Stardust

Blog di Marco Castellani

Perseo, cenni di bellezza rivoluzionaria

Da oggi c’è un nuovo protagonista nello studio dello spazio e si chiama Euclid. Lanciato durante l’ultima torrida estate, con molte e giustificate aspettative. Tanto da aver fatto sorgere, al vostro umile cronista spaziale, qualche timore: l’universo rimarrà un luogo di (poetico) mistero?

Queste prime immagini rilasciate da Euclid fugano ogni mio dubbio residuo. Euclid non ci ruba proprio nulla. Euclid è soltanto un ulteriore porta verso la meraviglia del cosmo, è soltanto un canale che abbiamo aggiunto ai già tanti di cui disponiamo, su cui sintonizzarci per ricevere lo stesso messaggio, impreziosito di nuove evidenze: l’universo contiene meraviglie.

Il meraviglioso ammasso di galassie Perseo
Crediti & Licenza: ESAEuclidEuclid ConsortiumNASA

Ma basta parlare, mostriamo invece. Eccone una: l’ammasso di Perseo. Ad Euclid ci sono volute cinque ore di osservazione per vedere quel che voi, ora, potete ammirare a colpo d’occhio. Nell’ammasso – che si trova a circa 250 milioni di anni luce da noi ed è particolarmente brillante in banda X – abitano oltre mille galassie, mentre sono addirittura diecimila le galassie che si potrebbero contare sullo sfondo, a varie distanze fino ad arrivare ai dieci miliardi di anni luce.

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111100 candeline?

Così quando arrivano certe ricorrenze, certi compleanni – soprattutto quando la cifra è tonda. Vabbè dipende dal sistema di numerazione, dovrei provare come suona la cifra in altri sistemi di numerazione magari: ecco in esadecimale sarebbe un bel 3C, mentre in binario un più esteso 111100. E non ci posso far niente, ma la cifra in esadecimale mi ricorda subito il quasar 3C 273 ma soprattutto mi ricorda una certa Anita, che insieme al quasar condivide la scena in un fortunato racconto, un racconto che è stato poi stimolo per scriverne altri undici (fino al recente volume La saggezza di uno sguardo).

Quante candeline oggi? Beh, possiamo anche divertirci – per una volta – ad adottare sistemi di numerazione alternativi a quello decimale…

Insomma, arrivato al rispettabile numero di 3C giri attorno al Sole (o a 111100 a seconda di come preferiate), uno un po’ di riflessioni le fa.

La più immediata è guardarmi indietro e scoprire quanta persone mi hanno voluto e mi vogliono bene, ancora e adesso. Certo, quello che non è adesso non conta, non cambia le cose. Me ne rendo conto, più vado avanti: ci vuole un adesso per camminare, per respirare, per esistere. E tantissime persone dovrei ringraziare e spero di farlo – non tanto qui per iscritto, non sto a mettere i crediti come in un film – ma con frasi e respiri e attenzione viva, se appena riesco, quando riesco.

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Un pezzo di luna in meno

L’ho vista, forse non così bene ma l’ho vista. Sabato sera, passeggiando con Poncho, l’ho vista. Lui non era troppo interessato, era infatti ben più propenso a fiutare per terra cercando segnali olfattivi del passaggio della volpe (che si nasconde nel parco, venendo fuori solo ogni tanto). Ma io non potevo non guardare in alto. Quella sera proprio non potevo.

L’eclisse parziale di sabato splendidamente immortalata da Orazio Mezzio e giustamente approdata ad APOD. Sono state scelte due diverse esposizioni per mettere diversamente in risalto la parte “mancante” del nostro satellite.

Perché mi rendo conto di quanto l’abitudine ci condiziona. Essere così abituati a vedere la Luna in un certo modo e ad un certo punto osservarla diversa. Certo, sono abituato a vedere la luna parziale, ma con la forma tipica della falce. Non mi torna, la luna a cui manca un pezzettino: come l’avessero morsicata, in pratica.

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Il brillìo del cosmo

Sempre più, quando vado in giro a raccontare le stelle mi capita di pensare che sto facendo il lavoro più bello del mondo. Proprio così. Un lavoro per cui è sicuramente valsa la pena studiare, è valsa la pena affrontare gli inevitabili momenti di aridità, le ineludibili frustrazioni.

Guardandomi indietro, perfino i mille ripensamenti – ma sarà per me questo lavoro? Mi corrisponde veramente? – e le pesanti, laceranti incertezze: tutto si ricompone. Tutto ha avuto la sua funzione, la sua importanza. Adesso lo capisco, tutto è stato necessario.

Le prime esperienze di pubblicazione di articoli scientifici e le borse di studio a Teramo, a Napoli. Il giro d’Italia per partecipare ai dottorati, presso le varie università. Cose ormai di molti, molti anni fa. Arrivavo il pomeriggio del giorno prima con il treno, cercavo gli alberghi più economici. La mattina di corsa alla prova scritta, dove trovavo tanti volti che avevo visto magari il giorno prima, in un altro luogo d’Italia. Bologna, Padova… città sfiorate per capire se avevano quello che cercavo. Se c’era strada per me. Quello a Roma afferrato infine in extremis, come ultimo tentativo prima di cercare un diverso lavoro. Il primo figlio (anzi, figlia) era già in arrivo: una ragazza che era anche lei alla prova scritta, saputo che mia moglie stava per partorire, mi chiese stupefatta e allora tu che ci fai qui?

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Arp 87, una storia di incontri

Una danza cosmica di stelle gas e polvere. Una danza che si estende per ben 75.000 anni luce, a formare un ponte veramente enorme. Altro che ponte sullo stretto, di incerta e futura realizzazione ma (permettetemi) di sicura ed immediata speculazione!

Il sistema di galassie interagenti Arp 87, visto da Hubble
Crediti: NASAESAHubble; Processing: Harshwardhan Pathak

Il ponte medesimo (questo, intendo) è una chiara evidenza di come questi due immensi sistemi stellari siano passati vicinissimi tanto da sperimentare violenti moti di marea, indotti dalla mutua attrazione gravitazionale.

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Un’ora (intensa) con Venera 9

Sono passati esattamente 48 anni (e un giorno). Era infatti il ventidue ottobre del 1975, quando la sonda sovietica Venera 9 atterrava sulla caldissima superficie di Venere e riusciva ad acquisire un panorama a 180 gradi (l’immagine in apertura di questo articolo). La sonda era progettata per resistere alle tremende condizioni di pressione e temperatura della superficie del pianeta: in effetti, riuscì a funzionare per ben 53 minuti, prima di darsi per vinta.

Quell’oretta scarsa fu decisiva, per la conoscenza del pianeta. Si comprese che c’è uno strato di nubi spesso oltre 30 km, si ottennero informazioni sulla chimica dell’atmosfera (decisamente irrespirabile, essendo ricca di acido cloridrico, acido fluoridrico, bromo e iodio), si confermò un elevatissimo valore di pressione atmosferica e temperature che sfiorano i 500 gradi Celsius.

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Un gioco di anelli

Certo, sapeva tutto, ma non conosceva la domanda. Sicuro, era ben consapevole che ci sarebbe stata una eclisse anulare del Sole, visibile dalla loro destinazione: il Lago Abert nell’Oregon. D’accordo, ci volevano dieci ora di macchina, per arrivarci. Ma ne valeva la pena.

Sapeva bene anche che il prossimo evento di questo tipo si sarebbe verificato, negli Stati Uniti, solo dopo altri sedici anni. Il che senz’altro rendeva questo un evento veramente speciale, con un’opportunità imperdibile di poterlo fotografare. Di poter immortalare un momento così particolare (e non sapeva quanto particolare, questo non lo sapeva ancora).

Anche il piano di azione, il piano che avevano concordato, anche quel piano le andava bene. Era un piano semplice, dopotutto. Lei ed il suo ragazzo sarebbero apparsi davanti all’eclisse nelle loro silhouette, sia da soli che insieme. Era anche ben consapevole che l’evento si sarebbe consumato in pochissimi minuti.

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Dei mondi da vivere

Non è tanto l’esteso disco intorno alla stella PDS 70 a suscitare l’attenzione degli esperti. Per quanto, certo, sia degno di grande interesse. E nemmeno, a pensarci bene, il pianetino che si trova entro l’anello, nella parte destra, appena dentro il disco.

PDS 70, il disco, il pianeta e… le future lune!
Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO); M. Benisty et al.

Nossignori. C’è dall’altro, in questa immagine acquisita nel 2021 dall’Atacama Large Millimeter Array (ALMA, per gli amici), situato a cinquemila metri di altitudine nel deserto di Atacama in Cile.

Quel che è veramente da guardare nell’immagine è piuttosto quella apparente foschia che circonda il pianetino in questione, chiamato PSD 70 c. Quella foschia è infatti il segno dell’esistenza di un disco di polveri che ora è tutto preso (diciamo) dal compito specifico di formare lune. E specifico, questa cosa non si è mai vista prima.

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