Blog di Marco Castellani

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Quel volo di stelle, oltre le parole

Le cose sono fatte di memoria e di novità, insieme. E’ come una filigrana tessuta insieme stretta stretta. A volte ci vuole solo questo, appena questo: un posto dove mettere le cose, dove sistemarle e farle respirare. Perché si intreccino con la vita, la vita di adesso, perché reagiscano con l’istante, lo fermentino e gli restituiscano profondità e spessore. In gioiosa rivolta contro la civiltà ultrapiatta che lavora a togliere, lavora a togliere colorito e sapore e a disperdere quella ultima carnalità infinita delle cose, che sola porta al respiro profondo e alla pace.

Ci sono cose belle, sì. Mi guardo indietro e vedo cose belle, in realtà vedo tante cose da qui, certo anche delle cose da sistemare, o meglio da lasciar respirare. Da tornare a guardare con occhi nuovi. E certe cose belle, che sono passate e passano nello scrivere, come architettura possibile, come possibilità non invasiva, risanante, ricostituente. 

Così ho pensato di aprire una piccola sezione, dove inserire piano piano alcuni testi, da qualcosa che è passato in alcuni libri, o anche senza passarci, è arrivata direttamente qui. Dalla stessa vita, dall’idea costante di sporcare il foglio con tracce di vita, di farlo per un desiderio di più vita ancora, ecco che arriva qui. Magari con qualche immagine, qualche disegno. Qualche collaborazione, innesco di relazione, possibilità di un cammino di guarigione. Cercando intrecci, modi per cui parole e immagini possano incontrarsi, possano baciarsi. 
Spesso le cose belle sono legate alle parole, per me. E’ strano, sono cose legate alla parole, ma a parole che cercano sempre di esondare da sé stesse. Il discorso di parole oggi è qualcosa di molto particolare. Ci affezioniamo sempre tanto, ai discorsi. E’ facile, viene semplice, con poca fatica. Rischiamo, in un certo modo, rischiamo di rimanere in un certo mondo. Un mondo dove le parole non dicono che sé stesse, qualcosa che è strutturalmente incompleto. Dove la parola amore rimane una parola, per esempio, e non si sporca di niente che abbia a che vedere con l’amore, quello vero. Quello che si riceve e quello che si dà, che è immensamente più bello e disordinato e profondo e sporco e slabbrato e doloroso ed incantevole, della parola amore. Dove perfino dire stelle ti mette comunque al sicuro dallo sperdimento del cuore e della pelle e della coscienza che ti può accadere sotto un cielo stellato. Ma no, tu usi le parole per distanziare il tuo corpo dall’accadere purissimo, per quella ultima paura di metterti in gioco, di giocare a vivere tra tutta l’irrazionalità magica che ti immagini, quando lasci la briglia, finalmente lasci correre, ti godi l’aria addosso e basta.

Oltre la parola, è l’immagine che ci guarisce… 

Dobbiamo svelare il gioco, dobbiamo tornare alla connessione tra parola ed immagine. Dobbiamo legare le parole al mistero perpetuo ed istantaneo del flusso del sangue nelle vene e delle pulsazioni periodiche dei tempi, della luna piena, del mestruo e della fecondità, del respiro del cosmo. Delle stelle in volo, adesso. Dal giorno e della notte, fuori da questa architettura artificiale di iperattività al neon, che non ci appartiene, che non ci soddisfa, che non ci rispetta.

Le parole da sole, sono così e a volte da certi usurati percorsi verbali sbuchiamo fuori e ci accorgiamo he non abbiamo toccato niente, e non ci siamo fatti toccare da niente. Così le parole sono sterili, tratteggiano un mondo senza carne, un mondo abitabile soltanto in apparenza. Infatti arriva il momento che ci accorgiamo di non farcele bastare, le parole, e stiamo male. Non ci stiamo più in questi confini, soffriamo. Un sorriso, uno sguardo, un tocco, un profumo, un odore, un corpo. Certe parole disegnano involucri vuoti, più ne costruiamo più sentiamo la mancanza di un pieno che ci sostenga. 
La civiltà televisiva è un fiume di parole, ma tutto rimane strutturalmente confinato in uno schermo piatto, asettico. Un sorriso di donna attraversa lo schermo ma è appena una manciata di pixel, lei non mi vede, non riorganizza il suo universo corporeo, per mia presenza. Non modula gli sguardi, la sua biochimica non ritorna a negoziare la tavolozza degli odori, il ritmo del respiro, per il fatto semplice d’esserci, insieme. Così gli schermi dei computer, le baruffe sui social, le dispute politiche e le foto dei piatti cucinati. I sorrisi per i follower. Manca carne e sangue in questo mondo virtuale, manca sempre di più. 
La parola che buca l’universo stesso al quale appartiene, è la parola poetica. Lo buca non perché è più capace, ma perché è più onesta. E dunque il passaggio è facile che si apra da sé, il passaggio in un cosmo diverso, più carnale. Dove dire una parole vuol dire quasi mangiarla, dire un’idea è assimilarla (sempre geniale Gaber, soprattutto quando cantava se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione), è farei conti con il nostro corpo, il nostro respiro. 
Insomma la parola onesta è quella che non nasconde, non nasconde il suo immenso bisogno. Il suo bisogno strutturale, cosmico. La poesia vera non nasconde mai il bisogno strutturale dell’uomo. Di amore, affetto, di senso, di essere salvato. Possiamo provarci a nascondere questo bisogno quotidiano, a volte così scomodo. Possiamo esercitarci in questo, ma ci allontaniamo da noi stessi, e dalla poesia. Lei, proprio non può nasconderlo questo bisogno. 
C’è un pieno da ricercare dietro le parole, oltre le parole, e le parole hanno senso quando ti lanciano oltre, ti spingono verso qualcosa che loro non ti possono dare, ti fanno da trampolino e si arrestano all’imbarco, al tuo imbarco verso il centro di te, verso le stelle, verso quell’ambito sacro dove le parole non arrivano.

E tu ritorni a guardarti amorevolmente, e le stelle ritornano tutte in volo. 

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Telescopio Spaziale Hubble, ecco come si rivela la bellezza

Vi siete mai chiesti come si ottengono tutte le bellissime immagini che ci ha regalato finora il Telescopio Spaziale Hubble, nel corso della sua onorata e lunga carriera? Sono spesso panorami celesti tali da farci rimanere a bocca aperta! Come fanno dunque i dati “grezzi” acquisiti da Hubble ad andare a comporre una di quelle immagini bellissime, come quella di Arp 274, presentata qui sotto? E’ davvero un processo interessante, se teniamo conto che – propriamente parlando – le camere a bordo di Hubble non acquisiscono immagini a colori: contano soltanto i fotoni nelle diverse bande fotometriche.

Il tripletto di galassie Arp 274.

Il tripletto di galassie Arp 274. Nella (bella) immagine sembrano parzialmente sovrapposte, ma in realtà sono a distanze diverse. Crediti: NASA, ESA, M. Livio and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

Al proposito, il team di Hubble ha prodotto un video nel quale viene mostrato il processo per cui si crea una immagine stratosferica come quella di Arp 274. E’ in inglese, naturalmente, ma può valera lo stesso la pena di vederlo: ci dà un’idea interessante di cosa avviene “dietro le quinte” e come funziona la “galleria estetica” forse più importante del mondo…

Le immagini a colori provenienti da Hubble sono ottenute dalla combinazione di immagini in “bianco e nero” acquisite attraverso i vari filtri. Per una immagine, di solito la sonda deve prendere tre foto diverse, una attraverso un filtro rosso, una per il verde e una per il blu. Ognuna di queste foto deve poi essere inviata a Terra, dove le varie sequenze sono finalmente combinate in una immagine a colori. 

Questo sarebbe già sufficiente. Consideriamo però che Hubble dispone in realtà di una quarantina di filtri nelle diverse bande, che vanno dall’ultravioletto (più “blu” di quanto i nostro occhi non possano vedere) fino all’infrarosso (più… “rosso” del rosso, in pratica). Questa grande disponibilità di dati nelle diverse bande fornisce al team che produce le immagini una grandissima flessibilità, permettendo loro di “portare in luce” qualsiasi informazione sia rintracciabile nei dati. Come pure, di tanto in tanto, di prendersi qualche leggera “licenza artistica” … 😉

Da un articolo su Universe Today

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Dalla Terra… al Sistema Solare!

La NASA ha appena messo a disposizione del pubblico degli internauti una nuova collezione di immagini del nostro Sistema Solare e di diversi posti sulla Terra dove vengono condotte ricerche di astrobiologia. Per l’occasione è stato creato un nuovo sito, chiamato “From Earth to the Solar System” (indicato anche con l’abbreviazione alquanto poco mnemonica di FETTSS.).

Negli intenti degli organizzatori, la galleria di immagini vuole trasmettere l’entusiasmo per la ricerca nel campo dell’esplorazione planetaria, nonché la meraviglia per i risultati che si stanno ottenendo in questo viaggio nel Sistema Solare, confortati dai risultati (davvero di eccellenza) provenienti dalle numerose missioni spaziali sparse per il nostro sistema di pianeti.

Lago Mono

Una suggestiva visione del "lago Mono" in California. Image Credit: Henry Bortman

Il sito nasce da una collaborazione tra l’Istituto di Astrobiologia dell’ Ames Research Center (NASA) e lo Smithsonian Astrophysical Observatory. La collezione di immagini (alcune veramente suggestive!) è resa disponibile per celebrare l‘Anno del Sistema Solare indetto dalla NASA, che suggella un momento di straordinaria vitalità per la scienza dello studio dei pianeti orbitanti attorno alla nostra stella. Le celebrazioni, come viene riportato sul sito NASA, vanno da ottobre del 2010 fino all’agosto del 2012 (un anno un pò… stirato, si potrebbe dire!)

La collezione è destinata anche ad una vita “fuori” dagli schermi dei computer, perché da questa estate  sarà anche esposta in diverse parti del mondo.

Al momento dunque non resta altro da dire, se non suggerire di collegarsi direttamente al nuovo sito, raggiungibile all’indirizzo http://fettss.arc.nasa.gov . Da lì gli appassionati di social network troveranno anche i collegamenti alle relative pagine di FETTSS su Facebook e Twitter (derivazioni ormai quasi onnipresenti, per arricchire l’esperienza d’uso dei siti più disparati)

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Occhi sulla diversità del suolo marziano

Ammettiamolo. Il panorama marziano è ben lungi dall’essere tutto uguale o terribilmente monotono… lo testimoniano bene le più di 750 osservazioni compiute  da una camera istallata su di una sonda in orbita intorno al “pianeta rosso”.

Per la precisione, le immagini provengon dall’ High Resolution Space Experiment installato a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter, che per i suo meriti acquisiti “sul campo” più volte ha guadagnato l’attenzione degli articolisti di GruppoLocale.it.

panorama marziano

Uno dei panorami marziani presi da MRO (Crediti: NASA/JPL-Caltech/Università dell'Arizona)

Tali immagini sono state recentemente rilasciate e sono disponibili sia attraverso il NASA Planetary Data System come pure nel sito del team della camera. Le caratteristiche visibili nell’archivio di immagini testimoniano fuori di dubbio per una incredibile varietà di ambienti, che vanno da bizzarri terrapieni di strane fattezze, inseriti in crateri giganti, a dune ghiacciate, poi crateri deformati, strani crateri (apparentemente) artificiali, buchi che si allargano su fratture del terreno… insomma, uno scenario davvero da fantascienza (per rimanere in tema con il post precedente…)!

Il nuovo “pacchetto” di immagini porta a ben 1,4 milioni di immagini l’archivio di cui si parla, costruito nel corso di più di 14.200 osservazioni.Ogni osservazione è capace, per la sua definizione, di poter rivelare caratteristiche così minute come un comune mobile (qualora ci fosse!), in aree che coprono diversi chilometri quadrati. Già questo dato basterebbe a rimanere meravigliati dall’ingente quantità di dati che un solo esperimento moderno può “rovesciare” a Terra, portando le visioni di mondi lontanissimi sugli schermi dei nostri computer, con una nitidezza ammirevole.

La camera “responsabile” di tanta abbondanza di dati è uno dei sei strumenti a bordo della sonda, che ha raggiunto Marte nel 2006. Per informazioni sulla missione si veda il sito http://www.nasa.gov/mro

NASA/JPL Press Release

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Autumn Skyline


Autumn Skyline
Inserito originariamente da Witty nickname

Sono nuovi i colori dell’autunno
sono nuovi –
ora.


Le cose stupìte quasi si interrogano
pervase dal quieto sentore
di una rinnovata
meraviglia

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September dawn


september dawn
Inserito originariamente da Gregor Halbwedl

Bello il commento alla foto… “salto di mattina in mattina, mi sento spinto a godere di questi momenti ancora e ancora. E’ come una dipendenza e penso proprio non potrebbe succedere in un altro periodo. La luce, i colori e le impressioni dell’alba autunnale sono così evocatrici!”

E’ vero, l’autunno arriva e porta sempre con se un cestino pieno di delicati colori. Ogni volta è un’avventura nuova, solo a metterci dentro il naso..

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Home Time


HOME TIME
Inserito originariamente da Amblekingrat

…nel mare
d’azzurro insondabile


del tuo amore
mite e fedele….

(Dalla poesia “Lieve“)

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Solitude at Sunrise


Solitude at Sunrise
Inserito originariamente da SkattyKat

…Nostalgici solo
dell’infinita pazienza…

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