Blog di Marco Castellani

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Un quasar primordiale

A cosa assomigliavano i primi quasar? Quelli più vicini, sappiamo che coinvolgono buchi neri di grande massa al centro di galassie attive. Gas e polveri che cadono dentro il quasar rifulgono, di uno splendore tale che a volte l’intera galassia che ospita questo spettacolo passa in secondo piano.

Però i quasar che si sono formati nei primi miliardi di anni dell’universo sono ben più misteriosi, ancora. Tutti da capire.

Così potrebbe sembrare un “antico quasar”. Un testimone prezioso dell’infanzia del cosmo…
Crediti & LicenzaESOM. Kornmesser

Questa è una ricostruzione artistica, basata sui dati che abbiamo, di come potrebbe essere stato un quasar nell’universo ancora bambino. Centrato su un buco nero di grande massa, circondato da strati di gas e da un disco di accrescimento, caratterizzato da un forte fascio di emissione, perpendicolare al suo piano di rotazione.

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Invito al viaggio

Ancora il Telescopio Spaziale Hubble ci fornisce una stupenda immagine: è la galassia NGC 3568, una meravigliosa spirale barrata che si trova a circa 57 milioni di anni luce da noi.

Nel 2014 ha raggiunto la Terra un lampo di luce corrispondente alla titanica esplosione di una stella di grande massa, proprio dentro questa galassia. La cosa interessante è che – sebbene la gran parte delle scoperte astronomiche sia ormai opera di team di astronomi professionisti – questa supernova è stata scovata da un appassionato astrofilo, affiliato al progetto Backyard Observatory Supernova Search.

La stupenda galassia NGC 3568
Crediti: ESA/Hubble & NASA, M. Sun

C’è da dire che gli astrofili effettuano spesso scoperte assai interessanti, specialmente per fenomeni transienti come supernove e comete. Del resto, il cielo è troppo grande e troppo pieno di cose che accadono, per essere lasciato solo agli astronomi professionisti.

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Messier 101, la bellezza del vero

Enorme e bellissima la galassia a spirale M 101. Uno degli ultimi record nel catalogo di Charles Messier, celebre lista di 110 oggetti celesti, pubblicata nel lontano 1774. Davvero imponente: con la sua larghezza di circa 170.000 anni luce, è grande circa il doppio della nostra Galassia (che pure non scherza). Nota anche come la Galassia Girandola, M 101 si trova ai bordi della costellazione dell’Orsa Maggiore, circa 25 milioni di anni luce da noi.

La meravigliosa galassia Messier 101. Crediti: NASAESACFHTNOAO

M 101 è stata anche oggetto delle osservazioni di Lord Rosse nel secolo diciannovesimo, con il suo celebre Leviatano di Parsonstown, all’epoca il telescopio più grande del mondo. Venendo più vicini ai nostri tempi, l’immagine che adesso ammirate è stata ottenuta componendo ben 51 esposizioni acquisite dal Telescopio Spaziale Hubble a cavallo tra il ventesimo ed il ventunesimo secolo, con l’aggiunta di altri dati provenienti da strumentazione a terra. Copre una ampiezza di circa 40.000 anni luce intorno alla regione centrale della galassia, per un ritratto di galassia tra i più precisi mai ottenuti.

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Questo universo, di stelle bambine

Fateci caso, in astronomia si parla di quanto è vecchio l’universo (a proposito, siamo sui 13,8 miliardi di anni), e così ci si istalla in mente l’idea di un cosmo un poco stagionato, interessante ma non certo spumeggiate, che ha fatto tante cose, d’accordo, ma ormai è un po’… quello che è.

Ed è ancora il paradigma dello stato stazionario, alla fine, che ci ingombra la mente. Quel pensiero che in fondo niente di sorprendente può accadere, là fuori (e non solo). Meno male che i controesempi non mancano: così possiamo fugare questo pensiero errato, ogni volta che ci torna addosso.

Image Credit & LicenseNASAESAHubbleProcessing: Judy Schmidt

Eccone uno, uno tra molti. Si chiama NGC 346 ed è una regione di formazione stellare, a circa 200 anni luce da noi (dietro l’angolo, per le scale cosmiche). Ancora una volta, è il Telescopio Spaziale Hubble a restituirci questa stupenda immagine. La regione fa parte della Piccola Nube di Magellano, una galassietta piccola ma suggestiva, satellite della nostra. E qui c’è la chiarissima evidenza di tante tante stelle bambine, stelle in formazione nella loro nube natale, avvolte tiepidamente nell’alone rosso che per la presenza di gas e polveri indica così bene questi luoghi di fresca nascita.

Nella canzone Notturno Indiano, un canto tradizionale ripreso magistralmente da Angelo Branduardi, si parla delle stelle bambine, di un cielo luogo di intatta meraviglia. Soprattutto, di uomini ancora capaci di meravigliarsi. Ancora bambini, in un certo senso: proprio come queste stelle.

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L’ultimo saluto ad un grande

La NASA sta per dare in questi giorni l’ultimo saluto ad uno degli osservatori spaziali che hanno veramente fatto la storia dell’astronomia, in questi ultimi anni. Si tratta del Telescopio Spaziale Spitzer, che opera nell’infrarosso. Ci siamo: dopo circa sedici anni di fantastico lavoro, la missione si avvicina al suo termine, fissato per il giorno 30 di questo mese.

Anche noi, nella nostra non cortissima storia, abbiamo varie volte fatto riferimento a questo splendido strumento di indagine del cielo. E non avremmo potuto evitarlo, visto il livello di eccellenza dei risultati scientifici generati dai dati raccolti dalla sonda. E da quanto sia fondamentale questa finestra infrarossa per capire cosa accade nel cielo, ad ogni possibile livello di distanza, dalla Via Lattea fino alle galassie più remote.

Lanciato nel lontano 2003, Spitzer ha consentito passi avanti giganteschi in moltissime branche dell’astronomia. Disegnato per studiare il freddo, il vecchio e il polveroso, tre cose che gli astronomi osservano bene in luce infrarossa appunto. Il che vuol dire, dai mondi lontanissimi al settore intrigante degli esopianeti, raccogliendo informazioni impossibili da ottenere nelle bande ottiche, drammaticamente trattenute dalla polvere cosmica.

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Fusione di galasse in NGC 2623

Dove si vanno a formare le stelle quando le grandi galassie si uniscono? Per comprendere questo argomento, ancora molto dibattuto, gli astronomi sono andati ad indagare nuovamente il sistema NGC 2623, costituito da due galassie nell’atto di fondersi una con l’altra (ce ne occupammo anche noi, nel lontano 2009).

L’indagine – si può dire davvero – è stata condotta “ad ampio spettro”, mettendo insieme i dati raccolti con una serie di strumenti diversi, ognuno operante in bande diverse. E’ stato usato il Telescopio Spaziale Hubble per quanto riguarda la radiazione in banda ottica, lo Spitzer Space Telescope per l’infrarosso, XMM Newton per la banda X, ed infine GALEX per la radiazione ultravioletta.

Il sistema NGC 2623, due galassie profondamente “coinvolte”. Crediti: ESA/Hubble & NASA

L’insieme di tutti questi dati mostra senza possibilità di equivoco, come le due galassie appaiano ormai decisamente “compromesse” una con l’altra, tanto che i due nuclei si sono già praticamente uniti in un gigantesco nucleo galattico attivo.

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A spasso nell’universo

Come potrebbe essere un viaggio nelle regioni più remote dell’universo? Un team di astronomi si è preso la briga di verificarlo, stimando le distanze relative di più di cinquemila galassie in uno dei campi di galassie più lontano che sia mai stato indagato. Ci stiamo riferendo al famoso campo ultra profondo di Hubble  (HUDF, dall’inglese Hubble Ultra Deep Field).

Poiché la velocità della luce impiega un tempo molto lungo ad attraversare l’universo, la maggior parte delle galassie che si vedono nel video qui sopra sono rappresentate nel momento in cui l’universo stesso aveva appena una frazione dell’età corrente. Dunque sono ancora in formazione, ed hanno forme spesso peculiari, rispetto alle galassie “contemporanee”. Tanto per dire, non troverete certamente galassie a spirale completamente formate, tipo la nostra Via Lattea (con i suoi tredici e passa miliardi di anni di età, non si può proprio dire sia ancora in formazione), o come la galassia di Andromeda, una tra le galassie più estese tra quelle a noi vicine.

Verso la fine del video arriviamo a lambire le galassie più lontane del campo HUDF, che presentano un valore di redshift impressionante, superiore ad otto (caratteristica di oggetti tra i più lontani mai osservati). Questa classe di galassie giovani di bassa luminosità conteneva verosimilmente diverse stelle energetiche di grande massa, responsabili con la loro radiazione della trasformazione di molto gas residuo  in plasma caldo ionizzato.

Fonte: Astronomy Picture of the Day, 27 agosto 2013

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Celebrità… galattiche!

NGC 3185 si trova a circa 80 milioni di anni luce da noi, nella costellazione del Leone. Al centro della galassia c’è un nucleo compatto ma molto brillante, che ospita un buco nero di grande massa. Buchi neri di questa categoria possono avere masse anche pari a migliaia di volte quella del Sole.

3185

La galassia NGC 3185 (Crediti: ESO/Hubble & NASA)

NGC 3185 fa parte di un piccolo gruppo di appena quattro galassie, chiamato Hickson 44. Un’altra galassia che fa parte del gruppetto è NGC 3190. Come vedremo, è una galassia ben più famosa della sua compagna, per motivi che travalicano certamente l’ambito astronomico…

eso3190

La galassia NGC3190, vista da un telescopio (Crediti: ESO)

A prima vista forse il nome può non dirvi niente, ma se siete utenti Apple e se di recente vi è capitato di inizializzare un computer con la meletta, sicuramente vi siete trovati davanti ad uno sfondo azzurrino con una maestosa galassia che campeggia in primo piano: è lei, probabilmente la galassia più diffusa sui nostri schermi 🙂

La galassia NGC3190, vista da un computer Apple...

La galassia NGC3190, vista da un computer Apple…

La cosa interessante – che probabilmente molti ignorano – è che nel tempo abbiamo assistito ad un vero e proprio (silenzioso) “cambio di galassia”. Con OS X “Lion”, la galassia in effetti era quella di Andromeda (come hanno risposto alcuni lettori nel piccolo quiz che abbiamo lanciato stamattina sulla nostra pagina Facebook), dopodiché, all’uscita della successiva versione “Mountain Lion” la galassia è cambiata in NGC 3190. Peraltro, in questo caso, non è subito stato chiaro agli utenti di che galassia si trattasse: ci è voluto un po’ per scoprirlo 🙂

Per essere un po’ pignoli, in realtà la foto usata da Apple è alterata (come si può facilmente scoprire cercando un po’ su Internet): sono state aggiunte diverse stelle “finte” nelle zone più lontane dalla galassia, e – operazione ben più distruttiva! – sono state “eliminate” diverse piccole galassie nei dintorni di NGC 3190. Dunque una foto reale, sì. Ma anche un pochino di fantasia.

Che avreste fatto voi? Vi sareste accontentati di aggiungere una dominante blu, o sareste intervenuti su stelle e galassie come i grafici Apple?

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