Blog di Marco Castellani

Mese: Settembre 2011

Encelado, il nuovo Encelado

Queste immagini grezze di Encelado, non ancora processate, sono state prese lo scorso 13 settembre 2011 e ricevute a Terra il 15 settembre 2011. Qui sopra, la camera a bordo della sonda Cassini era puntata verso il satellite di Saturno ad una distanza di circa 270 776 chilometri.

I filtri utilizzati sono di tipo CL1 e BL1.

Encelado ad una distanza di 270 777 chilometri. Credit: Cassini Solstice Mission/NASA.

 

Le immagini, dopo essere state calibrate, verranno inserite nel database sul Planetary Data System nel 2012, alla pagina: http://pds.jpl.nasa.gov/

Encelado ad una distanza di 42 225 chilometri. Credit: Cassini Solstice Mission/NASA.

La Cassini Solstice Mission è uno sforzo congiunto tra Stati Uniti ed Europa. Il Jet Propulsion Laboratory, una divisione del California Institute of Techonology di Pasadena, gestisce la missione per conto del Science Mission Directorate della NASA, a Washington, D.C.
La sonda Cassini è stata progettata, sviluppata e assemblata al JPL. Il team che si occupa delle immagini è formato da ricercatori statunitensi, inglesi, francesi e tedeschi.

Per ulteriori informazioni sulla Cassini Solstice Mission si visiti: http://ciclops.org, il sito della missione Cassini-NASA http://www.nasa.gov/cassini e il sito del JPL: http://saturn.jpl.nasa.gov

Sabrina

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Come un primo giorno di scuola

Agnese era pronta quasi un’ora prima di entrare. Simone si è alzato senza protestare, senza farsi pregare.
 
Allora, tutti pronti. Proprio ieri siamo tornati finalmente a casa, in modo da stare vicino a scuola. Non c’è ancora la cucina. Non abbiamo il salone. Però ci sono i pavimenti rifatti, tutte le pareti ridipinte. La doccia nuova. E la camera matrimoniale, la camera mia e di Paola, che è quella – finalmente – quella sopra il parco. Da quanto la volevo!
 
Con la piccola Agnese ci siamo fermati a fare colazione al bar, non avendo altre possibilità. Lei si è presa un cornetto e giudiziosamente ne ha messo metà in una bustina per mangiarla a merenda (con dolcissima previdenza… mi intenerisce vedere come comincia a mettere attenzione e cura nelle piccole cose).
 
E arriviamo a scuola, e vedi che l’eccitazione contagia un pò tutti – genitori, bimbi. Vediamo chi è il nuovo maestro, vediamo dov’è la classe quest’anno. Le porte a vetri si aprono e capisci che comunque è un evento che sta per iniziare.
Caffetteria scolastica. Foto storica.
Si può iniziare con stupore e quasi con trepidazione, con gli occhi e il cuore aperti. L’inizio brilla per ogni cosa. Cosa chiedere ad un professore?  “Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.” (dal bellissimo post nel blog di Alessandro D’Avenia)
 
Allora la lezione che io adulto posso trattenere, da tutto questo, è che è bello iniziare, è certamente bellissimo. Ma si può ricominciare sempre, sempre si può ripartire. Domandare la bellezza, lo stupore. Chiedere, umilmente, che il cuore sia colpito. Di nuovo, aperto.
 
Come un primo giorno di scuola, insomma.

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Lo spazio, un posto migliore dopo l’11 settembre 2001

Una foto di Manhattan ripresa dal satellite SPOT l’11 settembre 2001 alle ore 11.55 AM EST, tre ore dopo la collisione di due aerei sul World Trace Center. I colori sono il risultato dell’utilizzo di bande infrarosse per mettere in evidenza le macchie calde delle fiamme e del fumo: la macchia rossa vicino alla base del pennacchio di fumo. Il satellite SPOT si trova ad un’altitudine di circa 822 chilometri.
Credit: CNES/SPOT Image 2001.

In occasione del decimo anniversario dell’attacco terroristico dell’11 settembre, gli sforzi della NASA sono indirizzati nel promuovere una esplorazione spaziale di grande collaborazione per rendere il mondo un posto migliore.

Progetti come la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) possono aiutare a mettere insieme popoli di cultura e tradizioni differenti, possono aiutare a superare le difficoltà perchè lavorare insieme significa ottenere risultati comuni e condividerli.

Non dimenticheremo mai l’11 settembre, ma siamo comunque ottimisti per quanto riguarda il futuro” ha affermato l’Amministratore della NASA Charlie Bolden lo scorso 9 settembre. “E’ un futuro brillante per un’esplorazione di tipo collaborativo che ispirerà l’umanità ed eleverà i nostri pensieri al potenziale maggiore di cui siamo capaci”.

Frank Culbertson è tornato in un mondo diverso rispetto a quello che c’era quando era stato lanciato verso la ISS” ha affermato Bolden. “Ma tutti gli equipaggi della Stazione Spaziale Internazionale hanno dimostrato come l’esplorazione spaziale possa unire il mondo, abbattere le frontiere e migliorare la vita della gente in tutto il mondo“.

Uno post speciale all’astronauta Frank Culbertson è stato pubblicato su GruppoLocale alla pagina: https://www.stardust.blog/2011/09/how-horrible-in-ricordo-dell11-settembre-2001/

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How horrible – In ricordo dell’11 settembre 2001


Una dolorosa immagine della città di New York presa a 400 chilometri di quota da uno degli astronauti membri della terza spedizione ISS a bordo della Stazione Spaziale Internazionale l’11 settembre 2001. Una lingua di fumo si alza dall’area di Manhattan dove fu distrutto il World Trade Center. Credit: NASA.

L’attacco terroristico dell’11 settembre di dieci anni fa è stato un momento terrificante e sconvolgente non solo su tutto il pianeta, ma anche nello spazio.

L’unico americano che non si trovava sulla superficie terrestre quel giorno del 2001 era l’astronauta della NASA Frank Culbertson, che ha avuto un punto di osservazione particolarmente unico per osservare il tragico evento, la Stazione Spaziale Internazionale. L’astronauta Culbertson ha scattato questa foto quando una nuvola di fumo usciva dalle macerie del World Trace Center dopo che due arei si erano da poco schiantati sulle due torri gemelle di Manhattan.

Non sapevo esattamente cosa stava succedento, ma capivo che doveva essere davvero qualcosa di brutto perchè c’era una nuvola enorme di detriti che copriva Manhattan” ha detto Culbertson in un video realizzato dalla NASA nel decimo anniversario dell’attentato. “E’ stato davvero doloroso perchè era come vedere una ferita nel fianco del tuo paese, della tua famiglia e dei tuoi amici“.

Culbertson, ex Capitano della US Navy, è stato comandante del Laboratorio orbitante ISS della missione Expedition 3 e conviveva con gli astronauti russi Vladimir Dezhurov e Mikhail Turin.

I miei compagni di viaggio sono stati grandiosi” ha scritto Culbertson in una lettera pubblicata il giorno dopo gli attacchi. “Sapevano che è stata una giornata difficile per me e per tutti quelli che si trovavano a terra, e hanno cercato di essere disponibili e di grande conforto. Michael mi aveva pure preparato la zuppa Borscht, la mia preferita, per la cena“, ha aggiunto riferendosi al suo collega Turin.

Alla fine, però, l’astronauta della NASA non poteva fare a meno di essere influenzato dalla sua posizione favorevole come unico astronauta americano nello spazio e ha iniziato a scattare una sequenza di foto davvero uniche.

La sensazione più sgradevole di essere dove ero, è stata quella di isolamento” ha scritto Culbertson. “La sensazione schiacciante è stata quella di voler essere lì con tutti voi, aiutandovi in qualche modo“.

Avevo appena terminato alcuni compiti in programma quella mattina, compresi gli esami fisici di tutti i membri dell’equipaggio“. In una conversazione privata subito dopo questi esercizi, il chirurgo di volo informò l’astronauta che era un giorno davvero molto brutto per tutti quelli che si trovavano lì, sulla Terra.

All’arrivo della notizia, Culbertson fu prima sbalordito e poi inorridito. In quel momento la ISS stava per passare sopra il New England e corse a guadare da uno degli oblò.
Dopo essere andato di qua e di là alla ricerca di una finestra che gli avrebbe dato una buona visione di New York ha afferrato la prima camera che si trovava nelle sue vicinanze. E questa foto è una testimonianza di quel suo cercare. Ha fissato per sempre un istante di quel tragico evento. Culbertson stava osservando il fumo poco dopo il crollo della seconda torre.
How horrible” fu il suo commento. Che orrore osservare e ricordare quell’evento anche oggi, a dieci anni di distanza.

Qui il video realizzato dall’astronauta Culbertson l’11 settembre 2001 dalla ISS:

http://www.space.com/12834-9-11-01-manhattan-space.html

Sabrina

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E se Plutone avesse gli anelli…?

Lo sappiamo: l’astronomia moderna non è stata troppo gentile con Plutone, che si è visto scippar via il titolo di pianeta che aveva avuto per tanto tempo all’interno del Sistema Solare (e nell’immaginario di tanti di noi). Questo però non deve trarre in inganno; per quanto sia un “pianeta nano”, Plutone continua a celare diversi enigmi, ben celati nelle fredde profondità siderali là dove alberga indisturbato (almeno fino a quando la sonda New Horizons, nel 2015, non arriverà a dargli finalmente un’occhiata da vicino…)

Nonostante le ridotte dimensioni, Plutone ha almeno tre quattro satelliti (Caronte, Idra e Notte e il nuovissimo P4). Visto che ha un sistema di satelliti, viene (quasi) spontaneo chiedersi se magari possa avere anche una struttura di anelli, e  chissà, altri satelliti intorno non ancora scoperti.

Sicuramente New Horizons avrà molto da dire su questi temi, quando arriverà a destinazione. Nell’attesa, alcuni scienziati planetari sono giunti alla conclusione che Plutone potrebbe avere un sistema di anelli, anche parziale o temporaneo, abbastanza lontano dal (quasi)pianeta medesimo. Questi anelli si sarebbero formati dalla collisione di oggetti della fascia di Kuiper (famosa ed alquanto affollata fascia di asteroidi) con Notte e Idra.

Bene, oggi è apparso un articolo su astro-ph, che mostra come – fatti i debiti conti – Plutone sì, può avere una struttura ad anelli stabile (per giunta) e anche – udite – alcuni satelliti rocciosi, non ancora scoperti.

La deduzione si basa su dei conti (che in questa sede ci possiamo risparmiare) riguardanti le specifiche modalità di formazione del sistema Plutone-Caronte. I due potrebbero essere venuti fuori da una mega collisione cosmica tra un grosso oggetto della fascia di Kuiper (diciamo, 1000 km di diametro), e il “Plutone” primordiale” (che avrebbe dunque originato Caronte da frammentazione post-urto). Se le cose fossero andate così, è comprensibile ipotizzare che lo spazio intorno a Plutone sia rimasto affollato di detriti di corpi più piccoli di Caronte, e magari anche di una fascia, un vero e proprio anello.

Dal calcolo si desume che un sistema stabile di anelli potrebbe in effetti esistere intorno a Plutone, fatto di oggetti piuttosto piccoli (20-90 km di diametro) insieme con particelle e polvere, a circa 2500 km dal centro dell’ex-pianeta. Naturalmente non siamo ancora in grado di verificare osservativamente tale predizione; quel che è certo è che la tendenza più moderna delle scienze planetarie ci indica che il Sistema Solare ha messo in campo delle modalità di formazione di pianeti ben più vasta ed articolata di quanto si pensava solo pochi anni fa. Quante altre sorprese ci darà Plutone?

PS Se avete voglia di vedere come potrebbe essere il paesaggio su Plutone, guardate qui

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Con un miliardo di stelle, cosa si può fare…?

Vorrei rassicurare subito i miei fedeli lettori: la domanda è meno vagabonda di quanto si possa pensare! Il catalogo di cui stiamo parlando è quello che dovrebbe essere prodotto dalla missiona GAIA di ESA, di cui abbiamo parlato in varie occasioni

La sonda GAIA sarà lanciata a maggio del 2013, e nei previsti cinque anni di attività si occuperà di registrare posizioni e velocità di una grande quantità di oggetti; principalmente stelle della nostra Via Lattea (ma non solo).  Grazie al particolare sistema di scansione del cielo (derivato dagli stessi principi della sonda Hipparcos) l’occhi di GAIA arriverà a scrutare una significative porzione dell’intero cielo.Di più, una gran quantità di oggetti sarà osservata non una, ma decine di volte. A tutto vantaggio della precisione dei dati raccolti, e della possibilità di condurre studi di oggetti di luminosità variabile.

Ci si attende alla fine della missione un catalogo di oggetti di circa un miliardo di “righe”; non è affatto poco se consideriamo che il censimento di Hipparcos – a cui dobbiamo pur tantissimo della nostra attuale visione della Galassia – contava “appena” 120.000 oggetti!

Una immagine artistica della sonda GAIA. Credits: ESA/AOES Medialab

Riservando ad un successivo post il trattamento degli oggetti extragalattici, vediamo rapidamente cosa potrà fare Gaia per la conoscenza della nostra Via Lattea. I punti che li scienziati si aspettano di chiarire, sono i seguenti:

  • distanza e distribuzione di velocità di tutte le popolazioni stellari della Galassia. Sappiamo che la Via Lattea è un ambiente molto ampio e complesso, in cui si trovano ammassi stellari di vario tipo e origine (alcuni anche di derivazione esterna, fagocitati dall’attrazione gravitazionale della nostra Galassia). Una indagine approfondita porterà sicuramente moltissimi frutti
  • struttura spaziale e cinematica del disco e dell’alone, importantissimo per comprendere l’esatta dinamica di formazione della Via Lattea e quindi di galassie simili ad essa (grandi galassie a spirale)
  • una mappa dettagliata della distribuzione di materia oscura derivata dall’analisi delle velocità e delle posizioni delle stelle. Flussi di stelle in determinate direzioni possono dire molto sulla distribuzione di gravità e quindi di materia, sia essa luminosa od “oscura”
  • un quadro rigoroso per gli studi di evoluzione stellare e formazione delle strutture: gli studi di evoluzione stellare si fanno sempre più approfonditi, e c’è bisogno di avere dati osservativi anche per campioni di stelle molto “rari”, per verificare le predizioni riguardanti, poniamo, fasi evolutive veloci o peculiari.
  • una indagine a larga scala di pianeti extrasolari  e di corpi minori del Sistema Solare (anche un quarto di milione): potremo determinarne le orbite, il periodo di rotazione, i parmetri principali, ottenendo una serie di informazioni cruciali per comprendere le formazione del nostro Sistema Solare e dei pianeti in generale.

Per ogni oggetto in catalogo avremo,come accennato, non solo la posizione, ma anche il colore, le velocità radiali. In caso di oggetti parzialmente sovrapposti lungo la linea di vista, si stanno studiando algoritmi per poter “separare” i flussi luminosi delle varie sorgenti. Riusciremo ad avere informazioni “di base” anche sulla composizione chimica delle stelle osservate, grazie ad unao spettrometria a banda larga.

Ecco il significato della domanda: con un miliardo di stelle, che ci facciamo? E’ più che probabile, insomma, che il tempo che ci vorrà alla comunità astrofisica per “digerire” i dati sarà decisamente superiore al tempo necessario a GAIA per acquisirli. Il nostro stesso modo di pensare la Via Lattea sarà ben presto destinato a mutare, sotto la spinta di tutti questi nuovi dati.

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Mai più…

Difficilmente vedremo ancora un’immagine come questa. E’ l’ultimo pezzo dello Shuttle Atlantis della misisone STS-135 a lasciare il Kennedy Space Center diretto verso il museo.
Quello che si vede chiaramente sono i volti tristi degli operai, tecnici, ingegneri, di tutte le persone che per oltre trent’anni hanno lavorato in questo ambizioso progetto di ricerca spaziale.
Questa foto è stata intitolata “We made history”, Abbiamo fatto storia. Con la speranza di avere un album di foto più ricco ed entusiasmante di questa, questa foto da sola rappresenta la fine di un’epoca.

Ringrazio la mia amica Julie Aderhold- Roach e Kevin J. Devlin, Satefy Engineer al Kennedy Space Center, in Florida per le foto e le informazioni.

Sabrina

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