Blog di Marco Castellani

Categoria: Libri

Una antica meraviglia

Una mattina come tante. Scendo con Agnese, facciamo un pezzettino di strada insieme, poi lei va verso scuola (che è proprio sotto casa) e io a prendere la macchina per andare al lavoro.
Ma sì. Una mattina come tante. Facciamo colazione scherzando un pò… Scendiamo in ascensore e le improvviso finti animaletti (noi li chiamiamo mangiabocca, animaletti parlanti che faccio io muovendo le mani) che sostengono di essere venuti a trovarla, di notte.

– Ma quando? fa lei, con insolito interesse.

L’ascensore ci sta portando dal quarto piano al piano terra.
– Una notte, che leggevi, con la luce accesa. Invento.

– Sì sì ma quando? Incalza lei. Non so che dire… 
– Maa… beh, una notte… una notte che pioveva tanto. Improvviso. Butto lì. Tanto per dire.
– Che pioveva tanto? Mi sorprende l’insistenza della bimba.
Apriamo la porta a vetri dell’androne. Siamo fuori. Allora lei mi racconta. Mi racconta di un libro che sta leggendo. Senza che io dica nulla, mi dice – sinceramente stupita – di come le succede che leggendo è come se entrasse tutta dentro la storia. E’ come se ci fosse dentro

book heart <3

E mi porta un esempio che riguarda proprio la pioggia. Mi racconta di come nel libro vi sia un episodio che avveniva durante un forte acquazzone, e che lei chiudendo il libro fosse rimasta così dentro la storia, che si immaginava che piovesse davvero. Ha il libro con se, mi fa vedere alcune pagine, delle figure. Ma siamo d’accordo, per entrare nella storia non c’è nemmeno bisogno delle figure.
La saluto e vado verso l’auto, riflettendo. Stupito io per primo. Ecco, una bimba di nove anni ha da poco aperto lo scrigno preziosissimo della lettura. Altro che televisione, computer, Internet. Leggere. Una antica meraviglia che si rinnova sempre. Che chiede solo un minimo di disponibilità iniziale. E regala tanto, premia tanto, per questa iniziale piccola disponibilità.
C’è stato un tempo che pensavo leggere romanzi fosse tempo sprecato, in fondo. Come fosse una evasione della realtà. Che cantonata avevo preso! Di più. Una miopia pazzesca. Il fatto, il fatto vero, è che dopo aver letto, dopo essere “evaso”, rientri nella realtà e ti trovi –  in maniera imprevedibile, incredibile – più capace, più pronto, più attrezzato, più capace di leggere il reale ed interpretarlo. Allora non sei uscito dalla realtà, non è evasione. Hai appreso qualcosa, sei cresciuto. Puoi entrare nei tuoi problemi, con una marcia in più. Qualcosa di prezioso, che la semplice analisi della realtà non ti avrebbe dato. 
Accendo l’autoradio mentre vado al lavoro, mi sintonizzo su Radio Uno per ascoltare Ben Fatto, uno dei miei programmi preferiti del mattino. Ogni giorno c’è un tema. E non ti trovo oggi, che parlano dei libri, delle lettura?  Con l’aggiunta di una canzone di Branduardi dedicata proprio al potere della lettura, Il libro.
Ma che coincidenza. Come … leggerla? 

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Bianca come il latte, rossa come il sangue

Vi sono libri che instaurano un rapporto particolare con chi li legge. Non dipende solo dal libro, non dipende esclusivamente dal lettore: è come un’affinità che vibra nella composizione virtuosa di chi conosce con l’oggetto del conoscere. 
Questo libro mi è piaciuto molto. Quando un libro mi piace davvero lo capisco perché mi ritrovo, ad un certo punto, a verificare con una certa apprensione il numero di pagine che ancora mancano, come a controllare che vi sia ancora un certo periodo minimo “garantito” prima di dover sbucare fuori. Quando sbuchi fuori da un libro, o da una musica, che ti piace, ti senti grato ma avverti anche un senso di mancanza. Come dire stavo bene lì dove stavo…
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Biaca come il latte, rosa come il sangue  (Alessandro d’Avenia)

Non sarà un capolavoro,  ma è ben scritto (e pensato). E la storia di Beatrice, di Silvia e Leo mi ha preso. Mi ha commosso in diversi punti. Mi ha fatto pensare. Soprattutto mi ha  rasserenato, come lo scrivere onesto e non furbetto può rasserenare. 
Perché mi piace? Forse perché è coraggioso nello sdoganare il mondo dell’adolescenza da tanti stereotipi e luoghi comuni. Finalmente l’adolescenza viene riumanizzata.  La malattia di Beatrice è il punto dove la finzione non regge più, e si vede come l’adolescente e l’uomo maturo sono molto vicini, molto più di quanto la percezione comune porterebbe a pensare (ci capita di pensare a compartimenti stagni, perché è meno faticoso: il bambino e il suo mondo, l’adolescente e i suoi problemi, e così via). 
L’adolescente e l’uomo maturo sono vicinissimi perché in entrambi brucia forte una domanda di senso. E che il giovane chiede e cerca un adulto capace di intercettare la domanda di senso (anche a scuola). 
Che se c’è un senso nella vita e nel dolore, se dopotutto ci fosse, esistesse davvero, più tragico ancora del dolore stesso sarebbe il non percepirne nemmeno il riverbero…

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La musica in testa…

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Appena terminato il libro La musica in testa. Non resisto a buttare giù qualche considerazione “a caldo”…

Allevi scrittore è stata una bellissima sorpresa. Il candore e l’entusiasmo dell’Autore trapelano irresistibili dalle pagine, il misto di biografia e considerazioni sull’arte e sull’esistenza non è mai pretenzioso ma sempre godibile e mai banale.
Nella sua leggerezza afferra il lettore e lo porta ad apprezzare (e gioire) di una concezione di arte mai “accademica” ma al servizio della gente. L’entusiasmo è il perno dell’ultimo capitolo, ed è un concetto davvero capace di strapparci dalle paludi del razionalismo triste, aprirci la testa e riempirla di musica e voglia di fare… leggetelo, se vi capita. Anzi anche se doveste cercarlo. Consigliato!

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Il fuoco della poesia

“Mi ubriaca la mente, la accende. Mi fa essere più ragionevole e più matto di libertà. Mi sbatte contro il muro. Mi lancia verso la grande aria del mare. E poi sosta. Lascia appesi col cuore alla luna. Sempre notte, sempre giorno. Non so cosa farci. E’ lei, la poesia.”
E’ contrario ad ogni buon senso scrivere di un libro non dopo averlo letto, ma dopo appena averne lette poche pagine? Penso proprio di sì. Ma tale è il senso di apertura, di liberazione, di gioia per leggere finalmente qualcosa che onestamente parla al cuore, che lo faccio lo stesso.

More about Il fuoco della poesiaPerché è davvero un bene per tutti. Una persona sinceramente appassionata di poesia, attraverso le sue mani, le sue parole, te la riporta viva, reale, ti fa capire che è utile, anzi necessaria (basta pensare a Benigni con la Divina Commedia). Nonostante tutte le operazioni possibili di disinnesco, nonostante tutta la distrazione di “questo tempo duro”.

Ci sono dei libri in cui appena leggo due o tre frasi, ma direi due o tre parole, subito respiro meglio, come più largo. Un senso di libertà, una possibilità di gioia che fa capolino di nuovo. Con Davide Rondoni non è infrequente che mi capiti.
“Il mondo chiede di essere messo a fuoco al di là delle prime apparenze. Ci invita. I poeti fanno questo lavoro con le parole. Altri lo fanno con alambicchi e microscopi. O con l’aratro sul campo  o lo scalpello sul marmo. Per cercarne il segreto. Che non smette di parlare, di sollecitare.”
La poesia così intesa – ovvero (azzardo io) intesa correttamente – smette di sembrare passatempo per studiosi, si leva di dosso ogni polvere del tempo, torna ad essere necessaria per l’uomo: l’uomo che vuole davvero vivere la sua esistenza nel mondo, scandagliandone il significato. Che non accetta l’anestesia indotta dalla distrazione televisiva media. “Non verranno da loro, e dalle loro tribune, le parole per leggeere e dire le urgenze di questo tempo”

La poesia è per l’uomo (ogni uomo). Basterebbe questo: “Per fare esperienza della poesia (…) non occorre essere esperti di letteratura. Occorre essere vivi, disposti al continuo evento del mondo e del suo segreto

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Anni diVersi, il primo libro di poesie

E’ abbastanza curioso, ma non ne ho ancora scritto nulla, nonostante lo abbia completato da qualche settimana. Eppure è una cosa che davvero, fino a tempi anche recenti, avrei pensato appartenesse al dominio dei sogni. Ma tutto sommato, i sogni sono interessanti perchè a volte presentano delle intersezioni non nulle con la realtà: a volte fanno la gentilezza di diventare materia. Ora, da un certo punto di vista, la premessa potrà apparire esagerata, trattandosi solo (diciamo, finalmente diciamo l’oggetto!) di un piccolo libretto: Anni diVersi è il mio primo libretto di poesie, una collezione elaborata e predisposta per la stampa, grazie alle possibilità offerte dal sito di Lulu.com.

Da tanti anni, con intervalli di maggior e minore convinzione, ho scritto poesie. Un pò tutti i computer su cui ho messo le mani, prima o poi hanno materializzato nel loro disco rigido una cartellina scrivere con qualche poesia, completa o in forma di abbozzo su cui lavorare. Alcune sicuramente le ho anche disperse; in tempi più recenti, per ovviare alla mia tendenziale entropicità mi sono spostato on the cloud e lavoro su Google Documenti: almeno le ritrovo sempre tutte lì. Magari ne riprendo una che all’inizio non mi convinceva e ne traccio una direzione nuova, che più mi lascia indifeso, mi convince a continuare.

Bene, ma tutto questo è ancora nulla, al confronto di trovarsi tra le mani un libretto, un libretto vero, materiale, consistente di una consistenza dignitosissima di cosa, oggetto tra gli oggetti. Semplicissimo ed esistente: che si può aprire, leggere, lasciare appoggiato sul comodino, sul tavolo, sul letto. Esiste, fuori da ogni computer e idea e progetto e speranza e sogno: esiste, finalmente! Che sensazione particolarissima toccarlo, aprirlo, sfogliarlo.

Poi si aprono cammini dall’inizio non previsti, nè calcolati. Che ad esempio ai più vicini e ai congiunti piaccia, e davvero, non è cosa che io consideri scontato, piuttosto mi gratifica realmente. Che la madre lo abbia mostrato alla zia, che ne chieda una copia, mi fa contento davvero. Che apprezzi la poesia sulla scomparsa di mio papà, anche di più: quando la avrei mostrata alla mamma, alla zia, altrimenti?

Così potrei comprarlo solo io, la cosa non perderebbe d’importanza, per me. Anzi sto pensando al libro con i racconti e le poesie, o un secondo libro di poesie. E’ bello dare sostanza concreta ai propri sogni.

Così sarei ipocrita se non vi invitassi a leggerle alcune, delle poesie, se volete: il libretto oltre alla versione a stampa permette di essere scaricato anche in forma digitale, e ho fatto sì che fosse gratuita. Se poi voleste lasciare una breve recensione (veritiera, non lusinghiera..) mi fareste certo anche più contento. C’è il tastino “Scrivi una recensione” proprio nella pagina del libro…  😉

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Il bello dell’età di mezzo

More about Il bello dell'età di mezzo Sì, vi sono volte nelle quali, in seguito magari alla lettura di un libro, oppure alla visione di un film, si abbia desiderio come di ringraziarne l’autore, per l’arricchimento che sentiamo più come un “dono” che una nostra “conquista” (e per questo ne siamo appunto grati).

Con le modalità di connessione disponibili nella nostra era moderna, tra l’altro, ciò è spesso diventato una cosa possibile. Così, appena conclusa la lettura di questo libro, ho consultato il blog di Valerio Albisetti, ho trovato il contatto, e mi sono permesso di scrivergli un paio di righe.

Ho pensato poi di riprodurle qui sotto; magari a qualcuno potranno costituire come un “semino” per far nascere la curiosità intorno a questo libro, che a me è piaciuto molto…

Caro Valerio (se mi permetti il tono confidenziale), ti scrivo solo per dirti un grande “grazie!”; ho appena finito di leggere il libro “Il bello dell’età di mezzo”, veramente molto bello e, ritengo, davvero “di aiuto” per le persone, come me, nella fase intermedia del loro cammino esistenziale.


In particolare l’ultimo capitolo lo trovo di una progressione “gioiosa” veramente affascinante; capisco come il tuo coniugare psicologia-psicoterapia con la fede sia davvero un’opzione feconda e intrigante.. Ma questo forse, rifletto, è vero sempre: quando non pensiamo alla fede come una cosa a parte, ma le permettiamo di “fecondare” e rendere più – davvero – umane le nostre attività, è sempre un guadagno, umanissimo e prezioso…

grazie ancora, un caro saluto.

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Non dire notte, di Amos Oz

Immagine di Non dire notte
Delicato, forse si potrebbe definire.

Non c’e’ una storia “forte”, difatti – forse perchè la storia, il punto sensibile del romanzo, è la capacità stessa di rapporto della coppia di cui si narra, così diversa per età, inclinazioni, atteggiamenti… il basso continuo del loro ritrovarsi “a mezza strada”, la mediazione intelligente ma spontanea… questa mi pare la musica sommessa del libro, a cui magari ti abitui senza nemmeno accorgerti. Fin che non l’hai finito, e allora ci pensi…

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