Quarantacinquemila galassie

Sembra impossibile, ma qui sotto ci sono circa quarantacinquemila galassie. L’immagine è stata acquisita con il Telescopio Spaziale James Webb e mostra una regione nota come GOODS-South, già ampiamente investigata da Hubble.

Il campo profondo GOODS-South.
Crediti: NASA, ESA, CSA, Brant Robertson (UC Santa Cruz), Ben Johnson (CfA), Sandro Tacchella (Cambridge), Marcia Rieke (University of Arizona), Daniel Eisenstein (CfA). Image processing: Alyssa Pagan (STScI)

Ed è assai importante per gli astronomi. Perché tra le questioni più spinose c’è ne è sempre una in particolare: come si sono formate le prime stelle e le prime galassie? Uno dei programmi più ambiziosi del James Webb, chiamato JADES dedica ben 32 giorni di tempo telescopio ad individuare e caratterizzare le galassie deboli e lontane. Proprio per riuscire a capirci qualcosa (di più).

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Veder formare una galassia

L’universo si muove, lo sappiamo. Spesso però i tempi scala che sono diversamente estesi rispetto alla vita umana, non ci consentono di apprezzare quel che sta pur adesso, accadendo.

Ci vengono in soccorso dunque le simulazioni, che comprimono grandemente la dimensione temporale in modo che diventi apprezzabile per il nostro occhi. Queste – come quella che presento qui, che parte dal gas nell’universi primordiale fino a giungere al disco di una galassia spirale – sono cose che fino a pochi anni fa, ce saremmo semplicemente sognate.

In poco più di due minuti, la formazione di un disco galattico, a partire dalla materia primordiale. Crediti: TNG CollaborationMPCDFFAS Harvard U.; Musica: World’s Sunrise (YouTube: Jimena Contreras)

Oggi possiamo goderne. Prenderci un paio di minuti per vedere come, secondo la scienza (la simulazione è fatta in accordo pieno con il quadro teorico attualmente ritenuto valido) si forma una galassia, è concederci di osservare qualcosa che i grandi astronomi del passato nemmeno osavano sognare.

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La medusa catturata da Hubble

La galassia medusa JW39 fluttua serenamente nello spazio, in questa immagine del Telescopio Spaziale Hubble. O perlomeno, così sembra.

La galassia “medusa” JW39
Crediti: ESA/Hubble & NASA, M. Gullieuszik and the GASP team

A dispetto delle apparenze, la galassia si trova a nuotare in un ambiente ferocemente ostile: un ammasso di galassie. Rispetto alle loro controparti isolate, infatti, le galassie negli ammassi combattono delle aspre battaglie. E ne portano i segni: spesso appaiono distorte dall’attrazione gravitazionale di vicini invadenti (e grandi), che le possono distorcere in una varietà infinita di modi. Tutto sommato, per l’ambiente in cui si trova, JW39 conserva una apparenza tutto sommato ordinata e simmetrica.

Con una parola (troppo) in voga, potremmo forse chiamarla una galassia resiliente. A guardarla bene, questa maestosa galassia lontana quasi un miliardo di anni luce da me, mi insegna che si può splendere anche nella fatica, si può brillare anche dentro la battaglia.

Certo, io me lo scordo sempre. Ma forse lei, sta lì per questo.

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Il potente motore di NGC 5283

La galassia lenticolare NGC 5283: è senz’altro lei la protagonista di questa bella immagine presa dal Telescopio Spaziale Hubble. NGC 5283 è una galassia che contiene al suo centro un nucleo galattico attivo (in breve AGN, da Active Galactic Nuclei), ovvero una regione estremamente compatta e luminosa, dove risiede sornione (ma non troppo) un buco nero di grande massa.

La galassia NGC 5283
Crediti: NASA, ESA, A. Barth, M. Revalski; Processing: Gladys Kober

Prima di cadere inesorabilmente preda del buco nero, la materia al suo intorno si riscalda terribilmente e diventa molto luminosa, così da giustificare la grande luce che vediamo provenire da questi oggetti, un tempo decisamente misteriosi.

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Troppi dati, caro Hubble!

Se non proprio perfetta, questa galassia è senz’altro una delle più fotogeniche. In pratica, un piccolo universo contenente miliardi di stelle, a circa quaranta milioni di anni luce da noi, in direzione della costellazione Dorado.

La bellissima galassia NGC 1566
Crediti: ESANASAHubbleProcessing: Detlev Odenthal

Sarà che anche l’orientazione aiuta, perché NGC 1566, il nome in codice di tanta bellezza, è posta in modo tale che la vediamo esattamente di fronte. Per l’anagrafe una grande galassia a spirale, esibisce due bracci che si avvolgono delicatamente su distanze immense, definendo così delle zone di intensa formazione stellare e sede di diversi ammassi stellari, graziosamente evidenziate dalla luce di colore violaceo che ne fuoriesce.

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L’importanza estrema di ciò che non si vede

Questa bella immagine fornita dal Telescopio Spaziale Hubble ci mostra un sistema di galassie interagenti noto come AM 1214-255.

Il sistema di galassie AM 1214-255
Crediti: NASA, ESA, A. Barth, and J. Dalcanton; Processing: Gladys Kober

Queste contengono al loro interno un nucleo galattico attivo, che è una regione straordinariamente luminosa della galassia stessa. Ed è così tanto luminosa perché ospita al suo interno – proprio nel cuore della galassia – un buco nero di grande massa, attorno al quale spiraleggia furiosamente la materia generando una enorme quantità di energia e luce.

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Prime immagini da SuperBIT

Una delle prime immagini scientifiche per il Super Pressure Balloon Imaging Telescope (SuperBIT), lanciato il 16 di questo mese dalla Nuova Zelanda, riguarda le Galassie Antenne.

Superba immagine delle Galassie Antenne, ad opera di SuperBIT
Crediti: NASA/SuperBIT

L’immagine è stata catturata dal telescopio, attaccato ad un pallone in galleggiamento a circa 33 chilometri da terra. SuperBIT cattura immagini di galassie dalla banda visibile al vicino ultravioletto: la cosa era già nelle corde del più attempato Telescopio Spaziale Hubble, ma SuperBIT vanta un campo di vista molto più grande.

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Parlare dello spazio

Ogni tanto per capire cosa ci sto a fare qui mi serve dare un’occhiata indietro, per ricordarmi come sono arrivato qui.

Questo progetto (per molta parte con il precedente nome di gruppolocale.it) è in corsa da diversi anni. Forse è proprio questo il suo reale valore, al di là delle notizie astronomiche che ora meglio e più diffusamente vengono rilanciate da ottimi siti, come Media INAF per esempio.

Qui cerco dunque un punto di vista, mi permetto collegamenti che non potrei fare se non in un blog personale. Anche, prendo vantaggio del mio non indifferente archivio. Il progetto è online dal lontano maggio 2002 ma in realtà anche da prima, sia pure in forma che nell’originale è ora difficilmente fruibile.

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