresa per me. Bastava che me lo avessero chiesto: lo conosco bene come è giocoso ed esuberante, non gli sarà parso vero potersi sgranchire un po’ le gambe dopo che per tanto tempo era dovuto rimanere aggrappato alla sua mamma, per non perdersi.

Al momento in cui vi racconto questo, non vi sono novità su dove si sia nascosto. Ma io ho fiducia nel mio ragazzo: è lì dove doveva andare, e sta facendo quello che voleva fare da una vita, da quando è nato.

Vi dico la verità: non ci avrei mica creduto di riuscire a portarlo fino lì. Tecnicamente è un’impresa incredibile. Voi di ESA, siete stati fenomenali. Ma non scordiamoci che in questa occasione, voi italiani, siete stati splendidi: passionali e professionali. Ho visto on air proprio i tratti migliori della vostra mediterranea umanità.

Ora vi lascio, fatemi risparmiare energia preziosa. Prima però voglio ringraziare di cuore tutte quelle persone che hanno seguito queste ore così eccitanti di una avventura mai tentata prima. In pochissime ora ho visto che il gli iscritti del mio account Twitter (@ESA_Rosetta) e anche di quello di mio figlio (@philae2014) sono veramente … saliti alle stelle! Non pensavo proprio, quando sono partita di diventare così famosa sui social network, ormai non faccio nemmeno più in tempo a leggere un messaggio che me ne arriva subito un altro. Dovete avere pazienza, considerate che io sono nata due anni prima di Twitter, tanto che mi sono davvero iscritta al volo!

Mi dicono i ragazzi di ESA che non possono dire come e quanto durerà la missione, al momento. Vada come vada, sono contenta: già così, essere arrivati in orbita attorno ad una cometa, lontanissimo da casa: un’impresa incredibile, per cui hanno lavorato in molti con grande dedizione. Ma – qui nello spazio, mentre orbito intorno alla cometa e butto l’occhio su questo buffo ma interessantissimo pezzo di roccia anche per cercare quel birbone di Philae – non penso solo a loro. Penso che ognuno di voi ha contribuito per un pezzettino: e ognuno di voi, guardando il cielo, stanotte e le notti successive, potrà rivolgere un pensiero a me e a mio figlio, all’impresa che stiamo compiendo per tutti voi. Che voi avete reso possibile. Ed esserne un po’ contenti. Ed anche essere fieri di essere uomini: una volta tanto, ve lo potete permettere.

Fatevelo dire da una sonda: vale davvero la pena essere uomini, per lanciarsi ancora in avventure così. 

 

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