Crediti: NASA
In attesa di saperne di più… bentornato sulla terra, Buzz!
NASA – The Return of Buzz Lightyear
In attesa di saperne di più… bentornato sulla terra, Buzz!
NASA – The Return of Buzz Lightyear
Allora me lo sono riletto… e mi sono ritrovato di colpo nelle considerazioni e nelle impressioni che avevo due anni fa, al momento della ripresa della scuola per i miei bimbi: è come se le avessi sempre avute in mente, ma non potessi accedervi se non rileggendo quanto avevo scritto a suo tempo. Rileggere quello che ho scritto è sempre un’operazione curiosa, per me. Sarà perchè ho davvero poca memoria, ma spesso è come se leggessi una cosa “nuova” scritta da qualcun’altro. Qualcuno che però (non sorprendentemente, potreste pensare a buon diritto) scrive nel modo che più mi piace, dando rilievo ed enfasi agli argomenti che mi stanno più a cuore, scegliendo le parole che mi piacciono di più.
Scrive come piace a me. Ecco perchè non posso solo leggere quello che scrivono altri, perchè devo scrivere qualcosa di mio. Non è infatti questione di quanto sia imperfetto, quello che scrivo. E’ piuttosto questione che quello che scrivo si muove esattamente nel sistema di coordinate che mi sta a cuore; dà respiro ed esposizione a quello che mi “preme”. Ne riconosco spesso la bruciante imperfezione ma non posso separarmente, non posso allontanarlo. E’ mio.
Allora anche riprendere con più frequenza questo blog mi sembra abbia senso, come proposito per il nuvo “anno scolastico”. Twitter, Facebook e cose simili hanno al momento l’esposizione maggiore sul web (e anche io li uso, spesso con soddisfazione). Però uno spazio in cui l’attività di scrivere trovi maggior respiro forse ci vuole ancora. Almeno per me.
Le accurate analisi dei dati di Chandra mostrano come il gas che si trova in direzione dei getti radio è arricchito di ferro ed altri metalli in maniera rilevante. Gli scienziati ritengono che questi elementi siano stati prodotti da esplosioni di Supernovae di “Tipo Ia” avvenute in una grande galassia situata dalle parti del centro dell’ammasso. Un potente “scoppio” dal buco nero supermassivo poi avrebbe spinto il materiale all’esterno, su distanza che si possono estendere anche per 400.000 anni luce, cioè anche oltre la regione mostrata nell’immagine. Si ritiene che dal 10 al 20 per cento del ferro nella galassia sia stato spostato in questa maniera, il che dovrebbe aver richiesto un qualche percento dell’energia totale prodotta dal buco nero.
Crediti:X-ray: NASA/CXC/U.Waterloo/C.Kirkpatrick et al.; Radio: NSF/NRAO/VLA; Optical: Canada-France-Hawaii-Telescope/DSS
E’ interessante notare come il buco nero supermassivo centrale non abbia soltanto spostato il materiale verso l’esterno, ma abbia anche creato una serie di impressionanti cavità nel gas caldo: tali cavità si creano proprio in seguito alla “spinta” del gas caldo che crea in tal modo delle ampie regioni di “vuoto”. Ad esempio, all’attività recente del buco nero è da collegarsi la presenza di un paio di grandi cavità – visibili come regioni in nero nella immagine – intorno alle zone di maggior emissione radio. Queste cavità sono così grandi che potrebbero contenere l’intera nostra Galassia! E non è tutto: altre cavità più grandi, ma ora meno visibili, si ritiene siano presenti, formati sempre da fenomeni di attività del buco nero, ma meno recenti. La larghezza di queste ultime è davero … immensa: si ritiene infatti si estendano per circa 670.000 anni luce…!
Una veduta panoramica della volta celeste, la prima immagine del progetto GigaGalaxy Zoom di ESO
Crediti: ESO/S. Brunier
L’immagine panoramica a 360 gradi, che copre l’intera volta celeste, rivela come poche altre l’immenso “panorama cosmico” che circonda il nostro piccolo pianeta. La suggestiva immagine serve come introduzione alle prime tre immagini ad alta risoluzione ospitate nel nuovo progetto GigaGalaxy Zoom, lanciato da ESO nel quadro dell’anno internazionale dell’astronomia 2009 (IYA2009). Il progetto ci restituisce una visione mozzafiato della Via Lattea: con questo “strumento” gli appassionati possono imparare in maniera affascinante di quanto differenti ed emozionanti oggetti celesti è composto il cielo, come nebule mutlicolori, stelle in esplosione, residui di supernova, e molti altri, semplicemente cliccando sulle rispettiva immagini.
In tale prospettiva, il progetto cerca di collegare l’esame del cielo notturno fatto ad occhio nudo con tutto quanto si può vedere soltanto con gli strumenti più sofisticati, normalmente appannaggio solo degli astronomi professionisti. La stupenda qualità delle immagini è un doveroso tributo allo splendore dei cielo notturno nei siti di ESO, dove sono localizzati alcuni tra i più efficienti e produttivi telescopi nel mondo.
La sonda LCROSS in una immagine artistica
Crediti: NASA
Il cratere è stato selezionato dopo una estesa analisi delle locazioni più adatte per permettere a LCROSS di valutare se esiste ghiaccio d’acqua al polo sud lunare. Difatti, la missione di LCROSS è proprio quella di inviare il suo stadio superiore Centaur a “impattare” sulla superficie perennemente in ombra nel cratere polare. Notate l’ingegnosità del “piano”: dopo l’impatto il satellite transiterà nella nube di polvere causata dall’impatto stesso e potrà misurare le proprietà, prima di collidere anch’esso con la superficie del nostro satellite.
Il team di LCROSS ha selezionato Cabeus A dopo un acceso dibattito all’interno della comunità degli scienziati lunari (non… lunatici, attenzione!) che ha incluso l’analisi dei dati provenienti da diverse missioni, come Kaguya, Chandrayaan-1, e il Lunar Reconnaissance Orbiter.
In generale, la formazione della stella è un gioco combinato di tre fattori: la gravità, la turbolenza e il campo magnetico. Il campo magnetico incanala su delle direzioni precise il flusso del gas, mentre la turbolenza induce una pressione verso l’esterno che contrasta la gravità.
Proprio l’importanza relativa della turbolenza e della gravità al centro di un dibattito che dura da diverso tempo. Per fare luce sulla questione, un gruppo di ricercatori, guidati dall’astronomo Hua-bai Li dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, ha studiato 25 nuclei di nubi molecolari, grandi ognuno circa un anno luce. I loro risultati sono importanti, poichè dimostrano come l’effetto dei campi magnetici prevalga sulla turbolenza, ed influenzi profondamente la dinamica della nascita delle stelle.
“Questo è un altro passo importante nella conferma di questa stupenda missione. Noi europei siamo orgogliosi di prendervi parte e ci congratuliamo di cuore con gli ingegneri, gli astronauti e gli scienziati che ci hanno portato fin qui”, ha detto David Southwood, Direttore del reparto Scienza ed Esplorazione Robotica dell’ESA, l’ente spaziale europeo che collabora alla gestione del Telescopio Spaziale Hubble.
Anche alla NASA gli entusiasmi, comprensibilmente, non sono meno accesi: “Questo segna un nuovo inizio per Hubble,” dice Ed Weller dell’ente spaziale americano. “Il telescopio ha subito una profonda rimessa a punto e ora appare di gran lunga più potente che mai – ben equipaggiato per cavarseala bene nella prossima decade”
Bisogna anche dire che gli entusiasmi, tutto sommato, appaiono giustificati: i nuovi strumenti sono decisamente più moderni di quelli che vi erano istallati in precedenza, sono più sensibili alla luce e dunque promettono di aumentare sensibilmente l’efficienza di Hubble. Il telescopio spaziale è ora in grado di completare le osservazioni in una frazione del tempo che avrebbe dovuto impiegare prima della missione di “aggiornamento”. Inoltre, gli scienziati non nascondono anche la soddisfazione aggiuntiva motivata dalla ottima qualità delle nuove immagini (fornite dalla Wide Field Camera 3 e dalla rinnovata Advanced Camera for Surveys) e degli spettri (dal Cosmic Origins Spectrograph e dal Space Telescope Imaging Spectrograph).
Hubble ha davanti a se un cielo meraviglioso…
Crediti: NASA/Hubble
Non sono molte, probabilmente, le missioni scientifiche i cui risultati sono stati così numerosi e incisivi, da aver concorso a ridefinire l’insieme delle conoscenze in un dato settore: Hubble è uno di questi, nel campo astronomico. E con la sostanziale “rimessa a punto”, tutto fa pensare che continuerà ad esserlo.
Tutti questi risultati – documentati dalle foto disponibili online – sono una brillante dimostrazione del pieno successo della missione STS-125 effettuata dagli astronauti nel maggio di quest’anno: a loro, e ai tecnici che hanno pianificato la missione, dovremo veramente molto, nella ricerca scientifica d’avanguardia che Hubble promette di poter fare nei prossimi anni…!
Bisogna dire che anche da una prima occhiata alla foto, la Servicing Mission 4 – di cui abbiamo più volte parlato in queste pagine – è sicuramente servita a regalarci di nuovo uno strumento in grado di regalarci di nuovo risultati scientifici importantissimi – e immagini davvero suggestive!
Ad Hubble dobbiamo già tantissimo della nostra moderna comprensione dell’Universo: con queste migliorie, i suoi futuri contributi alla scienza astronomica si prospettano ancora del massimo interesse…..
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