Blog di Marco Castellani

Due buchi neri supermassicci al limite dell’universo visibile

di Sabrina Masiero, Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova,  Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)-Osservatorio Astronomico di Padova

Questa rappresentazione artistica mostra uno dei più primitivi buchi neri supermassicci conosciuti (il puntino scuro centrale) nel core di una galassia appena formatasi e ricca di stelle. Crediti: NASA/JPL-Caltech.

Gli astronomi si sono imbattuti in quelli che sembrano i più primitivi e giovani buchi neri supermassicci mai conosciuti. La scoperta, avvenuta sulla base di lunghe osservazioni compiute dallo Spitzer Space Telescope della NASA, permetterà di approfondire meglio la conoscenza del nostro Universo e di capire meglio come si siano formati non solo i buchi neri, ma anche le galassie stesse che li ospitano oltre alle stelle che compongono le galassie.

Abbiamo trovato quella che possiamo definire la prima generazione di quasar, nati in un mezzo vuoto di polvere e ai loro primi stadi evolutivi” ha affermato Linhua Jiang dell’Università dell’Arizona, Tucson. Jiang è primo autore dell’articolo apparso ieri, 18 marzo, su Nature.
Come tutti gli oggetti massicci, anche i buchi neri producono distorsioni dello spazio-tempo. Quelli più massicci e attivi nel core delle galassie sono spesso circondati da strutture a forma toroidale (simili a delle ciambelle, per dare una visione più simpatica) di gas e polvere che sostengono e alimentano il crescente buco nero centrale. Questi buchi neri supermassicci sono chiamati “quasar”.

Da tempo si portava avanti l’idea che il primitivo Universo non dovesse avere polvere e, di conseguenza, anche i primissimi quasar dovessero essere privi di polvere. Finora non era stato possibile osservare quasar “immacolati”, ossia privi di polvere. Lo Spitzer Space Telescope ne ha individuati due a una distanza di circa 13 miliardi di anni luce di distanza dalla Terra. I quasar, denominati con le sigle J0005-0006 e J0303-0019, sono stati rivelati nella luce visibile utilizzando i dati della Sloan Digital Sky Survey. Il team che ha compiuto la scoperta, che comprende la ricercatrice Jiang, è stato guidato da Xiaohui Fan, co-autore del recente articolo all’Università dell’Arizona. Il Chandra X-ray Observatory della NASA ha rilevato emissione di raggi X da uno dei due oggetti e un fascio di luce nell’ultravioletto e nell’ottico da entrambi i quasar prodotto dal gas che li circonda, soggetto all’attrazione gravitazionale.
I quasar emettono un’enorme quantità di energia, rendendoli letteralmente osservabili al limite dell’universo visibile” ha affermato Fan.

Quando Jiang e colleghi iniziarono a compiere le loro osservazioni di J0005-0006 e J0303-0019 con lo Spitzer Space Telescope tra il 2006 e il 2009, le due galassie rientravano all’interno del campione di quasar da analizzare e non avevano nulla di atipico. Lo Spitzer misurò la luce infrarossa proveniente dai due oggetti insieme a quella di altre 19 galassie, tutte appartenenti ad una classe di quasar tra i più distanti mai conosciuti. Ciascun quasar possedeva un buco nero supermassiccio nel suo centro con masse di circa 100 milioni di masse solari.
Dei 21 quasar, i dati di Spitzer mostravano che J0005-0006 e J0303-0019 erano prive della firma caratteristica della presenza della polvere calda. La vista infrarossa di Spitzer ha trasformato il telescopio spaziale in uno strumento ideale per rilevare il bagliore caldo della polvere che era stata riscaldata man mano che si alimentavano i buchi neri.

Riteniamo che i primissimi buchi neri si siano formati al tempo in cui la polvere si stava formando nell’Universo, meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang” ha affermato Fan. “Il primitivo Universo non conteneva alcuna molecola che avrebbe potuto formare la polvere. Gli elementi necessari per questo processo sono stati prodotti e riversarti nell’Universo più tardi, dalle stelle“.

Infine, i ricercatori hanno notato che la quantità di polvere calda in un quasar cresce con la massa del suo buco nero. Man mano che un buco nero aumenta, la polvere ha tempo sufficiente per formarsi intorno ad esso. I buchi neri nel core di J0005-0006 e J0303-0019 hanno valori di massa più piccoli misurati finora nel primitivo universo, indicando che sono particolarmente giovani e ad uno stadio tale che la polvere non si è ancora formata intorno ad essi.

Fonte Jet Propulsion Laboratory: http://www.jpl.nasa.gov/news/news.cfm?release=2010-088 .

Sabrina

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1 Comment

  1. A Gnazzitto

    Io mi pongo questa domanda. Se i Buchi Neri nell'universo primordiale dopo il Big Bang si fossero creati dal collasso della materia stessa ?!? La materia genera gravità. Le alte temperature è la concentrazione di materia in quella zuppa primordiale non potrebbe aver generato della sigolarità (?) all'interno di questa nube ribollente?!? Il collasso gravitazionale della materia stessa potrebbe generare mostri enormi come quelli che si trovano nei core dei Quasar. Poi c'è anche da pensare che molte stelle primordiali ancora giovani ed instabili abbiano contribuito alla formazione di buchi neri dal loro veloce collasso gravitazionale. I buchi neri primordiali diventando supermassicci avrebbero attirato della materia durante il loro viaggio nell'universo abbuffandosene. Cosi facendo non solo diventavano enormi ma attiravano dell'altro materiale mentre lo consumavano diventando una nebulosa, interagendo con la materia questa attirava altro materiale generando cosi stelle al suo interno, La Materia attirava altra materia per la reciproca attrazione gravitazionale. Seguendo il moto rotatorio del buco nero su proprio asse, lentamente, questa nube inizia a cambiare forma mentre cresce attira altra materia a se è atraverso le collisioni prende quella forma a spirale che oggi chiamiamo Galassia. Sicuramente stò facendo molta confusione. Non sono uno scienziato, ma un semplice appassionato di astronomia. Però mi piace pormi delle domande è magari condividerle con qualcuno, anche se poi risulteranno sbagliate!!!

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