Blog di Marco Castellani

Mese: Febbraio 2016

Strumenti di lavoro

A volte uno fa lunghi ed estesi giri per riscoprire ciò che magari era già noto a tanti, da molto tempo. Però non credo siano mai giri inutili, siano mai peripezie invane. Intanto perché nella vita la cirtuitazione non è mai uguale a zero. Vivendo ti sporchi di quello che vivi, lo trattieni, te lo porti dietro. 
Contrariamente al detto una pietra che rotola non raccoglie mai sugo, secondo me di sugo ne raccogliamo tanto. E comunque. Tutto sta a volerne fare, con questo sugo, una bella pastasciutta. Oppure considerarlo solo come qualcosa che ci può sporcare il vestito. 
Il primo caso è quello davvero più interessante, perché se lo esploriamo a fondo vediamo che niente è veramente mai invano. Tutto serve. Magari si capisce subito, o dopo vent’anni. Ma tutto serve, sempre e comunque. Questo principio di conservazione squisitamente antispreco è qualcosa di molto confortante, a rifletterci bene. 
Così uno può attraversare delle fasi in cui, diciamo, sente il bisogno di aiuto nel comprendere la specificità e la unicità di ogni giorno. Così, tanto per essere sostenuto nella lotta ai pensieri pigri di andamento vagamente depressivo: quelli, per capirci. che assalgono tutti e ti avvelenano lentamente di frasi tipo è tutto uguale, non cambia mai niente, oggi è come ieri… 

Sono pensieri pigri da combattere, perché è noto a tutti il fenomeno: più ti ci incastri dentro, più sembra che la realtà ti si confermi in tale attitudine, mentre invece sei tu che selezioni dalla vita ciò che te la conferma. In un gioco, direi, che pur sembrando alquanto masochistico, comunque ci ritroviamo sovente a giocare, al di là delle nostre dichiarate intenzioni. 
E può capitare che un suggerimento ascoltato durante un incontro di Darsi Pace, trovi una eco imprevista nel cuore, come l’apertura di una possibilità. E non in una cosa nuova o particolarmente originale, ma in una nuovo sguardo su una cosa che più antica e tradizionale non si può.

Strumenti di lavoro… 

Si tratta infatti – ed è questa la sfida – di trovare una propria personalissima strada nel solco della tradizione. E’ questa la sfida veramente creativa, è questo il percorso interessante. Molto più fecondo dell’adesione cieca o del  rifiuto totalizzante.

Se infatti accettiamo – o meglio quando accettiamo – questa ipotesi di lavoro (Cristo come compagno del cammino dell’uomo), superando quella misteriosa repulsione tutta moderna, o almeno investigandola a fondo, ecco che torniamo alla sfida di nutrirci anche di testi e strumenti di cui si sono nutrite generazioni e generazioni.

E in questa luce, la tensione nel cercare qualcosa di nuovo si traduce e si riverbera – in modo forse più costruttivo – nella tensione nel cercare di vivere l’antico in modo nuovo. Come deve essere infatti veramente vissuto. 

Allora si comprende come l’avventura del rapporto con la divinità sia una cosa molto personale, in fondo. Personale, nella piena accoglienza della dottrina. E’ una sorta di paradosso che si risolve solo in modo esperienziale, vivendolo. Capita così di avvertire i dogmi non come limitazioni alla libertà di pensiero (cosa salubremente intollerabile per l’uomo moderno), ma come gli argini di un fiume, che aiutano a convogliare l’acqua, a farla scorrere l’acqua in modo diverso e personale per ognuno di noi.

E si riprendono magari degli strumenti di lavoro, come il calendario liturgico e la frequentazione di testi, che possono offrirsi alla meditazione di ogni giorno come aiuto anche a dare un colore alle varie giornate, e a rischiare la navigazione in mare aperto, secondo una rotta che è soltanto nostra, che è tutta da inventare. Una lettura nuova, che non dimentica niente delle acquisizione della modernità, che accoglie ogni fermento anche dalle posizioni più critiche. Una lettura che si pretende adulta, consapevole.

Ma che, al contempo, è saggiamente protetta, amorevolmente tutelata.

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Sì, ma a che serve l’Astrofisica?

Non è infrequente sentirsi rivolgere questa domanda. Da astrofisico, vi sono incappato diverse volte: direi che è praticamente inevitabile. Ma sia chiaro, qui non lo dico con fastidio, ma con interesse. E’ davvero qualcosa che richiede un ripensamento di base del lavoro stesso che facciamo, del modo esatto con cui riempiamo le giornate.

Per tutto questo, è una domanda salutare. Anzi, è una domanda che dobbiamo sempre rinnovare e riprendere, per arricchirla, costellarla di nuove ragioni e nuove risposte. A che serve l’astrofisica? 

Perché oggi, spendere soldi per indagare i misteri del cielo? Ha senso?

Perché oggi, spendere soldi per indagare i misteri del cielo? Ha senso? E’ ancora ragionevole?

Inizio da qui: è una domanda normale, pienamente lecita. Vorrei prima di tutto fermarmi su questo, sul fatto che è bello porre domande così fondamentali, è segno innanzitutto che siamo vivi. E dunque – come prima cosa – sostengo che è legittimo, pienamente legittimo.

Diciamo, uno magari porta i figli a scuola (nel traffico), poi si incanala sul raccordo anulare (in fila) per arrivare in ufficio. E intanto la radio dell’automobile gli ricorda – limpidamente ma anche implacabilmente –  che siamo in tempo di crisi. Una crisi globale, che investe l’economia, il lavoro, le relazioni, il mondo di guardare sé stessi e il mondo. Una occasione – a guardarla dal lato positivo – per rinnovarsi e ripensarsi, per non dare più niente per scontato. Per rispolverare, anche,  quelle domande che avevamo un tempo, quelle di capire tutto, di darci ragione di tutto. Che  magari abbiamo messo da parte, con l’etichetta ci penso dopo. 

Forse (azzardo) tutto avviene con un motivo. Forse la crisi è anche per questo. Per pensarci subito.

Ecco, allora a che serve? Perché, se uno fa il barista, è chiarissimo a cosa serva. Se uno fa il netturbino (o dovrei meglio dire operatore ecologico) è altrettanto chiaro. Serve, serve. Prova un po’ a farne a meno: te ne accorgi subito, non c’è necessità di discorsi. E non parliamo di chiunque lavori nella sanità, a qualunque titolo, dal chirurgo al portantino. E’ fin troppo ovvia e conclamata – giustamente – l’utilità del suo mestiere.

E se uno fa l’astrofisico, invece? Ecco, io credo che sia una domanda in qualche modo da tenere aperta. Perché sarebbe anche facile, per l’astrofisico di turno, buttare giù qualche riga in cui far sfoggio di retorica, riempire la pagina di ragioni per cui la scienza in generale, e quella più elusiva in particolare, quella che ha a che vedere con oggetti lontanissimi e che non toccheremo mai (esatto, proprio l’astrofisica insomma), ha piena ragione di essere oggetto dei nostri sforzi e del nostro umano operare. E del nostro portafoglio, parimenti: non dimentichiamoci che a finanziare la ricerca astrofisica, per gran parte, sono i cittadini che pagano le tasse. Siamo noi. Sei tu, che leggi questo articolo adesso: tu stai sostenendo la ricerca astrofisica, con il tuo lavoro.

Troppo facile, dunque, arroccarsi in una risposta d’ufficio. Domande come questa invece vanno tenute aperte. E va data una risposta sempre in progress, sempre rinnovata e fresca, adeguata al momento storico che si sta vivendo. Il sito stesso dal quale state leggendo, in fondo, nasce come tentativo di elaborare questa risposta sempre in divenire. 

Molto interessante e stimolante, a questo proposito, il dialogo affrontato questo mese su FisiCast (il podcast di Fisica di cui ci siamo occupati più volte), che stavolta ha proprio a titolo questo impegnativo e stimolante tema, A che serve l’astrofisica? Un ascolto quanto mai ricco di spunti ed idee, accessibile ma non frivolo, leggero ma consistente, al tempo stesso. Autore di questa interessante puntata è  Gianluca Li Causi,  altre voci dono quelle di : Chiara Piselli (che i nostri amici forse conoscono come la ragazza che… parla ai fotoni!) e Luigi Pulone. La regia è di  Edoardo Massaro. 

Come di consueto, vi è una varietà di possibili modi di fruizione. Qui riportiamo l’accesso YouTube, ma non è certamente l’unico. Sul sito www.fisicast.it potete infatti trovare come scaricare il podcast, magari per sentirlo in un momento di relax o in macchina (ottimo per le file sul raccordo anulare appunto, o equivalenti situazioni di potenziale stress). Avrete certamente qualcosa di pienamente ragionevole da dire, dopo, quando sentirete qualcuno lamentarsi per il costo delle missioni spaziali.

Perché le missioni spaziali costano tanto, è proprio vero. Ma è pienamente ragionevole farle. Per tanti motivi, molti dei quali sono ben descritti nella puntata di Fisicast… che ora, non resta che ascoltare!

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