Blog di Marco Castellani

Mese: Agosto 2007 Page 2 of 3

Spitzer osserva quattro galassie in una “collisione cosmica”

A quanto pare, quattro lontane galassie si trovano nell’atto di aggregarsi l’un l’altra,
coinvolgendo miliardi di stella in una delle più grandi “collisioni cosmiche” mai osservate…

Le galassie coinvolte in tale processo, osservate dal telescopio spaziale Spitzer
della NASA, sono con ogni probabilità destinate a fondersi in un’unica gigantesca
galassia, che potrebbe essere grande anche ben dieci volte più della Via Lattea.
Spitzer ci fornisce dunque per la prima volta la possibiltà di assistere all’atto
nel quale nell’Universo si vengono a formare le galassie di massa più grande.

Collisioni (o fusioni), tra le grandi galassie sono un evento non infrequente. E’ la
forza di gravità che fa sì che alcune galassie, che si trovano abbastanza vicine tra loro,
pian piano si trovano sempre più “coinvolte” in un ambiente comune, ed alla fine si fondono in
una galassia più grande, in tempi scala dell’ordine di milioni di anni. Per quanto le
stelle che compongono le galassie siano alquanto “sballottate” durante tale processo, in realtà
esse hanno un bel pò di spazio vuoto intorno a loro, e dunque riescono a sopravvivere al
burrascoso evento. Anche la Via Lattea, in un futuro molto lontano (diversi miliardi di anni)
potrebbe essere interessata ad un evento di fusione con la galassia Andromeda.




Il quadrupletto di galassie in collisione

Credits: NASA/JPL-Caltech/CXO/WIYN/Harvard-Smithsonian CfA

Il quadrupletto di galassie che si stanno fondendo è stato scoperto in maniera inaspettata
durante una ricognizione di Spitzer verso un ammasso di galassie lontane, chiamato
CL0958+4702, localizzato a circa cinque miliardi di anni luce dalla Terra. Eventi di fusione tra
una galassia grande con altre
piccole galassie sono ben documentati dalle osservazioni astronomiche, ma
la cosa straordinaria di questa osservazione è che
le galassie
coinvolte sono davvero di dimensioni ragguardevoli: tre delle
galassie risultano di dimensioni comparabili alla Via Lattea, mentre la quarta è
addirittura tre volte più grande.



NASA/JPL Press Release

Loading

FSR1767, un nuovo ammasso globulare nella Galassia

Decisamente, le scoperte in astronomia non provengono ormai solo dallo spazio “profondo”: anche la nostra Galassia ci riserva
delle simpatiche sorprese, come l’individuazione di un “nuovo” ammasso globulare, FSR1767, che risulta tra le altre cose essere il più vicino a noi finora rilevato…!

Con poche eccezioni, gli ammassi globulari sono oggetti estremamente antichi, poichè si sono formati nelle fasi iniziali della Galassia, e trattengono importanti informazioni, nella struttura e nella distribuzione nello spazio, che risultano essenziali
per comprendere le condizioni fisiche presenti al momento della formazione della Via Lattea. Comprendere dunque la distribuzione
spaziale degli ammassi, come pure la distribuzione nei loro valori di luminosità, è di grande importanza per gli scienziati
che studiano le modalità di evoluzione della nostra Galassia.

Di fatto, negli ultimi anni ci siamo accorti che il numero di ammassi globulari nella Galassia è lentamente aumentato,
a mano a mano che venivano condotte ricognizioni più profonde ed estese. Così appena un paio di anni fa, sono stati scoperti
GLIMPSE-C01, Whiting 1, ed altri ancora. Ancor più di recente, una ricognizione condotta nel programma 2MASS di indagini in infrarosso su vaste porzioni di cielo, ha permesso di
individuare e selezionare altri nove possibili candidati a ruolo di ammasso globulare, all’interno della nostra
Galassia. Pochi giorni fa è apparso in forma di preprint un lavoro a firma di Bonatto e collaboratori, che studia in dettaglio
uno dei candidati selezionati dall’indagine 2MASS, FSR1767, e mostra come sia senza ambiguità un “nuovo” ammasso globulare.
La cosa interessante è che è davvero vicino, avendo una distanza di circa 1.5 chiloparsec dal Sole, il che ne fa
l’ammasso globulare più vicino a noi finora conosciuto.

Come si può spiegare il fatto, dunque, che non fosse mai stato rilevato, mentre conosciamo bene da tempo ammassi globulari
assai più lontani? Una spiegazione è nel fatto che l’ammasso è assai vicino ma “nascosto” alla visione diretta dal nucleo
stesso della nostra Galassia, in maniera tale che la luce di questo (non troppo grande) agglomerato di stelle non risulta
chiaramente visibile da Terra, essendo schermata dai gas e polveri del nucleo galattico stesso. La radiazione in banda infrarossa
invece attraversa molto più agevolmente le regioni ricche di gas: questo ci fa comprendere come si sia dovuta attendere un
ambizioso progetto di ricognizione infrarossa come 2MASS per poterlo scovare!

Insomma, questo forse ci insegna come alle volte
ci sfuggono per anni anche le cose che abbiamo sotto il naso: è che bisogna sapere “come guardare”, per poterle scovare…



L’articolo scientifico originale
(in pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society)

Loading

Ma cosa fa brillare i quasar…?

Due astronomi dell’Università delle Hawai, utilizzando il Telescopio Spaziale Hubble, avrebbero trovato il motivo
che fa brillare una gran parte di quasar: un buco nero al centro di una galassia di grande massa, che acquisisce
materiale da una galassia ricca di gas, di massa minore, che viene man mano “assorbita” dalla galassia più grande…

La fusione tra due galassie è stata da lungo tempo ritenuta un modo efficiente di portare gas in profondità all’interno di
una delle galassie, in modo da “foraggiare” il buco nero che si trova al suo centro, ma fino ad oggi mancavano
evidenze dirette che questo meccanismo fosse effettivamente all’opera, almeno in alcuni casi.

Si sa bene che i quasar, tra gli oggetti più energetici nell’intero Universo, si trovano al centro di galassie
giganti, e sono formati da un buco nero circondato da vortici di gas. Prima che il gas possa cadere all’interno
del buco nero, viene trascinato in una rotazione sempre più veloce, e la sua temperatura continua ad innalzarsi, fintanto
che diviene abbastanza caldo da irradiare innumerevoli volte più del Sole.




Una galassia ricca di gas collide con una galassia gigante, producendo un quasar (sopra), e una rappresentazione
artistica del quasar stesso (sotto)

Credits: Computer simulation by Joshua Barnes, University of Hawaii;A. Simonnet, Sonoma State University, NASA Education and Public Outreach.

Quel che finora era stato oggetto di speculazione, era racchiuso nella domanda “ma da dove proviene questo gas?”
A questo hanno tentato di dare risposta gli scienziati Fu e Stockton, riscontrando da alcune osservazioni, come il gas
sia prevalentemente composto da idrogeno ed elio, laddove il gas che circonda la galassia gigante risulta
pesantemente “contaminato” da elementi più pesanti, come carbonio ed ossigeno.

La differenza è molto importante,
perchè rivela come il materiale che cade nel buco nero provenga da un ambiente esterno alla galassia dove il buco nero
stesso si trova, e più precisamente, secondo i due scienziati, da un’altra galassia che risulta in collisione (o in fusione,
a seconda di come si voglia pensare il processo in corso) con la prima: questo è testimoniato anche da osservazioni
di masse di gas in moto “caotico” diffuse intorno al quasar.



UH Press Release

Loading

La storia di formazione dell’asteroide Vesta

L’asteroide chiamato Vesta 4 è il secondo per dimensioni in tutto il Sistema Solare, ed è confinato tra le orbite di Marte e di
Giove. A quanto risulta da indagini recenti, si è formato molto presto, diventando solido e cristallizando entro i primi dieci milioni di anni dalla formazione del Sistema Solare. Come fanno a saperlo gli scienziati? Ne hanno trovato un pezzetto sulla Terra: un frammento di Vesta infatti è stato appena scoperto in Antartide, un piccolo frammento che ci rivela informazioni importanti
sulla storia del nostro Sistema Solare…

Le nuove informazioni provengono da uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Toronto, in Canada. L’oggetto
della loro indagine è un meteorite vulcanico scoperto in Antartide durante una recente campagna. La roccia spaziale
contiene piccoli cristalli di un minerale chiamato zircone, che corrisponde molto bene alla “impronta chimica” dell’asteroide
Vesta. Appartiene ad una classe di oggetti chiamati eucriti – meteoriti che si sono formati da attività vulcanica.




L’asteroide Vesta 4

Credits: NASA

Gli scienziati ritengono che Vesta si sia rapidamente scaldato,e poi fuso in un nucleo di metallo e silicati, con un processo
piuttosto simile a quanto accaduto sulla Tera milardi di anni fa. Si ritiene che l’energia per tale processo sia stata
fornita dal decadimento radioattivi di alcuni tipi di minerali, molto abbondanti nelle fasi iniziali del Sistema Solare.



La notizia su Universe Today

Loading

Da Cassini indicazioni sull’origine di un anello di Saturno…

Gli scienziati che seguono la sonda Cassini potrebbero aver identificato l’origine di uno dei più misteriosi anelli di saturno: l’anello “G” è probabilmente formato da particelle ghiacciate relativamente grandi, che si trovano all’interno di un arco brillante, posizionato nella parte più interna dell’anello stesso…

Pare che le particelle siano confinate entro l’arco dagli effetti gravitazionali della luna di Saturno chiamata Mimas. Alcuni “micrometeoriti” entrano in collisione con le particelle, producendo piccoli grani delle dimensioni della polvere, che “illuminano” l’arco. Tali granellini vengono man mano spinti fuori dall’arco sede della loro formazione, dal campo magnetico locale, allargandosi infine a formare l’anello “G” …

NASA/JPL Press Release

Loading

Passetto passetto…

“Sarebbe più utile per noi e per la nostra salute, se ci mettessimo al lavoro più lentamente, riflettendo più a lungo, ma anche con più costanza e perseveranza. Mille miglia cominciano con un piccolo passo…” (“La forza dei piccoli passi”, George Popp)
Direi che me lo devo mettere bene in testa… difatti tendo sempre a preoccuparmi un pò troppo se devo cominciare un certo lavoro, mi figuro invariabilmente difficoltà insormontabili, mi sento sempre un pò “non all’altezza” (salvo poi rassicurarmi a lavoro terminato, solitamente). Ieri d’altra parte – con una certa soddisfazione – ho finalmente inviato il resoconto che dovevo terminare, e che pure mi aveva un pò messo in agitazione. Non è venuto male, tutto sommato!
Oggi comincio a preparare il lavoro per il congresso di Cefalù. Per il poster ho scelto – per la prima volta – un argomento “tutto mio”, un lavoro che ho portato avanti in prima persona, il Database degli Ammassi Globulari: se da una parte sono contento di poter presentare un lavoro mio mio, dall’altra mi devo convincere che lo posso fare bene. Ma sono fatto così, mi conosco… non sono un tipo d’assalto, ma devo rassicurarmi progressivamente sul fatto che le cose si possono fare, possono prendere forma, lentamente, come uno vuole. Con pazienza.
Essì: basta procedere piano piano… 😉

Loading

Quel cielo chiaro sopra il Paranal…

Nella notte del 21 luglio, l’astronomo Yuri Baletsky dell’ESO ha preso delle fotografie del cielo sopra il Paranal, la
montagna alta 2600 metri nel deserto cileno di Atacama, sede del Very Large Telescope. Queste stupende immagini
testimoniano in maniera efficacie della qualità straordinaria del cielo della zona, rivelando non solo la Via Lattea in tutto il
suo splendore, ma anche Giove, ed una piccola stella “artificiale”…

Se vi siete mai chiesti come mai i grandi telescopi siano posti invariabilmente in cima alle montagne più alte, dove il cielo
è più terso, forse vi basta guardare la fotografia qui sotto. L’astronomo Yuri Baletsky che l’ha realizzata sottolinea con enfasi
come l’immagine non derivi da una composizione di diverse fotografie, ma è stata semplicemente realizzata con la camera che seguiva il moto
delle stelle (cosa che si può facilmente notare osservando che la sagoma del telescopio appare un pò sfocata, rivelando appunto i movimenti della camera).

Ma la cosa più sorprendente di certo è l’ampia banda di stelle che indica la Via Lattea. Coprendo un arco di ben più di 100 gradi nella prima delle immagini, mostra assai bene la polvere e le stelle che fanno parte della nostra Galassia, una galassia a spirale
comprendente circa 100 miliardi di stelle.




Il cielo sopra il Paranal: il pianeta, la galassia ed il laser…

Credits: ESO

Nella parte centrale dell’immagine, si possono agevolmente scorgere due oggetti molto luminosi. Il più brillante è il
pianeta
Giove
, l’altro è la stella brillante chiamata
Antares. Un’altra stella brillante, Alpha Centauri, una delle più vicine al nostro
Sole, è pure visibile, nella parte di sinistra dell’immagine.

..




“Sparando” un fascio laser verso il centro galattico…

Credits: ESO

Tre delle quattro cupole che coprono le unità del Very Large Telescope da 8,2 metri sono visibili nell’immagine. Il fascio luminoso
che viene fuori da Yepun, l’unità numero quattro del VLT, è il fascio laser usato per creare una “stella artificiale” al di
sopra del Paranal, nella linea di vista corrispondente al centro della nostra Galassia. La stella artificiale permette, attraverso
una procedure di monitoraggio, di valutare in tempo reale le correzioni da apportare per bilanciare gli effetti della turbolenza
atmosferica durante le osservazioni scientifiche del telescopio.



ESO Press Release

Loading

Le acrobazie di Cassini…

La NASA sta valutando se “osare” una traiettoria piuttosto “acrobatica” per la sonda Cassini, che la porterebbe a passare ad appena 30 chilometri dalla luna di Saturno Enceladus. L’obiettivo sarebbe quello di studiare il “pennacchio” di materia che fuoriesce dal polo sud della piccola luna…

Davvero sarebbe un’acrobazia spaziale, se Cassini dovesse passare ad appena una manciata di chilometri dalla superficie di Enceladus! Quello che spinge i tecnici NASA a considerare tale traiettoria è la possibilità che si aprirebbe di studiare il curioso “pennacchio” – una sorta di geysers che emettono nello spazio circostante vapor d’acqua e cristalli di ghiaccio. Cassini potrebbe passare proprio attraverso gli “sbuffi di vapore” per cercare di comprendere cosa origina tale emissione: gli scienziati infatti non si capacitano di come un corpo celeste così piccolo (appena 500 chilometri di diametro) possa avere abbastanza energia interna da alimentare i getti…


New Scientist Space

Loading

Page 2 of 3

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén