Blog di Marco Castellani

Giorno: 19 Giugno 2008

L’ammasso di galassie di Coma visto da Hubble

Il telescopio spaziale Hubble ha catturato una bellissima vista della popolazione di stelle dell’ammasso di galassie chiamato Coma Cluster, una delle più dense collezioni di galassie in tutto l’Universo conosciuto…

La Advanced Camera for Surveys di Hubble ha mappato una larga porzione del Coma Cluster, che copre un’area di molti milioni di anni luce. L’intero ammasso di galassie è in realtà vastissimo, poichè si estende per più di 20 milioni di anni luce in diametri, è di forma praticamente sferica, e contiene migliaia di diverse galassie.

L’ammasso di galassie è noto anche come Abell 1656, ed è alla distanza di 300 milioni di anni luce dalla Terra, in direzione
del polo nord della Via Lattea. Proprio la sua posizione – così distante dal disco galattico della nostra Via Lattea – rende
assai interessante la sua osservazione, poichè occupa un’area del tutto libera da gas e polveri che invece rendono difficile
l’osservazione di oggetti vicini al piano della Galassia…




Il Coma Cluster, visto dalla camera ACS del Telescopio Spaziale Hubble

Credits: NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA).
Acknowledgment: D. Carter (Liverpool John Moores University) and the Coma HST ACS Treasury Team.

La gran parte delle (moltissime) galassie che abitano la parte centrale del Coma Cluster sono
galassie ellittiche. Questo tipo di galassie
presenta una struttura interna relativamente omogenea (a differenza delle galassie a spirale, come la nostra Via Lattea,
che mostrano un disco ben definito, un nucleo centrale e dei bracci di spirale), e contiene popolazioni stellari quasi
esclusivamente “antiche”, senza evidenze chiare di fresca formazione stellare. Come ben testimoniano anche queste foto
di Hubble, nell’ammasso di Coma se ne trovano in abbondanza, e in
un ampio intervallo di dimensioni, che dalle nane ellittiche arriva fino alle giganti.



SpaceTelescope.org Press Release

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Jamaica farewell… in Monteporzio

Sounds of laughter everywhere and
the dancing girls swaying to and fro
I must declare my heart is there
thou I’ve been from Maine to Mexico…

Mattina. Mentre mi arrampico in auto verso Monteporzio, questo piccolo paesino nei dintorni di Roma, risuonano in auto le note di Jamaika farewell reinterpretata da Eugenio Finardi nel bel disco Acustica, di un pò di anni fa…

… il sole bacia l’ampio colle di fronte, affollatissimo di verdi alberi, in direzione del quale la strada si inerpica. E pare tutto uno sfondo luminoso, una cornice di bella natura; la chitarra esegue leggerissima ed espressiva gli arpeggi della canzone, e la musica sembra mirabilmente adattarsi all’ambiente, ricavarci uno spazio suo, farlo risuonare..

….. E siamo lontanissimi (…purtroppo?) dalla Jamaica, dalle palme, dall’ambiente della canzone che interpretò con successo – imparo ora – Harry Belafonte. Nulla di che stupirsi, mi dico: la forza espressiva della musica, il suo significato universale…

…I must declare my heart is there…. 😉

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