Blog di Marco Castellani

Mese: Maggio 2007 Page 3 of 5

Il più piccolo (e vicino) pianeta extrasolare!

Decisamente le scoperte di pianeti extrasolari si susseguono ad un ritmo davvero elevato, nell’ultimo periodo. Stavolta è ancora più rilevante, forse la scoperta in questo ambito più importante di quest’anno: un pianeta del tipo di Nettuno, in orbita intorno alla stella GJ 436…

La scoperta si deve ad un team di scienziati svizzeri, ed il relativo articolo, in forma di preprint, è appena apparso in rete: l’importanza della scoperta è notevole, considerato che è il pianeta più piccolo, meno massivo ed anche più vicino, tra quelli extrasolari scoperti finora! La sua massa difatti è dell’ordine di quella di Nettuno, e il suo componente principale, con tutta probabilità, dovrebbe essere costituito da ghiaccio d’acqua…

Alcune fonti con approfondimenti sono già reperibili in rete, tra cui segnalo Oklo ed anche Centauri-dreams.

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Scoperto un nuovo pianeta extrasolare di tipo gioviano

Tra tutti i pianeti extrasolari che gli astronomi hanno scoperto (e che continuano a scoprire!), sono forse i pianeti
cosiddetti “giovani caldi” che colpiscono più di altri la nostra immaginazione. Questi “nuovi mondi” possono essere
anche ben più grandi del nostro Giove, ma compiono la loro orbita intorno alla stella “madre” tipicamente in poche ore.
Addirittura, come nel caso del pianeta appena scoperto chiamato TrES-3, in appena 31 ore…

L’articolo che riferisce della scoperta, intitolato “TrES-3: A Nearby, Massive, Transiting Hot Jupiter in a 31-Hour Orbit”, sarà
pubblicato in uno dei prossimi numeri della rivista Astrophysical Journal, senza dubbio una delle più prestigiose
nell’ambito astronomico ed astrofisico.

Come per molte altre scoperte di pianeti, anche questa è il risultato di un lavoro non di un singolo gruppo, ma
di astronomi ed osservatori dislocati in varie parti del mondo. La storia inizia quando alcuni astronomi misurarono una variazione
periodica della luce della stella GSC 03089-00929, una stella della categoria delle nane-G, di massa poco inferiore a quella del Sole.
Poichè gli strumenti con i quali è stata realizzata la scoperta erano parte del network chiamato
Trans-atlantic Exoplanet Survey (TrES), il pianeta ha preso da questo network il proprio nome. L’ipotesi che si fa in casi come questo, è che vi sia un pianeta che passando periodicamente sulla linea di vista della stella, ci occulta parte
della radiazione luminosa, rendendo dunque ragione del fenomeno della periodicità osservato.

Una volta che gli astronomi sono entrati in possesso di un candidato a pianeta, altri astronomi hanno effettuato osservazioni prolungate della
stella, usando l’Hungarian Automated Telescope Network, il Fred L. Whipple Observatory, il Submillimeter Array atop Mauna Kea, come pure ancora
altri strumenti in diverse parti del pianeta. Questo ha reso possibile, una volta compiute le varie osservazioni, che fossero resi
disponibili una grande quantità di dati in molte lunghezze d’onda, molto utili per derivare il maggior numero di parametri possibili riguardo
al pianeta di recente scoperta.


Una immagine artistica di OGLE-TR-56b, che orbita intorno alla sua stella in solo 29 ore..

Credits: CfA

Si pensa dunque che tale pianeta abbia una massa circa 1.92 volte quella di Giove. Come abbiamo detto, la sua orbita intorno alla sua stella
avviene in un tempo di circa 31 ore, ad una distanza media di solo 0.0226 UA (Unità Astronomiche, la distanza tra la Terra ed il Sole). Può sembrare
che sia un tempo rapido, ed in effetti lo è! Tanto per dare un’idea, è il secondo tempo di orbita più rapido, per questo tipo di pianeti, che abbiamo mai
trovato: il primato, infatti, appartiene a OGLE-TR-56b, che compie un’intera orbita in appena 29 ore.



La notizia su Universe Today



L’articolo scientifico (preprint) relativo alla scoperta

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Cluster osserva il frangersi del vento solare sulla magnetosfera

Le sonde ESA “Cluster” davvero si sono trovate al posto giusto al momento giusto, per registrare un evento molto peculiare: l’onda d’urto che si forma e si disfa continuamente, nella regione ove il vento solare incontra il limite della magnetosfera terrestre…

Lo scenario era stato predetto nella teoria ben venti anni fa, ma finora nessuno scenziato era riuscito a poterlo osservare realmente nello spazio.

La possibilità è arrivata il 24 gennaio del 2001, quando le quattro sonde che compongono la “squadra” di Cluster stavano volando ad una altitudine di poco più di centomila chilometri dalla superficie della Terra: ogni sonda era distante dalle altre di circa 600 chilometri, il che permetteva di registrare gli eventi in posti e tempi diversi tra loro.

Il bello è che, avvicinandosi alla regione dove si origina l’onda d’urto, gli scienziati si aspettavano di riscontrare grosso modo gli stessi segnali da ognuna delle sonde… invece non è stato così! Le onde si originano e si smorzano in maniera differente in diversi punti dello spazio, formando un quadro ben più complesso di quanto ci si aspettava…


Press Release ESA

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COROT trova un pianeta extrasolare!

La sonda COROT è un progetto del CNES francese con la partecipazione dell’ESA, ed è stato lanciato il 27 dicembre dello scorso anno. I risultati, a quanto pare, non si sono fatti attendere…

Difatti la sonda ha individuato un pianeta gigante, allo stato gassoso, con il raggio quasi doppio di quello di Giove, che orbita intorno ad una stella non troppo diversa dal nostro Sole, localizzata nella costellazione dell’Unicorno.

Il pianeta è stato chiamato – in omaggio alla sonda che ha effettuato la scoperta – COROT-Exo-1b, e per le sue caratteristiche e la sua vicinanza alla stella “madre”, fa parte a buon diritto dei cosiddetti “gioviani caldi”. La scoperta è indubbiamente interessante, e ha lasciato di stucco anche il team di COROT, che non si aspettava un risultato così vicino all’inizio della “vita scientifica” della sonda (iniziata il febbraio di quest’anno, completate le operazioni di lancio e messa a punto)!


“La buona stella di COROT”

intervista (in italiano) sul sito di ESA a proposito di COROT e della scoperta dell’esopianeta

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Più materia di quanto si pensava, nelle galassie nane “riciclate”…

Gli astronomi hanno riscontrato che le galassie nane formatesi dai residui della collisione tra grandi galassie contengono una quantità molto alta di materia “non visibile”: potrebbero addirittura possedere una quantità doppia di materia, rispetto a quanto gli scienziati si sarebbero attesi.

La ricerca è stata condotta utilizzando il
radio telescopio National Science Foundation’s Very Large Array (VLA) per studiare
una galassia chiamata NGC 5291, posta a circa 200 milioni di anni luce dalla Terra. Da quanto
sappiamo, circa 360 milioni di anni fa, la galassia ha subito un incontro stretto con un’altra
galassia, e la collisione ha prodotto una serie di lunghi “filamenti” di stelle, gas e polveri.
Questi filamenti, con il tempo, si sono fusi – in una sorta di processo di “riciclaggio cosmico” – a formare della galassie nane, che ora orbitano
intorno alla galassia “madre”.


Una immagine a varie lunghezze d’onda della galassie NGC 5291
e delle galassie nane intorno ad essa.

Credits: P-A Duc, CEA-CNRS/NRAO/AUI/NSF/NASA.

Attraverso la ricognizione con il VLA, gli astronomi hanno studiato tre di queste galassie
nane, ed hanno determinato come queste possiedano da due o tre volte più materia “oscura”
rispetto alla quantità di materia visibile (nel senso di materia che emette luce, in forma
di oggetto stellare).

A dire la verità, non si ritiene che questa materia oscura sia della
natura di quella ancora “misteriosa”, non interagente,
che è considerata formare la gran parte della materia nell’universo, e sulla quale le ricerche
sono più che mai attive: in questo caso, si dovrebbe semplicemente trattare di materia in forma
di idrogeno molecolare, estremamante difficile da rivelare con gli strumenti consueti. Tale materia
dovrebbe provenire dai dischi della galassie la cui “collisione” ha poi prodotto le nane che oggi
vediamo…



VLA Press Release

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Questioni di orario…

Ieri sera la piccola Agnese aveva deciso di giocare agli indovinelli con il papà (che invece per parte sua stava cercando di ascoltare un pò di musica, ma vabbè…..). Dunque cercava di trovare degli enigmi per prendermi in castagna. La cosa pian piano iniziava a divertirmi, mi accorgevo che ragionava cercando di spiazzare le mie risposte. Vediamo chi la vince, allora!

E chi poteva vincere..? Ovviamente lei. Ed ecco come ha portato a casa il risultato..

“Papà ma senti… l’orario, lo sanno tutti, secondo te?” mi fa con la sua faccetta birichina.
Io penso, ok, non mi faccio buggerare, ora gli rispondo per bene, una bella risposta completa:
“Beh.. ma no, Agnese! Lo sanno solo quelli che hanno un orologio.” (e penso, così stò a posto, ho vinto pure facile. Ma sbagliavo..)
“..Eh no, papà! E allora io? Io ce l’ho l’orologio in casa, ma l’ora mica la so!!

Accipicchia: logica ferrea. Uno a zero, anche stavolta ha perso il papà………. 🙂

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Un… fossile nella galassia!

Quanto sono vecchie, davvero, le stelle più vecchie? Usando il telescopio VLT di ESO, alcuni astronomi sono riusciti a misurare con precisione l’età di una stella all’interno della nostra Galassia…

… la stella, un “vero fossile”, ha mostrato agli scienziati la rispettabile età di 13,2 miliardi di anni: non troppo lontana dal valore di 13,7 miliardi di anni, che rappresenta la stima più precisa ed attendibile per l’età dell’Universo di cui disponiamo al momento. Dunque la stella, il cuo nome è HE 1523-0901, è veramente nata agli albori del mondo…!


L’abbondanza degli elementi radioattivi cambia con il tempo (grafico) e dunque rappresenta una sorta di “orologio” per determinare l’età di una stella

Credits: ESO website

“Sorprendentemente, è davvero difficile svelare l’età di una stella”, dice il primo autore dell’articolo in cui vengono riportati i risultati dell’indagine. “Ciò richiede la misurazione molto precisa dell’abbondanza degli elementi radioattivi torio e uranio, un compito che solo i più grandi telescopi come il VLT di ESO possono svolgere…”


Press Release ESO


National Geographic News

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Hubble trova anelli di materia oscura in un ammasso di galassie

Potrebbe essere la prima volta che viene trovata una evidenza inequivocabile della presenza di materia oscura…

In un intervento apparso di recente sul sito Slashdot.org si pone l’attenzione sul fatto che la NASA terrà il 15 maggio prossimo una “media teleconferenza” per discutere quella che viene definita la più forte evidenza del fatto che la materia oscura esista realmente.

L’evidenza proviene dalla rilevazione di alcuni anelli che sarebbero formati proprio di materia oscura, nell’ammasso di galassie CL0024+17, scoperti utilizzando il telescopio spaziale Hubble. Sarebbe la prima rilevazione di materia oscura con una struttura unica e chiaramente diversa dalla distribuzione sia delle galassie che del gas caldo negli ammassi.

Il risultato di tale ricerca verrà pubblicato sulla prestigiosa rivista “Astrophysical Journal”, il 20 giugno prossimo.

NASA Press Release

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