Blog di Marco Castellani

Scoperte galassie massicce otto miliardi di anni dopo il Big Bang

Questo diagramma a forma di torta mostra la distribuzione spaziale delle galassie massicce ottenuta da BOSS. In rosso, vengono mostrate le nuove galassie ottenute da BOSS ad alto redshift (e quindi a grandi distanze), mentre in bianco sono evidenziate le galassie a grandi distanze riprese, invece, con SDSS ; le galassie di massa intermedia (MAIN) riprese da SDSS sono evidenziate in giallo. Image Credit: Michael Blanton and the SDSS-III Collaboration.

Nata come eredità della Sloan Digital Sky Surver (SDSS) la SDSS-III’s Baryon Oscillation Spectroscopic Survery (BOSS) sta attualmente mappando la distribuzione spaziale delle galassie più massicce nell’Universo. I ricercatori dell’MPA sono stati coinvolti nella Survey della SDSS per oltre un decennio. Hanno utilizzato gli spettri galattici ottenuti da questi esperimenti per dedurre importanti informazioni di carattere fisico sulle stelle e sul gas presente in questi sistemi, che fanno capire come le galassie si sono formate ed evolute nel corso della storia dell’Universo.

In un recente articolo, realizzato da una collaborazione internazionale formata da ricevatori delll’MPA, dell’Università del Wisconsis e della Johns Hopkins University, insieme al team BOSS, si sono messe in evidenza le masse e le età di circa 300 000 galassie massicce a redshift compresi tra 0,45 e 0,7 che corrispondono ad un tempo in cui l’Universo aveva un’età pari a circa il 60% di quella attuale. Tutte queste galassie hanno masse superiori a 100 miliardi di masse solari (10^11 Msun) rendendo questo campione di galassie massicce con i loro rispettivi spettri il più grande campione finora ricavato.

Le galassie massicce sono davvero interessanti in cosmologia, perchè sono ritenute essere dei “rappresentanti” del punto di arrivo dell’evoluzione delle galassie. Il paradigma standard Lambda-Cold Dark Matter fornisce previsioni dettagliate di come la struttura della componente della materia oscura dell’universo si assembla nel tempo. In particolare, la formazione della struttura è un processo “bottom-up”, che va dal basso verso l’alto, con i più piccoli aloni di materia oscura che collassano per primi, che si fondono poi per formare sistemi sempre più grandi fino a formare giganteschi ammassi di galassie.

Per un lungo periodo queste previsioni cosmologiche furono attaccate da molti osservatori, perchè le galassie più massicce  sembravano essere costituite solo da stelle molto vecchie. Come poteva questo essere consistente con uno scenario nel quale le strutture più massicce che si erano formate durassero nel tempo? [1]

Una galassia ellittica massiccia è mostrata con i suoi lobi visibili in radio formati da particelle molto energetiche. Credit: Michael Blanton and the SDSS-III Collaboration.

Man mano che venivano costruiti telescopi di maggiori dimensioni, i ricercatori sono stati in grado di rilevare deboli galassie nell’Universo distante, dove i tempi di percorrenza della luce diventano paragonabili con l’età dell’Universo stesso.

I ricercatori hanno scoperto che il numero di galassie massicce presenti in epoche cosmologiche molto antiche era davvero molto inferiore rispetto il numero attuale confermando in questo modo che le galassie massicce si erano assemblate in tempi più recenti. Tuttavia, avevano pure trovato che le galassie più massicce nell’universo primordiale erano apparentemente composte da stelle relativamente evolute. In altre parole, non era importante quanto indietro nel tempo si andava ad osservare, perchè quello che si osservano erano poche evidenze di formazione stellare recente, una volta che la galassia in questione aveva raggiunto una certa soglia di massa stellare.

Questi risultati hanno causato molta costernazione fra i ricercatori e i tecnici ricercatori che avevano misurato e concluso che grandi quantità di gas avrebbero dovuto raffreddarsi e formare stelle negli aloni di materia oscura che circondavano le galassie massicce. Si è discusso e formulato moltissime teorie in merito ai meccanismi esotici che scaldano il gas e impediscono la formazione stellare. Gli esempi vanno dalle gigante esplosioni che sono alimentate dal materiale che si accresce nei buchi neri centrali di milioni di masse solari, ai getti, su scale del Megaparsec, di particelle cariche che viaggiano a velocità relativistiche e che penetrano e riscaldano il gas che circondano le galassie.

I nuovi risultati da SDSS-III indicano che questi meccanismi esotici possono trovare più difficoltà nel fermare la formazione stellare nelle galassie massicce ad alto redshift. Il team dell’MPA/Wisconsin/JHU ha impiegato una tecnica che potrebbe stimare l’età delle stelle in una galassia utilizzando le dettagliate caratteristiche delle righe di assorbimento stellare nei loro spettri. Nelle galassie massicce, le stelle più giovani sono spesso avvolte in bozzoli di gas ricchi di polvere che assorbono gran parte della luce blu emessa dalle giovani stelle calde, tanto che le deduzioni sulla base del colore della galassia potrebbe portare a deduzioni sbagliate sulla loro età e distanza.

Le linee continue gialle, bianche e azzurre mostrano la frazione di galassie che hanno formato più del 5%, del 10% e 15% delle loro stelle negli ultimi miliardi di anni in funzione della massa stellare. Questi risultati sono relative a galassie con redshift z=0,1 nel campione di dati selezionati da SDSS a basso redshift. Le linee tratteggiate in giallo, bianco e azzurro mostrano lo stesso risultato per galassie con redshift z=0,5 nel campione BOSS. Credit: Michael Blanton e SDSS-III Collaboration.

La nuova tecnica e il campione enorme di grandi galassie che non ha precedenti nello studio dell’universo, hanno permesso al team di ricercatori di concludere che la frazione delle galassie più massicce con giovani stelle è diminuito di un fattore 10 negli ultimi 4 miliardi di anni. Ad un redshift di 0,5 oltre il 10% di tutte le galassie con masse stellari intorno a 200 miliardi di masse solarinhanno sperimentato un episodio recente di formazione stellare.

Questi risultati sono in contrasto con le ipotesi da parte di alcuni ricercatori secondo i quali le stelle nelle galassie massicce si sono tutte formate circa 2-3 miliardi di anni dopo il Big Bang. I risultati sono pure entusiasmanti, perchè la nuova generazioni di satelliti in X sarà in grado di rilevare la presenza del in raffreddamento mentre forma stelle nelle galassie massicce. La nuova generazione di survey in radio permetterà di tracciare e di descrivere come le particelle energetiche dai buchi neri trasferiscono la loro energia in questo gas.

L’articolo è stato pubblicato su ArXiv:  http://arxiv.org/abs/1108.4719: “Evolution of the Most Massive Galaxies to z=0.6: I. A New Method for Physical Parameter Estimation”, di Yan-Mei Chen, Guinevere Kauffmann, Christy A. Tremonti, Simon White, Timothy M. Heckman, Katarina Kovac, Kevin Bundy, John Chisholm, Claudia Maraston, Donald P. Schneider, Adam S. Bolton, Benjamin A. Weaver, Jon Brinkmann; 2011, arXiv:1108.4719v2 [astro-ph.GA].

[1] Scenario bottom-up: la materia oscura dominante è di tipo freddo (Cold Dark Matter) cioè con bassa dispersione di velocità, ad esempio particelle molto massive, m > 30 Gev (come l’ipotetico neutralino). Si formano prima le galassie, poi man mano le strutture più grandi (clustering gerarchico). I dati attuali supportano lo scenario bottom-up di clustering gerarchico, dominato da materia oscura fredda (CDM).

Fonte: Max-Planck-Gesellschaft: http://www.mpg.de/de e Message to Eagle: MPA Sientists Discover Massive Galaxies Still Alive Eight Billion Years After The Big Bang .

Sabrina

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1 Comment

  1. vinc98

    L’argomento è sicuramente interessante e suggestivo, però non penso sia sorprendente avere trovato poche stelle giovani sugli ammassi, non ci credete? Provate a inserire ogni tanto, uno spillo nuovo in mezzo a spilli  arrugginiti, probabilmente la prossima volta che lo fate provate a cercare lo spillo precedente, se ci riuscite, lo troverete già arrugginito, e più passa il tempo più ardua è l’impresa, mi sbaglio?

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