Libertà di ricerca

Lo spazio è stato creato, io credo, per essere vissuto in libertà. La sua stessa espansione può essere letta come un rimando alla espansione della nostra consapevolezza. Credo valga lo stesso anche per il cyberspazio.

Internet agli inizi – per chi si ricorda, per chi come me l’ha vissuto – era una cosa eccitante, una cosa nuova e divertente, frizzante e piena di possibilità. Questo spazio si espandeva (anche lui) in modo accelerato, con l’allegria e l’entusiasmo di tecnici ed appassionati, affascinati dalle potenzialità di questo inedito strumento di comunicazione, che andava oltre i sogni dei più intrepidi scrittori di fantascienza. Ora non ci viene facile pensarlo, ma all’inizio degli anni Novanta, solo poter progettare una semplice pagina (quasi tutto testo, poche immagini perché si caricavano lentamente) in modo che potesse venire vista istantaneamente da ogni parte del mondo, tramite un computer collegato alla rete, era una cosa che spalancava la mente.

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Ancora, scrivere

Scrivere mi fa stare meglio. A volte non c’è altro, non c’è altro che posso fare. In certi momenti bassi dell’anima – che a volte mi giungono addosso così misteriosamente – l’unica cosa è scrivere.

Mettere in fila parole, una dopo l’altra, pensare alla prossima parola da inserire, ponderare l’uso di due parole simili… tutto questo mi fa assaggiare di nuovo un ordine bello, calmo, pacato, stabile. Entro in contatto con questo ordine superiore, scrivendo. Di qualsiasi cosa, di qualsiasi argomento. Come adesso. Scrivendo, semplicemente. Ed accade che mi calmo. Qualcosa nel mio cervello si placa, avverto nuovamente l’onda placida di una pienezza che mi lambisce, per cui non devo più agitarmi, non devo preoccuparmi, non serve più, è ormai inutile, si può finalmente riposare.

Perché poi riposare scrivendo, davvero non lo so. Dopotutto, non penso nemmeno sia una cosa che devo sapere. Penso sia una cosa così, una cosa che viene e che non posso e non devo dominare. Che ne voglio sapere io, in fondo? Chi ha una comprensione veramente chiara e limpida di sé stesso? Mi basta capire cosa mi faccia stare bene, poi il resto non mi compete.

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La sana fatica di stare qui

Luigi Giussani mi piace, perché è spesso audace. Qualcosa che spesso ci manca in questo tempo liquido, in questo tempo di rivoluzioni morte, è proprio l’audacia: certo, proviamo a sopperire, talvolta, con la manifesta provocazione o la esibita trasgressione, ma è roba di seconda mano, materiale ormai a buon mercato, copia sbiadita di antichi e nobili aneliti al vero pensiero libero.

Sia nel percorrere quanto già detto, che nel cercare vie nuove, ci vuole audacia. Allora, il gioco è imparare da chi ha usato audacia a suo tempo, per ampliare ulteriormente l’orizzonte, allargare l’universo osservabile. In un cosmo ormai in espansione accelerata (perché nell’era moderna lo abbiamo ri-conosciuto così), le idee e i sistemi di pensiero, per sopravvivere, non possono più permettersi la staticità.

Trovo particolarmente interessante e meritevole di sviluppi (ora più che mai), quanto scrive Giussani a proposito dell’ideologia, nel suo testo più noto, Il senso religioso

L’ideologia è costruita su uno spunto che l’esperienza offre, così che l’esperienza stessa è presa come pretesto per una operazione determinata da preoccupazioni estranee o esorbitanti. Di fronte, per esempio, all’esistenza dell’uomo «povero», si teorizza sul problema del bisogno, ma l’uomo concreto col suo bisogno concreto diventa un pretesto; l’individuo nella sua concretezza viene emarginato una volta che ha dato spunto all’intellettuale per i suoi pareri, o al politico per giustificare e pubblicizzare una sua operazione. I pareri degli intellettuali, che il potere trova convenienti e che assume, diventano mentalità comune attraverso i mass-media, le scuole, la propaganda, così che quello che accusava Rosa Luxemburg con lucidità rivoluzionaria, «lo strisciare del teorico», morde alla radice e corrompe ogni autentico impeto di cambiamento.

Audace ma assolutamente pertinente, qui, l’aggancio di monsignor Giussani alla frase di Rosa Luxemburg (1871-1919), che non fu fine teologa quanto rivoluzionaria di manifesta fede marxista. Ma non c’è poi da stupirsi. Giussani è sempre stato un uomo libero e ha valorizzato anche posizioni molto diverse dalle sue. Resta celebre la sua valutazione della dignità dell’anarchico, al proposito. Che poi, a causa sua, ci furono illustri anarchici conquistati alla fede: penso con commozione, all’esempio chiaro della figura di Jesùs Carrascosa, del quale sono lieto ed onorato di essere stato amico.

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Apri il cuore, sto tornando

Immagina adesso, di rientrare a casa dopo un lungo viaggio fuori dalla Galassia. Sì, questa volta ti sei voluto prendere davvero una bella vacanza, una vacanza come si deve. Ma ci sta, ti capisco benissimo. Andare veramente lontano, centinaia di migliaia di anni luce (letteralmente), distante da tutti i luoghi già visti. Spingersi perfino fuori dalla Via Lattea, alla fine lo devi fare se ti vuoi vantare di essere un vero viaggiatore cosmico. Scorrazzare per Laniakea, surfare leggero lungo le increspature delle distese stellari in questo immenso paradiso, è troppo divertente, per non provarci, almeno una volta nella vita.

L’universo, d’altra parte, è un posto veramente enorme. Ricordi? Sembrano già passati millenni da quando si dubitava sull’esistenza di altre galassie, oltre la nostra. Sembra, perché, lo sai bene, era appena il febbraio del 1920, quando si tenne quel Grande Dibattito, quello tra i due dotti scienziati, che sostenevano tesi opposte (e lì per lì non hanno concluso niente). Beh, ma ora è chiaro, il cosmo è pieno di galassie. Gli amici astronomi ti assicurano, più di 100 miliardi. Decisamente troppe, per visitarle tutte. Non basta una vita.

Proprio così, stanno le cose. Puoi viaggiare per anni con la tua astronave a propulsione subliminale e, capisci, ancora non arrivi a vedere tutto quel che c’è da vedere. Sul tuo navigatore stellare aggiornato sono riportati, ormai, quasi tutti i ponti di Einstein-Rosen conosciuti (li aggiornano direttamente gli utenti, quando li trovano, i più diligenti li inseriscono volontariamente nell’applicazione), in modo che puoi sfruttarli per sbucare con poco sforzo in posti esageratamente lontani. E con tutto ciò, ancora ti manca tanto da vedere. Ma tanto.

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Sul navigare sicuri (abbattendo uccelli molesti)

C’è qualcosa che spesso non convince negli spot di Apple, almeno secondo me. Voglio dire, tecnicamente sono fatti molto bene, sono fatti da gente che li sa realizzare. Su questo, nulla da dire.

Ma se ragiono sul messaggio che mi vogliono mandare, spesso trovo un disallineamento dalla realtà, uno sfasamento sottile, mi imbatto in qualcosa che insomma non mi torna. Oggi, come nel recente passato.

Prendiamo quello che sta girando abbastanza in televisione, in questi caldi giorni estivi (quello che trovo in rete, per la verità, è una versione un po’ diversa da quello che ho visto più volte in televisione, ma il concetto è lo stesso).

Riprendo le parole del sito iphoneitalia, nell’articolo che descrive lo spot

Nel video, telecamere di sicurezza sono rappresentate come fastidiosi uccelli e pipistrelli che sorvolano gli utenti mentre navigano sul web, simboleggiando i tracker dei siti. La maggior parte dello spot si concentra su utenti non iPhone, ma verso la fine, un utente iPhone apre Safari e tutte le inquietanti telecamere esplodono in aria, sottolineando la sicurezza del browser Apple.

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Tra batteri e leopardi, tutta la vita di Marte

Certamente la ricerca di vita extraterrestre è oggi uno dei filoni di ricerca principali per quanto riguarda l’esplorazione dello spazio. Il fatto, tanto semplice quanto esplosivo, è che per la prima volta siamo in grado di intendere dei segni che prima ci erano inaccessibili. Segni che potrebbero indicare, finalmente in modo non ambiguo, che vita c’è – o c’è stata – in ambienti esterni alla Terra.

Ovviamente i primi posti dove cercare sono gli ambienti planetari del Sistema Solare. Tra questi, Marte è da sempre un candidato interessante. Non tanto per il suo stato attuale, quanto per come poteva essere in passato: si dice, caldo ed umido, con mari e fiumi simili alla Terra: tuttavia, la questione è ancora controversa.

L’immagine qui sotto è nuova e parecchio interessante in tal senso, poiché ci mostra una zona molto ristretta dalla superficie del pianeta con dei segni “a macchia di leopardo”.

Crediti immagini: NASAJPL-CaltechMSSSPerseverance Rover

Macchie di colore chiaro sulle rocce marziane, ognuna circondata da un bordo scuro, sono infatti state individuate proprio all’inizio di questo mese dal Perseverance Rover della NASA (il rover opera sul pianeta rosso dal febbraio del 2021). Soprannominate (con non troppa fantasia) macchie di leopardo a causa della loro apparente somiglianza con i segni caratteristici sul mantello del famosi predatore terrestri, questi curiose configurazioni sono attualmente in fase di studio, con la possibilità nemmeno troppo remota, che siano state create da antiche forme di vita marziane.

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Campagne astrali, cosmi artificiali

Come avrete probabilmente notato riguardo le illustrazioni di questa rubrica, alla consolidata collaborazione con l’artista ed amico Davide Calandrini, si è quietamente avviata negli articoli più recenti una sperimentazione di immagini generate con i motori di intelligenza artificiale, i cosiddetti text-to-image.

Il reale muta molto velocemente, siamo in accelerazione anche noi – proprio come il cosmo – ed è più che opportuno sperimentare con le nuove soluzioni tecnologiche, comprenderne potenzialità e limiti: tutto questo, con l’intento di non farsi condurre da esse in modo passivo, ma educarsi anche qui ad un proficuo rapporto, che tuteli quella creatività che è la forma specifica ed irriducibile che distingue l’umano dalla macchina.

L’intelligenza artificiale – lo sappiamo – non è realmente creativa (provate a chiederle di generare una poesia e vi metterete le mani nei capelli), è un insieme di algoritmi, pur estremamente sofisticati. La creatività è però il centro gravitazionale specifico di questa rubrica, così possiamo avvertire questa indagine come una parte organica di questo nostro attivo dimorare nel punto di intersezione, sempre vivo, tra letteratura e scienza.

Tecnicamente, i motori text to image (da testo ad immagine) generano una illustrazione a partire da un input testuale, anche molto strutturato: si può domandare, per esempio, non soltanto di avere una immagine di un gatto in una vecchia casa ma aggiungere dettagli stilistici o pittorici, tipo un gatto su un tavolo stile Vermeer (non so se lui abbia mai dipinto qualcosa del genere, ma è inessenziale in questa sede). Vi sono diversi motori di questo tipo, disponibili online: cito solo alcuni tra i più noti, come Image Creator di Microsoft, NightCafé o Firefly di Adobe, ma la lista esaustiva sarebbe assai lunga. Tuttavia non è tanto il lato tecnico che ci interessa qui, quanto le ricadute in ambito creativo. E vogliamo capire come se la cavano, specialmente, con la parola poetica. Sopratutto, che immagini ne riescono a trarre.

In una Roma torbidamente soffocata nel caldo estivo, con la ridotta lucidità consentita dalle temperature in fuga ascendente, ho provato dunque a compiere un minimo esperimento, dando in pasto ai tre motori citati, un verso di Annalisa Manstretta, un verso che abbiamo già commentato qualche mese fa (quella volta era accompagnato da una immagine elaborata da Davide):

Il sole dal lato sinistro, la luna da quello destro,
due cerchi perfetti. In questa campagna astrale
ci son finita io, quella fuori scala,
dalla taglia modesta di una donna.

Non ho impartito raccomandazioni stilistiche e mi sono limitato alle impostazioni di default, per la generazione di immagine: ogni sito peraltro permette di giocare con una serie di regole in modo da ottenere, dallo stesso prompt testuale, una grande varietà di immagini. Ancora, spesso le immagini generate sono molteplici: qui ne riporto appena una per ogni caso, scelta a mio gusto personale.

Ecco dunque cosa mi propone Image Creator.

Una composizione astratta decisamente cosmica dove correttamente un astro simile al Sole appare sulla sinistra, un corpo simile alla Luna sulla destra. La figura femminile si pone evocativamente come tratto d’unione tra i due. Forse il modesta è stato appena tralasciato… [Continua a leggere sul portale EduINAF]

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Venticinque immagini per Chandra

La sonda Chandra è stata lanciata nello spazio, tramite lo Space Shuttle Columbia, esattamente 25 anni fa, il 23 luglio del 1999. Era veramente un’altra epoca. Ed era davvero uno strumento innovativo. Per quanto riguarda l’astronomia nei raggi X è stato il top per moltissimi anni. Non si contano le scoperte dovute al lavoro di Chandra.

In questo blog, attivo in varie forme da un paio di anni prima che Chandra iniziasse la sua avventura, moltissime volte ho parlato di lei, dei suoi risultati, del nuovo cielo che ci stava facendo scoprire. Basta fare una ricerca veloce, per immergersi in questo flusso. Era abbastanza facile, anche, perché il sito di Chandra era molto orientato, direi da subito, alla divulgazione: all’epoca, non era affatto scontato.

Venticinque immagini inedite, per il venticinque anni di lavoro di Chandra (Crediti: NASA/Chandra)

Dal lancio, Chandra ha osservato migliaia di oggetti, alcuni anche molte volte, per realizzare una serie di scoperte senza precedenti. Questa immagine rappresenta sinteticamente la varietà degli oggetti e fenomeni che la sonda ha studiato in questo quarto di secolo, dai buchi neri ai resti di supernova (e molto altro).

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