Blog di Marco Castellani

Tag: poesie

Si può fare

Cercare parole nuove
in questo dolore
con questa distruzione che pervade

come si può,
vedi.. come si fa

eppure
…vibrare la speranza
e magari

rischiarsi in un filare di parole,
vedi
forse si può fare

e mi commuove il tuo sorriso
che illumina ancora
chilometri di oscure gallerie

tu che mi vedi
tu che ancora mi ami
e mi riporti

nei tuoi deliziosi contorni,

mi riporti
a sperare

Buona Pasqua di Resurrezione! Nonostante il dolore, le cose belle vinceranno. E niente mai (nessuna piccolissima cosa) andrà perduto. No, niente andrà perduto, ma tutto sarà amorevolmente custodito… proprio come chiede il cuore… Sì sì, proprio come il cuore esige…

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Partenze, poesie e rimostranze…

Tra un poco si parte: oggi pomeriggio ho il volo per Torino per il Java Workshop di ESA-GAIA che inizia domattina; due giorni di full immersion con computer al seguito, per addentrarsi nei misteri di Java e compagnia bella, un “bagno” necessario per proseguire sul lavoro del software di analisi e riduzione dati per questo benedetto satellite GAIA, quando mai partirà (beh in ogni caso il viaggio lui lo farà ben più lungo!). Mercoledi’ sera dovrei già essere a Roma, comunque.

Certo, nonostante la brevità della permanenza fuori, non mi sono evitato i rimbrotti di Simone, nel weekend, il quale (dolcissimo, anche per la storia delle mosche, che ha riportato la sorella più grande nel suo blog….) ogni tanto mi tornava a dire “Ma devi proprio partire? Ma non è giusto.. non partire, rimani qui !” E io a ripetere che ogni tanto mi tocca muovermi, per questo lavoro; magari per poco tempo, ma mi tocca…

Così stamattina finisco di preparare la valigia, sistemo il laptop con tutto il software che hanno richiesto per il workshop. Pranzo con la primogenita che torna da scuola, e poi vado. Però.. certo, però per come sono fatto (e lo so bene) anche un piccolo viaggio come questo, mi provoca sempre un pò di apprensione, tanto che stamattina mi son svegliato ad un’ora improponibile.

Lo sa bene anche la consorte, che ieri rideva sotto i baffi quando le ho detto, un pò per gioco, che avevo quasi deciso di non partire, tutto sommato non era troppo necessario… Però pure lei conosce i suoi “polli”, possiamo dire.. la sua risposta è stata un divertito “ah, mi domandavo perchè non me l’avessi ancora detto. Beh ora che hai fatto le tue rimostranze, possiamo proseguire…”. Sarà mica che glielo dico sempre ogni volta che devo assentarmi da casa, anche per poco? 😉

PS tanto per distrarmi dalle mie “rimostranze”, ho finalmente deciso di pubblicare nel mio wiki la poesia (che si è sviluppata in nove piccole sezioni) iniziata mentre andavo ad un altro congresso di Gaia, che si teneva a Bologna diverso tempo fa (e poi sottoposta ad una notevole serie di revisioni). So bene ormai che tornare alla scrittura ha per me sempre un effetto dolcemente terapeutico. Se volete leggerla, la trovate qui ; in caso, lasciatemi pure un commento, se vi aggrada!

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Prosa e poesia…

Ogni volta che riprovo a lavorare sui miei piccoli racconti, scopro delle cose interessanti: cioè, da non addetto ai lavori, da “scrittore” (ma dovrei piuttosto dire “artigiano apprendista”) dilettante, tocco con mano ancora il diverso aspetto “compositivo” della prosa rispetto alla poesia; o almeno così mi pare.

La poesia è più immediata, cerca di catturare una sensazione, uno stato d’animo. E’ più aderente al soggetto che scrive: non vi sono finzioni. C’e’ bisogno di lavoro di rifinitura e limatura, ma attorno ad un nucleo che la singola poesia “definisce” nel momento della sua creazione, della sua prima stesura.

A me pare invece differente il caso per la prosa: e mi pare differente non in astratto, ma “passandoci dentro”. Mi meraviglia sempre che le regole di un corretto approccio con qualcosa, come lo scrivere, vengano spesso suggerite, anzi quasi imposte, dall’oggetto stesso: se il metodo non è corretto hai voglia a sbatterci il muso (qualcosa di simile la diceva Don Luigi Giussani anni fa, e forse non sapevo allora quanto fosse vero) ! Invece, devi lasciar parlare le cose.

E parlando, capisci che non puoi aver fretta, intanto. Che un racconto si dipana con tempi tutti suoi: che magari per seguire un’idea non puoi buttare due parole a caso. Ad esempio, ho scoperto – proprio stasera – che se parlo di una ragazza che non sa se partire per Parigi, sento che devo documentarmi su Parigi, assorbirne l’aria, farci girare attorno dei pensieri miei. Altrimenti non funziona, le frasi restano generiche.

In generale, mi pare che mi aiuti a non essere trascurato, a valorizzare ogni realizzazione anche parziale. A lavorare su ogni frase: come mi accorgo quando butto giù due frasi perché cerco di “fare un ponte” verso una data situazione. Allora devo ritornare indietro e ripensarle, dar loro dignità. Grazie al cielo, non funziona il tirar via, e questa per me è una buona lezione.

Mi stupisco: quante cose si imparano scrivendo (e sia chiaro, nessuno qui parla di scrivere capolavori!), quante cose che magari posso sperare di applicare anche nel vivere…

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Quasi portassi doni…

Ad un tratto
misteriosi fuochi vedesti
per il cammino
a volte affollato
di ombre vane

(… oppur fuoco non era
ma astro brillante
che illumina la strada
verso un’umile capanna)

con quel magico potere
che chiamava il cuore nel profondo
di riscaldar le membra
di sciogliere il ghiaccio

e come per semplice
puro desìo
di un ordine bello –
ricomponevi il bagaglio
ripulivi le vesti
e ricamminavi in via,

quasi accompagnato
da una dolce
– nuova –
regalità

quasi con te
ora portassi
doni.

(composta nella vigilia dell’Epifania 2008)

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Piccola fragilità


Barca dende Abaxo
Inserito originariamente da chamicu

La mia piccola fragilità
che diventa una barca

e tu più non fuggi
ma sali ed insieme

partiamo

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Rose…


.rows of roses.
Inserito originariamente da Eden Photography

Anche oggi che cammini
in un disamore di nuvole
e non vedi

pur fioriscono le rose
nel quieto giardino
(d’ogni altra bellezza
umile avamposto)

e chiedon devote
il tuo sguardo
soltanto.

(La poesia non è nuova, ma la foto me l’ha riportata alla memoria e così ho pensato che potevano ben integrarsi l’un l’altra…)

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Tenerezza semplice

Tenerezza semplice
(quasi “interno domestico”)

La tua postura
ha una tenerezza
di cui tu stessa
– credo –
non sei coscente.

Femminile, ancestrale segno
di presenza vicina
di tepido focolare.

Spandi il calore del tuo corpo
tra ciò che pensi tuo,
tra quel che senti, casa.

Doni, senza saperlo.
Senza accorgerti, accogli.

5 luglio 2007, campeggio in Argentario (Toscana)

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