Blog di Marco Castellani

Mese: Settembre 2017 Page 1 of 2

Venerdì, la notte dei ricercatori

Ci siamo, ci siamo. La notte dei ricercatori è ormai vicina: venerdì 29 settembre si apriranno i cancelli di tantissimi istituti scientifici, si porterà la scienza in piazza, gli stessi ricercatori si ibrideranno – se così possiamo dire – con il vivere ordinario, aprendolo alla bellezza dell’indagine scientifica.

Lo abbiamo scritto, è una occasione preziosa per sperimentare direttamente che la scienza è compiutamente umana, ed è anche… avventurosa! Niente a che vedere con l’immaginario (ancora bello vispo, questo sì) che vede lo scienziato come un algido ed asettico sperimentatore, tanto più efficace nel sul lavoro quanto più impersonale e “disincarnato” riesce ad essere. Tutt’altro! La ricerca è curiosità, desiderio di sapere, di conoscere… ed anche di divulgare. Qui su GruppoLocale abbiamo sempre lavorato per  rilanciare un’idea di scienza a misura d’uomo, ed è dunque con piacere che ritorniamo sulla Notte Europea dei Ricercatori 2017 (un progetto finanziato direttamente dalla Commissione Europea) oramai alle porte.

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L’ultimo ritratto di Saturno

Quale potrebbe essere il modo migliore per dare l’ultimo saluto alla sonda Cassini, ora che è scomparsa dentro l’atmosfera di Saturno? Beh, sicuramente questa immagine che riproduciamo oggi, potrebbe essere qualcosa da ricordare, per un bel po’ di tempo.

L’ultimo maestoso ritratto di Saturno, dalla sonda Cassini (Crediti:NASAJPL-CaltechSpace Science InstituteMindaugas Macijauskas)

Ci sono diversi motivi per trattenere questa meravigliosa immagine – proprio questa, tra le tantissime che ci ha regalato – come quella di commiato della sonda.

Intanto è una immagine composta, perché deriva dal collage di ben 36 diverse immagini, che sono state acquisite da Cassini circa tre giorni prima che si tuffasse nel lato illuminato del pianeta. Poi è stata realizzata non tanto da uno scienziato NASA, ma da un citizen scientist, un appassionato che ha scaricato i dati grezzi e li ha messi insieme, con perizia e pazienza. Dunque è una opera comune, se vogliamo, non il frutto asettico di un laboratorio specializzato. E anche questo è bello.

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Questioni di arrossamento…

Sembra un quadro. Sembra assolutamente un quadro astratto. Lo immagino a grande formato, incorniciato a giorno, con una cornicetta sottile nera, molto moderna.

Ivan mi chiama, Vieni a vedere che ho fatto

Ivan è il mio collega di stanza, qui in Osservatorio. Lavoriamo su cose di stelle, è noto. Ognuno ha i suoi compiti, a volte ci confrontiamo, ragioniamo insieme sulle questioni di astronomia che ci sembrano più intriganti.

Mi alzo, vado a vedere e rimango basito. Mi aspettavo una cosa tecnica, cifre, dati, o un grafico asciutto, in bianco e nero. Pensavo ad un problema scientifico.

E invece no.

Sembra un quadro, Ma non lo è. O perlomeno, la sua genesi è diversa. Se è arte, potremmo chiamarla arte casuale. O potremmo ragionare – anche parecchio – sugli intrecci tra arte e scienza, sul fatto (mirabile) che la scienza produce quasi “naturalmente” dei pattern, delle configurazioni, assolutamente simili a quelle espresse dal percorso della ricerca artistica. E questo accade, credo, in ogni epoca.

Come se avessimo delle modalità percettive aperte verso una certa specifica modalità di ricezione del reale, anzi oserei dire di (ri)creazione di quella realtà che è resa possibile dalla consapevolezza raggiunta gradualmente e faticosamente, nel tempo. Tramite l’arte, la scienza, ma anche la cultura più vasta, la spiritualità.

Il reale è complesso, lo sappiamo, ed è leggibile secondo una infinità di codici. Anche la scienza scopre codici sempre più raffinati di interrogare il reale, e di riceverne le risposta. C’è probabilmente un modo di vedere il reale, scorgerne le segrete connessioni interne, che è proprio di ogni epoca. E produce delle figurazioni scientifiche, poetiche, artistiche, riconducibili – si direbbe – ad un denominatore comune.

E questo succede anche (o soprattutto?) negli errori, come già abbiamo visto. Perché anche negli errori c’è un tesoro, c’è qualcosa che brilla: c’è un valore.

“Arrossamento”, studio su dati di Omega Centauri (Crediti: Ivan Ferraro)

Nel dettaglio, questo quadro non è appunto un quadro, ma uno studio sull’ammasso globulare Omega Centauri (il più grande della nostra Galassia), dove è stato assegnato un certo colore ad ogni zona, a seconda del grado di arrossamento rilevato dai dati scientifici.

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In quota, su Giove

Per una sonda che – dopo anni ed anni di onorato servizio – ci ha salutato affondando nell’atmosfera di Saturno (sì, parliamo di Cassini), molte altre continuano nella loro indefessa esplorazione del Sistema Solare. Una tra le tante sonde che sta sicuramente facendo un ottimo lavoro è la sonda Juno, di cui ci siamo occupati in varie occasioni.

Juno è occupata in una perlustrazione molto molto accurata del pianeta Giove. Sta inviando a Terra una considerevole mole di immagini davvero dettagliate, che vengono messe online dalla NASA già in forma grezza, al fine di consentire a chi lo voglia di giocare con le immagini e ottenere – spesso – dei risultati molto interessanti.

Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Gerald Eichstädt

Per esempio, questa bella immagine si deve al lavoro di post-produzione di Gerald Eichstädt, un “citizen scientist” che ha utilizzato i dati grezzi per rielaborarli in modo da porre in rilievo diverse caratteristiche peculiari della superficie del pianeta gigante.

Un ottimo lavoro, e una ulteriore dimostrazione di una scienza di tutti e per tutti. Decisamente, la scienza che ci piace di più.

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Cassini, un minuto in sala controllo

E’ sempre bello – e forse ci hanno troppo poco abituati a questa bellezza – leggere la scienza seguendo il filo rosso dell’umanità degli scienziati che la fanno. Allora l’impresa scientifica, potremmo dire, perde molto della sua supposta freddezza e ritorna immediatamente una avventura propriamente viva, pulsante, palpitante.

D’accordo. La scienza si compone certo di raccolte di dati ed analisi rigorose e pazienti, ma non è tutto qui. Non è mai stato tutto qui. La spinta a conoscere e capire è una spinta anche emotiva che sorge dalle profondità dell’animo umano, e non è appena una fredda istanza di sistemazione e catalogazione del reale (senza scomodare qui la fisica quantistica, che ci ha mostrato al di là di ogni dubbio, come osservare un sistema senza farsi coinvolgere in esso sia un atto di per sé impossibile, oltre che opinabile).

Per questo vogliamo ritornare sull’epopea della sonda Cassini, appena conclusa nel suo “Gran Finale” (il tuffo nel pianeta Saturno) proponendo un video che mostra gli ultimi istanti della sonda vissuti dalla sala di controllo della NASA.

Come ha detto Thomas Zurbuchen (NASA),

“Questo è il capitolo finale di una missione fantastica, ma è anche un nuovo inizio. La scoperta fatta da Cassini di mondi oceanici su Titano ed Encelado ha cambiato ogni cosa, scuotendo le nostre opinioni alla radice riguardo luoghi sorprendenti per cercare le possibilità della vita al di là della Terra”

E’ innegabile che questo ci possa coinvolgere, come ha coinvolto le persone che per anni si sono dedicate alla cura della sonda, si sono introdotte nel percorso di Cassini e ne hanno condiviso in tempo reale le scoperte e le difficoltà.

Quel che è interessante, sotto l’aspetto più squisitamente scientifico, è che la sonda ha effettivamente continuato a mandare dati a Terra anche nella sua discesa finale verso il pianeta, e questi dati assai preziosi – ed evidentemente unici – saranno analizzati con cura nelle prossime settimane. Saranno di importanza rilevante per comprendere i processi che accadono nell’atmosfera del pianeta, e ci aspettiamo che ci forniscano importanti dati riguardo la formazione e l’evoluzione di Saturno stesso.

Cassini è qui, potremmo dire! L’ellisse indica la posizione sul pianeta Saturno dove la sonda si è tuffata nell’atmosfera del pianeta, da dati visuali ed in banda infrarossa, sempre di Cassini. Crediti: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona

Una storia che continua, oggi più che mai. Ricordiamoci infatti che sebbene Cassini ci abbia appena salutato, la grandissima mole di dati che ci ha consegnato nel tempo della sua missione terrà occupati gli scienziati ancora per molti anni.

La storia di scoperte che ci ha regalato Cassini, in altre parole, non è affatto conclusa. Anzi, è appena iniziata.

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Autunno (appunti dalla camminata)

Me ne accorgo, me ne accorgo subito. Qualcosa della qualità dell’aria, si potrebbe dire. Non so bene cosa, ma qualcosa. Qualcosa nella vibrazione delle cose, nel modo specifico particolare di vibrazione delle cose.
Nel modo diverso del loro riposo, anche.
Sono nel parco da due minuti e già lo so. Già lo sento, già lo so. E’ autunno, è già autunno, ed è la cosa più evidente che ci sia. Non so a che agganciare precisamente tale percezione, ma è certa. E più certa di un dato scientifico, di un algoritmo matematico, di un calcolo programmatico.

Autunno è questo desiderio di tiepido ripiegamento, dopo l’espansione estiva. E’ il timido desiderio di un riparo, che torna a farsi vivo, torna a farsi sentire, a richiamare uno spazio, uno spazio-tempo proprio. E’ una rinnovata attenzione alla delicatezza di sé stessi. E’ dirselo, l’un l’altro — l’un l’altra. O uno all’altra, ancora. Copriti, non prendere freddo, mi raccomando è solo il primo passo, appena il primo passo, un piccolo passo fondamentale, per ritrovare quel caldo d’amore che risana dal profondo, che ti lascia in piedi, ti rimette in piedi e ti lascia in piedi.
Puoi camminare, in una struttura d’amore intorno a te.
Se entri in una storia d’amore. Con il terreno, gli animali, le piante, l’aria, le persone, le stelle, con Dio. Nessuna storia conta, nessuna storia vale la pena, se non è una storia d’amore. Ormai sei troppo vecchio per tutto il resto, Marco. Te lo puoi dire, sei troppo vecchio per tutto ciò che non è una storia d’amore, non riverbera una storia di amore. Andava bene prima, per guardare, esplorare, capire. Per il gusto di dividere, catalogare, esaminare. Eccepire. Ora non più, non più, ora è tempo di scegliere, di scegliere tra l’amore o la delusione, l’amore o la prestazione, l’amore o la tentata perfezione, l’amore o la progressiva consunzione.
Sono contento di poggiare i miei piedi su un pianeta con questa variazione periodica di stagione, un pianeta con questa amabile scansione. Sono contento di avvertire questi segnali misteriosi, quasi arcani, dalla natura. E’ un linguaggio che non si incanala nel procedere discorsivo, al quale siamo così affezionati, tanto che pensiamo che ogni informazione, ogni evidenza, ogni realtà reale sia suscettibile di declinazione discorsiva, argomentativa. No, è qualcosa che è immensamente più diretto, primitivo. Insomma come un odore, un sapore. Si muove su uno strato fondamentale, primordiale. Su questo strato risuona, mi rientra in circolo, mi cattura.
L’altra cosa, i colori. L’autunno esalta i colori, fa brillare quello che c’è, esalta i tuoi stessi colori. Toglie luce, calore, perché i tuoi colori, le tue luci vengano fuori. Arretra per darti spazio. Ma lo spazio di te che rientri in te stesso, non della tua proiezione esuberante o esitante dell’estate (la stagione luminosa e dichiarativa). Quello spazio. Quello spazio si apre, e puoi entrarci e puoi trovarti comodo.
Puoi metterti di nuovo quella maglia, saggiando la consistenza del tessuto, riscoprendo il piacere di altri strati che coprano delicatamente la tua pelle, che la adornino, la adombrino e la adornino, sottilmente. Scopri una parte di te che non è più nella proposizione secca ed esplicita del tuo stampo, della tua forma nello spazio, del tuo corpo. D’estate togli, esponi. D’autunno ricopri, nascondi, ma non troppo. Togli appena dallo sguardo diretto e unidimensionale, così troppo povero rispetto al cuore. Ed è di nuovo un gioco sottile di immaginazione, di ricostruzione dietro un rimando di sguardi, di quel che c’è e non si vede e riposa nell’ombra e nell’ombra trattiene i suoi stessi umori e magari ti attraversa la mente tra un modo d’istinto e una rinnovata dolcezza percettiva.
L’autunno è la diminuzione di segnale, il buio che riprende spazio, arriva più presto. Autunno è la stagione della poesia, è abbassare i volumi di tutti i telecomandi, perché ciò che è in penombra, quasi nascosto, possa esaltarsi, possa venir fuori, possa finalmente mostrarsi. Autunno è anche tristezza, a volte, ma è più d’ogni cosa una onda di delicatezza che arriva come un balsamo, e ti parla, ti chiama, ti dice di tornare, di ricominciare a tornare, a fare quel ricominciamento, quel ritorno di cui sei colmo di nostalgia, quel ritorno nell’universo specifico di ciò che è tuo, più tuo di te stesso.
Ciò che proprio non puoi perdere.

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L’ultima foto di Cassini

Come previsto, ieri mentre gli italiani si stavano alzando da tavola o stavano lasciando la mensa aziendale (poco prima delle due del pomeriggio), la sonda Cassini concludeva la sua lunga e gloriosa epopea, tuffandosi dentro l’atmosfera di Saturno, per avviarsi a scomparire dentro il pianeta medesimo.

Il segnale finale ha impiegato circa 83 minuti ad arrivare a Terra, anche se in realtà l’ultima foto è stata scattata alcune ora prima, e comprende come è ovvio la zona di impatto, situata in realtà nella parte non illuminata del pianeta.

Ultima instantanea per Cassini (Crediti: NASA, JPL-Caltech, Space Science Institute)

Una foto destinata – per ovvie ragioni – a rimanere storica. 

La sonda si è lanciata dentro l’atmosfera di Saturno alla rispettabile velocità di oltre 110.000 km/h, lasciandosi dietro un lavoro durato molti anni. Ed ancora per molti anni a venire, è assai probabile, tutto quello che sapremo su Saturno e dintorni, lo avremo dovuto a lei, a Cassini.

Ripercorrere le meravigliose immagini che ci ha donato, è rendersi conto in maniera visiva di quanto importante sia stata la sua lunga missione.

Qualcosa che non si potrà dimenticare tanto presto. Ciao Cassini, il tuo lavoro rimane, e rimarrà per molto tempo, come conoscenza viva e vibrante del nostro Sistema Solare, dei suoi pianeti, delle sue lune. Grazie a te, un pezzetto di universo – quello più vicino a casa nostra – è molto più chiaro di quanto poteva essere prima che tu partissi.

E di questo te ne dovremo essere riconoscenti, negli anni a venire.

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Arrivederci, Cassini!

Ci siamo. Stavolta ci siamo davvero. Il giorno è arrivato. Oggi la sonda Cassini diventerà parte integrante del pianeta Saturno, dopo anni ed anni passati ad esplorarlo, ad inviarci foto veramente meravigliose del sistema degli anelli, a curiosare tra le sue lune…

E’ il “Gran Finale” per una sonda che è stata assolutamente un successo, in termini scientifici e anche per l’interesse totalmente umano che le splendide immagini che arrivavano a Terra, hanno sempre destato.

Questo non è – non vuole essere – un resoconto impersonale e distaccato di quello che sta avvenendo in queste ore (sicuramente ne potete trovare molti, in rete). E’ innegabilmente, irresistibilmente, un accenno anche emotivo a una missione di scoperta a cui ci siamo affezionati, nel tempo, tanto che il fatto che ora debba concludersi ci lascia un po’ trepidanti, un po’ grati, un po’ anche tristi. Ma è andata così bene che forse meglio non poteva andare, questo dobbiamo dirlo.

Our spacecraft will be part of the planet it studied for so long, così recita il tweet delle 3.06 di stanotte… “la nostra sonda entrerà a far parte del pianeta che ha indagato per così tanto tempo”. Un modo gentile, direi, per dare l’ultimo saluto a Cassini

La sonda è stata lanciata nello scorso millennio (il lontano 1997) e di successi ne ha collezionati veramente molti (e ce ne siamo occupati in diverse occasioni, in questo blog).

E’ interessante seguire questi ultimi momenti dal sito NASA, che ci dà un senso abbastanza palpitante dell’incedere delle cose. Al momento in cui scrivo questo pezzo, ad esempio, mancano poco meno di 3 ore e 45 minuti alla fine missione, e la sonda (risulta dal sito), a circa 116.000 miglia dalla superficie, sta ancora inviando dati ed immagini.

Immagine non processata di Saturno, presa da Cassini nelle sue ultimissime fasi della discesa verso il pianeta (Crediti: NASA)

Questa che vedete è in questo momento la più recente. Notevole anche dal punto di vista della trasparenza scientifica il fatto che le immagini vengano messe immediatamente online e divengano accessibili a tutti, praticamente in tempo reale. 

Ci sarà tempo, senz’altro, più avanti per ragionare a mente fredda, sul grande contributo fornito da Cassini, in tanti anni di lavoro, alla conoscenza del nostro sistema planetario. Adesso però è bello ed intrigante seguire le ultime fasi di discesa di una sonda che è un po’ un pezzo di casa nostra, un simbolo del desiderio umanissimo di conoscere l’universo dentro il quale si trova a vivere, ad esistere.

Ciao Cassini, te lo dico senza retorica: sei stata grande. Da oggi farai parte di Saturno. Da oggi in poi, Saturno avrà qualcosa di nostro. Delle nostre speranze, dei nostri desideri, della nostra progettualità e voglia di conoscere.

E sarà un pianeta (un pochino) diverso.

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