Mancano ormai pochi mesi (la data di lancio è ora fissata per ottobre), ma il team è al lavoro ormai da anni ed anni. E in realtà chiamarlo team in questo caso è davvero riduttivo. Nei tempi moderni è normale, è la regola. Un satellite scientifico è innanzitutto una impresa tecnologica, che passa attraverso varie fasi e muove una organizzazione decisamente complessa e articolata. Il satellite GAIA di ESA non fa eccezione. Ne abbiamo parlato in varie occasioni su GruppoLocale, ma ci piace tornarci ora che si è appena concluso il mini-workshop “L’Italia in GAIA” presso gli HeadQuarters dell’INAF, ovvero la sede di Monte Mario dell’Osservatorio Astronomico di Roma .

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Una immagine “artistica” della sonda GAIA (crediti: ESA)

Forse la cosa che colpisce di più, ad uno scienziato magari non introdotto a GAIA ma presente al workshop, è l’ampissimo spettro di temi e di ricerche nei quali la sonda promette (con buona ragione) di portare avanzamenti significativi. Siamo abituati a pensare a GAIA come alla sonda che rivoluzionerà la conoscenza delle popolazioni stellari nella Galassia, ma non è soltanto questo. Come il workshop ha efficacemente dimostrato, le potenzialità di GAIA sono molto maggiori. E lo spettro di aree dove i dati di GAIA avranno un impatto significativo è sorprendentemente esteso. Si va dai pianeti del sistema solare ai quasar, agli esperimenti di realatività generale.

Eh già, perché la comunità scientifica è al lavoro da molto tempo, per capire che tipo di dati invierà a terra GAIA, e come utilizzarli al meglio per estrarne ogni informazione scientifica possibile.

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Dall’osservatorio si gode anche una meravigliosa vista della città eterna (Crediti: INAF) …

Pesco un po’ a caso dai miei appunti, tanto per dare un’idea (sommaria ed imprecisa e parziale quanto si voglia, ovviamente)… dunque, avremo dati per mezzo milione di nuovi quasar (non male per una missione ‘stellare’ eh?), avremo inoltre la possibilità di esplorare tematiche di fisica fondamentale. Ben di più: GAIA (e questo lo ignoravo anche io, in buona parte) si presenta come il più grande esperimento di relatività generale mai realizzato, segnando (come è stato detto al congresso) il primo vero accesso dell’astronomia relativistica nella fisica fondamentale.

Potremmo poi parlare (o prima) di tutta la parte tecnologica che è dietro il progetto GAIA. Sotto questo punto di vista – come tutte le più moderne imprese spaziali – GAIA è una conquista ed insieme una sfida. Certo, perché comunque la realizzazione pratica di quanto ideato in astratto è una conquista. Si potrebbe parlare delle collaborazioni con l’industria, come con Oracle che si occupa di una parte importante del progetto, come i database. Potremmo accennare a questo punto alla ingente quantità di dati che dovremo gestire, quando la sonda sarà in opera. A tutte le sfide che si stanno affrontando anche nel campo del software.

Chi scrive è nel team di persone che devono elaborare degli algoritmi per separare i profili di stelle parzialmente sovrapposti. Non proprio uno scherzetto, se considerate che per minimizzare il flusso di dati trasmesso dalla sonda le stelle meno luminose, prima di essere inviate a Terra, vengono artificialmente “schiacciate” in una dimensione soltanto… pertanto è necessario “riespandere” il segnale in 2D, poi finalmente usare delle tecniche matematiche relativamente complesse (come la “Analisi delle componenti principali”) per separare i profili delle due stelle.

La missione (ben vista e concretamente sostenuta anche dai vertici dell’INAF, come ha esplicitamente dichiarato il nostro presidente Bignami in apertura di congresso) è uno sforzo tecnologico e scientifico tutto europeo, essendo un progetto di ESA.

In questo sforzo europeo – come è stato rilevato giovedì scorso a Monte Mario – l’Italia è in prima linea come uno dei contributori più decisi, sia in termini di risorse stanziate che di uomini. E questo non può che farci piacere. E anche – perché no – ci permette ancora una volta di essere orgogliosi dell’appartenenza a questo nostro Bel Paese.

Senza eccessiva retorica si può ben dire che se tutto andrà bene, si dovrà all’Europa e al contributo finanziario e scientifico di tutti i suoi cittadini – Italia inclusa, a pieno titolo – se la conoscenza della Via Lattea e del cosmo in generale, avrà fatto, nei prossimi anni, un grande e forse decisivo passo in avanti.

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