L’ammasso globulare NGC 6652 brilla come un gioiello cosmico, in questa bellissima immagine inviataci dal Telescopio Spaziale Hubble.

Lo splendore di NGC 6652, visto da Hubble
Crediti:ESA/Hubble & NASA, A. Sarajedini, G. Piotto

Come si vede dall’immagine il nucleo dell’ammasso è quasi soffocato dalla luce blu pallida di innumerevoli stelle giovani, mentre nella periferia si trovano anche stelle più mature, di colore più rosso.

Gli ammassi globulari sono ambienti estremamente stabili, contenenti da decine di migliaia a milioni di stelle. L’intensa attrazione gravitazionale tra le stelle dona a questi oggetti la loro peculiare forma sferica. Nella nostra Galassia ce ne sono quasi duecento, ma nelle grandi galassie ellittiche possono essere anche migliaia.

E non sono soltanto belli! C’è molto di più, oltre la loro indubbia avvenenza. Gli ammassi globulari sono stati (e ancora risultano) il banco di prova su cui molte teorie dell’evoluzione stellare si sono elaborate, confrontate ed anche scontrate. Il fatto semplice e prezioso di avere tantissime stelle insieme, ad una distanza fissata, diverse (in primo luogo) solo per la loro massa, è stato fondamentale per mettere a punto quella parte fondamentale dell’indagine dei corpi celesti che è lo studio accurato della vita delle stelle: l’astrofisica, appunto.

Tale disciplina – che oggi forse ha perso un poco di visibilità sui media, in favore delle notizie che ci arrivano dagli oggetti lontanissimi dell’universo – ha avuto fortissimi sviluppi negli anni ’70 ed ’80 del secolo scorso, con contributi italiani importantissimi, quali ad esempio (ma non soltanto) quelli portati dalla scuola di Frascati.

Una storia alla quale chi vi scrive ora ha avuto la fortuna di assistere, in buona parte. Una storia che andrebbe veramente scritta per esteso, una volta o l’altra.

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