Blog di Marco Castellani

Mese: Dicembre 2010

Odissey vicino al record di longevità marziana

Ci siamo quasi… a metà della settimana prossima, la sonda Odissey della NASA sarà quella che avrà lavorato su Marte più di ogni altro apparecchio umano nella storia.

Odissey è entrata nell’orbita di Marte il 24 ottobre 2001: il giorno 15 dicembre di quest’anno sarà il numero 3340 dal suo arrivo, superando così il record di longevità fino ad ora posseduto dal suo predecessore, il Mars Global Surveyor (che ha lavorato in orbita dall’11 settembre del 1997 fino al 2 novembre del 2006).

La sonda Odissey ha fatto il suo “colpaccio” – la sua scoperta più famosa – appena pochi mesi dopo essere arrivata sul pianeta rosso: l’individuazione di evidenze di ghiaccio d’acqua stotto l’asciuttissima superficie di Marte! Dopo di questo, la missione “ordinaria” doveva concludersi nel 2004, dopo le rilevazioni della quantità di radiazione, in vista di una futura missione sul pianeta  con astronauti (lo sbarco su Marte, un antichissimo e ricorrente sogno dell’uomo…). Ad essa è seguito invece un “bonus” di estensione del tempo di attività, durante il quale sono state acquisiti una serie assai importante di dati (che altrimenti non sarebbe stato possibile ottenere).

Una suggestiva vista di Noctis Labyrinthus, su Marte (Crediti: NASA/JPL-Caltech/ASU)

Il tempo “extra” guadagnato dalla sonda, non è infatti stato speso invano. Ha permesso di realizzare la più estesa mappa ad alta risoluzione, che copre in pratica l’intero pianeta (una galleria di immagini è disponibile sul sito della NASA). Ma non solo…! Gli scienziati hanno anche potuto trarre vantaggio della longevità dimostrata dalla sonda per monitorare i cambiamenti climatici su Marte, anno dopo anno. Per non parlare degli utilissimi “rapporti” intrecciati da Odissey con le altre missioni “in zona”: quando Spirit e Opportunity si sono – anch’esse  – dimostrate più longeve di quanto atteso, è stata proprio Odissey a rivestire il ruolo di principale “ponte” di comunicazione tra i rover e la Terra. Per il caso del lander Phoenix, poi, praticamente tutti i dati di scienza sono passati attraverso Odissey.

Insomma un contributo insostituibile alla conoscenza di Marte, che giustamente rende orgogliosi gli scienziati e tutti i tecnici che ci hanno lavorato. Davvero, un pieno successo 😉

NASA Press Release

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Batteri che utilizzano l’arsenico

Il microbo GFAJ-1 che cresce nell’arsenico. Crediti: Jodi Switzer Blum, Fonte NASA.


di Giuseppe Galletta, Università degli Studi di Padova


Il NAI (Istituto di Astrobiologia della NASA) giovedì 2 dicembre 2010 ha tenuto una conferenza stampa sugli esiti di una ricerca che è stata pubblicata su Scienze.

Si sapeva già da anni che esistono batteri che utilizzano l’arsenico per il loro metabolismo. L’arsenico è simile al fosforo come formazione di legami e forma Arseniati (AsO4), come il fosforo forma ioni fosfati (PO4) che si trovano nell’ossatura del DNA ed RNA e in molecole importantissime per i processi vitali. Lo ione con arsenico può sostituirsi a quello con fosforo ma il suo legame è instabile ed esso tende così a distruggere le cellule, acquistando così quella proprietà tossica che tutti associamo al nome “arsenico”. Questi batteri che vivono in acque idrotermali ricche di arsenico estratto dalle rocce lo utilizzano per estrarre l’ossigeno dall’anidride carbonica e utilizzare così il carbonio, in un processo simile alla fotosintesi dove la luce solare e l’acqua partecipano al processo. Essi vengono anche usati per purificare l’acqua in caso di contaminazioni da arsenico.

La novità è che dei batteri che utilizzano l’arsenico, estratti dal fango di sorgenti idrotermali dove vivono (in questo caso nel Mono Lake, in California vicino al parco di Yosemite) sono stati coltivati in laboratorio in una soluzione contenente sia fosforo che arsenico, in cui il fosforo è stato progressivamente eliminato col tempo in favore dell’arsenico. Si tratta del ceppo GFAJ-1, facente parte del gruppo dei Gammaproteobatteri. Questi batteri hanno continuato a riprodursi e sembrano aver sostituito del tutto il fosforo con l’arsenico all’interno delle loro cellule e nel loro DNA.

Se questo verrà confermato, sarà il primo caso di forme di vita chimicamente diverse da quelle terrestri. In questi termini, la notizia è certamente sensazionale. Perché indica che nelle future esplorazioni di altri pianeti alla ricerca di vita bisognerà tenere conto di forme viventi con elementi diversi da quelli utilizzati sulla Terra. Occorre però precisare che non si tratta di una forma di vita primordiale sopravvissuta ai tempi moderni. Questi batteri vivono in un’atmosfera di ossigeno, assente nell’atmosfera terrestre primordiale, e sono probabilmente la testimonianza di un adattamento ad un ambiente ostile da parte di batteri terrestri con lo stesso antenato comune degli altri batteri.

Naturalmente non sono mancate le critiche feroci alla scoperta, come avviene tutte le volte che si attaccano dei “dogmi”. Alcune di esse appaiono dettate da una avversione culturale se non addirittura dall’invidia. I critici accusano lo staff di aver agito col pregiudizio di voler trovare una nuova forma di vita a tutti i costi, di avere un laboratorio non all’altezza della scoperta, di aver usato tecniche troppo semplici per questa indagine, persino di aver scritto in un cattivo inglese (sic!). L’unica critica seria sembra essere quella di aver usato una soluzione nutriente che poteva avere tracce di fosforo, fatto di cui però non si ha la certezza. Dei veri scienziati farebbero di tutto per ottenere dei simili batteri e ripetere l’esperimento criticamente; le critiche a distanza mi appaiono un segno di mediocrità, soprattutto se esposte in pubblico e non direttamente agli autori. Ma è bene che il pubblico venga informato sia delle scoperte, sia di quanto esse siano o meno accettate dalla comunità scientifica. Solo le future ricerche sullo stesso batterio ci daranno una risposta certa.

Il microbo GFAJ-1 che cresce nel fosforo. Crediti: Jodi Switzer Blum, Fonte NASA.

Maggior dettagli sono su:

http://www.nasa.gov/home/hqnews/2010/dec/HQ_10-320_Toxic_Life.html

L’articolo scientifico è accessibile su
http://www.sciencemag.org/content/suppl/2010/12/01/science.1197258.DC1/Wolfe-Simon-SOM.pdf

Vera o falsa che sia, questa scoperta apre la strada a numerosissimi interrogativi.

Giuseppe Galletta

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Il progetto “Via Lattea” vuole il tuo aiuto!

Quegli istancabili ragazzi di Zoo Universe, dopo MoonZoo e tanti altre iniziative intriganti, ne hanno pensata una nuova. E’ infatti appena stato varato un altro sito legato al progetto, che prende il nome di The Milky Way Project (http://www.milkywayproject.org/). L’intento è quello di dare ordine e misurare la nostra stessa galassia, la Via Lattea.

Come passo iniziale, viene chiesto ai volontari di aiutare a localizzare e disegnare “bolle” nelle suggestive immagini in infrarosso fornite dal Telescopio Spaziale Spitzer. Comprendere e studiare il materiale freddo e polveroso che si vede nelle immagini infatti aiuterà decisamente gli scienziati a capire come si formano le stelle, e come la nostra galassia si è evoluta con il tempo.

L'interfaccia web: il nostro "strumento di lavoro". Credits: Milky Way Project (ZooUniverse)

Nel mentre si lavora per individuare le bolle, in ogni modo, si possono utilmente “marcare” altri interessanti oggetti quali ad esempio ammassi stellari, galassie ed alcune “peculiarità” presenti nelle immagini. In breve, quello che ci viene chiesto (e come al solito, basta un computer connesso ad Internet ed un pò del proprio tempo) è nientedimeno che contribuire a mappare la formazione stellare nella Galassia! Per non perdersi d’animo in tale impegnativo compito, è presente un bel tutorial con tanto di esempi (ahimè in lingua inglese, ma non troppo complesso).

Non paghi di ciò, gli zoologi cosmici hanno varato una serie di altre interessanti iniziative sul web, come il Milky Way Talk, uno strumento collaborativo dove si possono reperire e raccogliere i commenti sugli oggetti che abbiamo identificato nel Milky Way Project. Per finire, il Milky Way Project ha anche un suo account Twitter e – ovviamente – il suo blog (notiamo che il blog, al momento di scrivere, non risulta ancora non aggiornato a queste ultime notizie, che sono state ricavate adattando un mail arrivato agli iscritti a ZooUniverse).

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Il sole sulla strada…

“Quando questo svuotamento del desiderio si compie, allora non c’è altra strada per l’azione che il moralismo. Un’azione diventa moralistica quando perde il nesso con ciò che la genera: continuare a vivere da sposati senza il nesso con l’attrattiva che ha generato il rapporto amoroso, lavorare senza nesso con il desiderio di compimento anche se con un buono stipendio. Insomma: quando accade questo restano soltanto le regole da rispettare. Tutto diventa pesante, uno sforzo titanico per fare qualcosa che non c’entra più niente con il nostro desiderio.” (Julian Carron)

Così mi sentivo stamattina, andando via da casa, così arrivando al lavoro. Hai presente, quando – magari pure per un impulso inizialmente buono – ti prefiggi di fare la persona responsabile, affidabile, e intanto ti monta dentro un nervoso per delle cose piccole, piccolissime, ti dà fastidio tutto?

Insomma, esattamente come dice la frase, fino ad ogni virgola. Che sorpresa leggerlo, trovarlo scritto, nero su bianco, proprio oggi.
E’ già l’inizio di una liberazione. Come quando il dottore ti guarda e capisce i tuoi sintomi. Non ti senti già meglio? Semplicemente perché sei stato capito, ma capito davvero, non vedi già meno nebbia nella strada…?
Mi dico (e lo sento), che a volte vedere il sole brilluccicare sulla strada, più avanti, è già tutto. Già si capovolge la prospettiva.

Anche se è – appunto – più avanti. Qui, ma non ancora….

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Le stelle sono tante… anzi tre volte di più!

Le galassie più grandi nell’Universo sono quelle ellittiche, senza ancun dubbio. Le più grandi tra queste hanno più di 1000 miliardi di stelle, che sono tante anche se confrontate con i circa 400 miliardi della già grande Via Lattea (che però, come sappiamo, è una galassia a spirale). Nuove ricerche stanno ulteriormente ampliando tale quadro: vi sono infatti indicazioni del fatto che le galassie ellittiche potrebbero contenere fino a dieci volte più stelle di quanto ritenuto finora. Questo implica, facendo le opportune proporzioni sul numero di queste galassie, che l’Universo stesso potrebbe avere un numero totale di stelle tre volte più grande di quanto si pensava fino a ieri.

Le galassie più grandi sono ellittiche, come quella mostrata in questa elaborazione. Crediti: David A. Aguilar (CfA)

Le stelle “nascoste” sono note come nane rosse, per il colore e la loro piccola dimensione. Proprio a motivo del fatto che si presentano piccole e poco luminose, confrontate a stelle come il Sole, gli astronomi non erano finore riusciti a rilevarle direttamente, in galassie esterne. Pertanto, il numero di stelle nane rosse nell’universo si doveva basare su delle estrapolazioni basate su modelli teorici.

Fino ad ora, almeno.

Approfittando dei potenti strumenti messi a disposizione dall’Osservatorio del Keck, alle Hawai, alcuni astronomi sono riusciti infatti a rilevare deboli indicazioni per la presenza di stelle nane rosse nel nucleo di otto galassie ellittiche, poste ad una distanza tra i 50 e i 300 milioni di anni luce dalla Terra. Con grande sorpresa, la ricerca ha mostrato come il numero delle nane rosse fosse molto più elevato di quanto atteso.

In realtà, anche i modelli teorici non davano indicazioni stringenti, ma lasciavano aperto il campo ad un vasto intervallo di possibilità. In questo contesto, le nuove osservazioni forniscono una risposta ad una questione rimasta aperta per lungo tempo.

Gli scienziati hanno capito, una volta di più, che gli ambienti di altre galassie possono discostarsi anche in maniera significativa dalla nostra. La scoperta della grande quantità di nane rosse potrà avere delle importanti ricadute nella compresione più piena della formazione ed evoluzione delle galassie stesse. In particolare, potrebbe essere rivista “al ribasso” la stima della materia oscura presente negli ambienti galattici, perché parte della materia non luminosa potrebbe essere fornita dalle stesse nane rosse…

La scoperta è appena apparsa sul fascicolo del 1 Dicembre della prestigiosa rivista Nature.

CfA Press Release

→ GL Forum: Le… zone oscure e la conoscenza

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Una galassia fatta tutta di nomi…

Come dare a tutti gli opportuni crediti, quando hai molti collaboratori? Problemone.. nelle riviste scientifiche non è raro trovarsi davanti ad articoli per i quali la prima pagina… è occupata soltanto, in pratica, dal titolo e dai nomi! Questo può capitare, ad esempio, per le grosse collaborazioni, usualmente costruite attorno ad uno specifico progetto o apparecchiatura.

Un problema del genere.. ma moooolto più grande, se lo sono trovati addosso quelli di Galaxy Zoo, il sito dove si può collaborare al riconoscimento di galassie semplicemente con un browser (ne abbiamo parlato più volte anche in GruppoLocale). Non paghi di aver rilasciato uno Zoouniverse Advent Calendar (un calendario dell’Avvento, con tutte le classiche finestrine… dove non trovate però cioccolatini o altre dolcezze, ma … chissà!), questi simpatici ragazzi hanno ideato un poster di “autori”. Il poster mostra la galassia Sombrero (M104) fatta di… no, non di stelle, ma dei nomi dei 35.000 volontari che – tra tutti i partecipanti al “comune lavoro” – hanno permesso la divulgazione dei loro nomi.

Sembra la normale immagine della Galassia Sombrero.. sembra... (Crediti: GalaxyZoo website)

L’idea è carina, e dopotutto, fa anche riflettere. Internet è spesso sotto i riflettori per tristi fatti di cronaca, e  comunque considerato spesso più per i suoi aspetti “deteriori” (legati ad un “cattivo” o non consapevole uso del nuovo medium)  che per le sue specifiche ed inudite potenzialità… no dico, ma voi ve lo immaginereste possibile, fare lavorare su un progetto scientifico 35.000 persone, senza il web? 🙂

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Premio “Vittorio Castellani” – 3a Edizione

Riprendo molto volentieri (anche perché il tema mi è molto caro… anzi, ringrazio gli organizzatori di aver accolto il mio suggerimento!) dal sito dell’Osservatorio di Teramo, l’annuncio del bando per il Premio “Vittorio Castellani”  –  III Edizione Espressività artistica su temi astronomici – Teramo, Novembre 2010 – Aprile 2011

MC

“Solo lo Stupore Conosce”

Fin dalla più remota Antichità l’uomo ha osservato con stupore e meraviglia la Natura che lo circondava e le sue manifestazioni. Dalla immensa varietà della flora e della fauna alle eruzioni vulcaniche, dal fragore di una cascata alla violenza dei temporali, dal sorgere e tramontare del Sole alla visione del cielo stellato, lo stupore iniziale ed i sentimenti – spesso contrastanti – che ne derivavano venivano progressivamente sostituiti dalla volontà (spesso dalla necessità) di “saperne di più”; dalla sete, cioè, di conoscenza. La storia del pensiero umano è in ogni suo momento caratterizzato da questo formidabile binomio, splendidamente sintetizzato nella frase di San Gregorio Nisseno, teologo del IV secolo d. C.

Il Premio è frutto della collaborazione tra Unesco e Osservatorio Astronomico di Collurania-Teramo

Anche nell’epoca moderna, dove meravigliarsi dinanzi ad un fenomeno naturale viene purtroppo spesso bollato come atteggiamento infantile o antiquato, la molla della conoscenza e della curiosità che anima il lavoro degli scienziati in tutto il mondo, continua ad essere lo stupore iniziale dinanzi ai fenomeni naturali, quel non essersi mai aspettato che si verificasse ciò che si verifica, quel chiedersi quindi perché ciò accade e perché ciò accada in quel modo.

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